LE BEST PRACTICE DEL GRUPPO DI STUDIO DIALISI PERITONEALE DELLA SOCIETA’ ITALIANA DI NEFROLOGIA.
La pratica clinica è influenzata e guidata dalle linee guida che le varie società scientifiche (EBPG/ERA-EDTA, K/DOQI, CARI, CSN, UKRA, KDIGO) (Vanbelleghem H [1] et al KI 2007; 71:1054-1061) pubblicano in base all’evidenza tratta dagli studi clinici secondo una gradualità basata sulla qualità dello studio clinico (Uhlig K [2] et al KI 2006; 70:2058-2065). Le linee guida rigorosamente costruite rappresentano una buona opzione per il miglioramento della qualità delle cure mediche (Woolf SH [3] et al BMJ 1999; 318:527-530).
Tuttavia alcune di queste linee guida sono basate su un evidenza di basso livello o su opinioni di esperti (Grilli R [4] et al Lancet 2000; 355:103-106) ma vengono, spesso, considerate alla stessa stregua delle evidenze più forti.
D’altra parte, in numerosi casi, le evidenze cliniche, su cui dovrebbero basarsi le linee guida, sono assenti.
In molti campi della nefrologia e della dialisi peritoneale non si hanno linee guida basate sull’evidenza (Strippoli GF [5] (full text) et al. JASN 2004; 15:411-419) e ciò spesso implica comportamenti clinici difformi.
Sulla scorta di iniziative simili (Zoccali C [6] (full text) et al NDT 2008; 23:2162-2166; van Biesen W [7] (full text) et al NDT 25:2052-62) anche il Gruppo di Studio Dialisi Peritoneale (GdS DP) della Società Italiana di Nefrologia (SIN) ha lanciato l’iniziativa di scrivere delle Best Practice (migliore pratica clinica) sugli aspetti fondamentali della dialisi peritoneale che hanno lo scopo di fornire alcune indicazioni sulla migliore conduzione clinica nelle aree critiche della dialisi peritoneale, soprattutto dove non ci sono linee guida basate su un’evidenza forte.
Le Best Practice verranno proposte da un Comitato Consultivo rappresentato dal Coordinatore del GdS DP Dr Vincenzo La Milia, dal Segretario del GdS DP Dr Giovambattista Virga e dal Prof. Giovanni Cancarini.
Ogni singola Best Practice verrà sottoposta ad un Comitato di Esperti in Dialisi Peritoneale in modo da pervenire alla stesura di un documento condiviso per ogni singola Best Practice.
Tali documenti verranno pubblicati per esteso sul sito del GdS DP (www.dialisiperitoneale.org) arricchite da diagrammi di flusso di rapida consultazione, corredate da istruzioni operative (utilizzabili anche dal Personale Infermieristico), tabelle e calcolatori.
Se accettate le Best Practice verranno pubblicate, in forma più sintetica, su una rivista nazionale. Compito del GdS DP è anche quello di diffondere le Best Practice in riunioni, convegni, congressi, sia a livello locale che nazionale. In base a tali incontri, e alla letteratura futura, è possibile che le Best Practice vengano aggiornate.
Avvertenza importante.
Le Best Practice, anche se scritte con la massima attinenza a quanto esistente in letteratura scientifica e alla pratica clinica dei componenti del Comitato Consultivo e del Comitato di Esperti, sono da intendersi come strumento di consultazione da parte dei Medici che lavorano in Dialisi Peritoneale e non come indicazioni ad effettuare procedure, diagnosi e terapie.
Gli Autori non si assumono alcuna responsabilità da eventuali danni che possono essere provocati dall’applicazione anche corretta delle Best Practice così come non si assumono alcuna responsabilità sull’impiego di soluzioni per Dialisi Peritoneale e farmaci, e relativi dosaggi, anche se riportati all’interno delle Best Practice.
LA VALUTAZIONE FUNZIONALE DELLA MEMBRANA PERITONEALE
Estensori: Vincenzo La Milia, Giovambattista Virga, Gianpaolo Amici, Silvio Bertoli, Giovanni Cancarini
La valutazione funzionale della membrana peritoneale è di importanza fondamentale per la conduzione della dialisi peritoneale in quanto:
fornisce utile informazioni per la corretta prescrizione della dialisi peritoneale;
permette di monitorare le variazioni della funzione della membrana peritoneale nel tempo.
La valutazione funzionale della membrana peritoneale viene effettuata mediante l’esecuzione di alcuni test.
Il più importante e conosciuto di tali test è il test di equilibrazione peritoneale o PET (Peritoneal Equilibration Test), sviluppato e descritto da Twardowski nel 1987 (Twardowski ZJ, et al Peritoneal equilibration test. Perit Dial Bull 1987; 7:138-147).
Il PET si basa sul principio che la concentrazione dei soluti, presenti nel sangue ma inizialmente non nel liquido di dialisi, tenderà ad equilibrarsi con quella del dialisato dopo un periodo di tempo più o meno lungo. In base a tale velocità di equilibrazione è possibile classificare i pazienti in categorie di trasportatori, con chiare indicazioni di prescrizione dialitica.
Dichiarazioni del GdS DP:
A) Un test per la valutazione funzionale della membrana peritoneale dovrebbe essere effettuato all’inizio del trattamento dialitico (dopo 4-8 settimane e entro 3 mesi dall’inizio della dialisi peritoneale) e ripetuto almeno una volta l’anno e tutte le volte in cui sia presente un problema clinico (inadeguata depurazione o ultrafiltrazione) la cui interpretazione possa giovarsi dell’esecuzione del test.
Il test non va effettuato durante un episodio di peritonite ed è consigliabile aspettare almeno un mese dalla risoluzione completa della peritonite prima di effettuare il test.
B) Il test funzionale peritoneale di prima scelta dovrebbe essere il PET effettuato con soluzione di glucosio al 3.86% con una durata di 4 ore (PET modificato). Tale test deve includere la valutazione del sieving del sodio nel dialisato dopo 60 minuti dall’inizio del test (ΔNa a 60’).
C) I parametri più utili per la valutazione funzionale della membrana peritoneale, ottenibili con il 3.86%-PET sono il rapporto fra dialisato (D) e plasma (P) della concentrazione di creatinina (D/PCreat) alla fine del test (240° minuto), l’ultrafiltrazione ottenuta alla fine del test ed il sieving del sodio espresso dalla riduzione della concentrazione di sodio nel dialisato dopo 60 minuti dall’inizio del test (ΔNa).
D) I pazienti dovrebbero essere classificati in base ai risultati del 3.86%-PET:
In base ai valori di ultrafiltrazione in pazienti con normale ultrafiltrazione (≥ 400 ml) e con perdita della capacità di ultrafiltrazione (< 400 ml).
2. In base ai valori di D/PCreat in Rapidi (Alti), Medio alti e Medio bassi (Medi) e Lenti (Bassi) trasportatori.
Valori di D/PCreat > 0.80 indicano i pazienti Rapidi (Alti) trasportatori
Valori di D/PCreat < 0.60 indicano i pazienti Lenti (Bassi) trasportatori.
Valori di D/PCreat compresi fra 0.60 e 0.80 indicano i Medi trasportatori.
3. In base ai valori di ΔNa a 60 minuti in pazienti con sieving del Na conservato
(ΔNa ≥ 5 mmol/L) e in pazienti con ridotto sieving del Na (ΔNa < 5 mmol/L).
E) I risultati del test dovrebbero essere utilizzati per la prescrizione e per
l’ottimizzare della terapia dialitica peritoneale.
Per pazienti rapidi (alti) trasportatori è indicato il trattamento dialitico peritoneale automatizzato (APD) e, se necessario, con la sosta lunga effettuata con l’icodestrina.
Per i pazienti lenti (bassi) trasportatori è indicato il trattamento dialitico peritoneale manuale (CAPD) con volumi tendenzialmente elevati del singolo scambio (High-dose CAPD). Nel caso tali volumi non fossero tollerati o si verificasse comunque inadeguatezza dialitica e/o ultrafiltrativa va preso in considerazione il passaggio all’emodialisi.
Una riduzione marcata del sieving del Na a 60 minuti (ΔNa < 5 mmol/L) indica una riduzione del trasporto di acqua libera peritoneale e, spesso, l’aumento dell’osmolarità (concentrazione di glucosio) della soluzione non determina un aumento dell’ultrafiltrazione. Ciò può essere confermato dalla quantificazione del trasporto di acqua libera. In tal caso, per aumentare l’ultrafiltrazione, utilizzare l’icodestrina. Utile la ripetizione a breve (3 mesi) del PET e in caso di perdita ulteriore di ultrafiltrazione e/o ΔNa prendere in considerazione il passaggio all’emodialisi.
Tali prescrizioni sono particolarmente indicate in assenza di funzione renale residua.
F) I risultati del test sono utili per la valutazione nel tempo delle variazioni della funzione della membrana peritoneale e per la valutazione dell’eventuale ”esaurimento” funzionale della membrana peritoneale.
In particolare va prestata la massima attenzione a quei pazienti che incrementano la velocità di trasporto peritoneale ai piccoli soluti, fino a diventare rapidi (alti) trasportatori e che riducono la capacità di ultrafiltrazione peritoneale, fino alla sua perdita, durante il follow-up.
La perdita del trasporto di acqua libera e della conduttanza osmotica al glucosio
devono far sospettare delle alterazioni funzionali gravi della membrana peritoneale
e possono indicare la necessità di passare il paziente in emodialisi.
Altri test
Fra gli altri test, basati sui principi del PET, vi sono il Mini-PET (per la quantificazione del trasporto di acqua libera peritoneale), il Doppio Mini-PET (per la quantificazione della conduttanza osmotica al glucosio), il 3.86%-PET integrato con il Mini-PET (per la quantificazione dei parametri di entrambi i test) ed il PET-Unico (3.86%-PET integrato con il Doppio Mini-PET per la quantificazione dei parametri di entrambi i test).
Fra i test, non basati sui principi del PET, il più diffuso è il Personal Dialysis Capacity test o PDC test (calcolo di un parametro di area peritoneale disponibile agli scambi, del riassorbimento dei liquidi e della clearance peritoneale delle proteine).
Standardizzazione dei test
Indipendentemente dal test utilizzato è necessaria una rigorosa standardizzazione delle modalità di esecuzione dei test.
La standardizzazione dei test basati sui principi del PET dovrebbe riguardare i
seguenti punti:
durata dello scambio (in genere notturno) precedente il PET: se possibile effettuare uno scambio di 8 ore con soluzione di glucosio al 1.36%; se non possibile, fare arrivare il paziente con la cavità peritoneale senza liquido da non oltre 45 minuti.
Non utilizzare l’icodestrina per lo scambio (in genere notturno) precedente il PET.
Volume di infusione: 2000 ml.
Posizione del paziente durante l’infusione ed il drenaggio: posizione supina durante l’infusione e posizione seduta durante il drenaggio.
Durata dell’infusione e del drenaggio: non più di 10 minuti l’infusione e non meno di 20 minuti il drenaggio.
Tempistica dei prelievi dei campioni ematici e del dialisato: dipende dal test utilizzato.
Metodi di laboratorio:a. Utilizzare un fattore di correzione per il dosaggio della creatinina nel liquido di dialisi e nel dialisato, per l’interferenza del glucosio, se non si utilizza un metodo enzimaticob. Effettuare delle adeguate diluizioni per il corretto dosaggio della concentrazione di glucosio nel dialisato quando superiore a 800 mg/dL.
c. Utilizzare la fotometria a fiamma o la potenziometria indiretta per il dosaggio della concentrazione di sodio nel dialisato.
I protocolli di esecuzione dei test
Ogni singolo test deve avere un protocollo di esecuzione in modo tale che possa essere effettuato con le stesse modalità in Centri differenti.
I calcoli relativi ai vari test devono essere effettuati con dei calcolatori identici nei vari Centri.
Un test per la valutazione funzionale della membrana peritoneale dovrebbe essere effettuato all’inizio del trattamento dialitico (dopo 4-8 settimane e entro 3 mesi dall’inizio della dialisi peritoneale) e ripetuto almeno una volta l’anno e tutte le volte in cui sia presente un problema clinico (inadeguata depurazione o ultrafiltrazione) la cui interpretazione possa giovarsi dell’esecuzione del test.
Il test non va effettuato durante un episodio di peritonite ed è consigliabile aspettare almeno un mese dalla risoluzione completa della peritonite prima di effettuare il test. Un intervello simile va considerato in caso di interventi chirurgici addominali (anche in laparoscopia) o di fatti infiammatori a carico di organi addominali.
Le caratteristiche funzionali della membrana peritoneale tendono a stabilizzarsi poco tempo dopo l’inizio della dialisi peritoneale (Rocco MV et al [1] (full text); Johnson DW et al [2] (full text)). E’ consigliabile effettuare la prima valutazione funzionale della membrana peritoneale dopo circa 4-8 settimane e non oltre il 3° mese dall’inizio della dialisi peritoneale (NKF-DOQI Peritoneal Dialysis Adequacy 2006. Am J Kidney Dis 2006; 48 (Suppl 1):S138-S142), per evitare di trattare per un periodo prolungato un paziente con uno schema inadeguato.
Controversa è la questione della ripetizione del PET nel tempo nello stesso paziente. Infatti alcune linee guida (NKF-DOQI Peritoneal Dialysis Adequacy 2006. Am J Kidney Dis 2006; 48 (Suppl 1):S138-S142), vista la sostanziale stabilità del trasporto peritoneale nel tempo, nella maggior parte dei pazienti, raccomandano di non ripetere il PET a cadenze prestabilite ma di ripetere il test qualora insorgessero problemi clinici (ritenzione idro-salina, dialisi inadeguata, etc). Altre linee guida (Mujais S et al [3] (full text)) raccomandano l’esecuzione del PET almeno una volta l’anno e tutte le volte che vi sia un’indicazione clinica.
La ripetizione del PET a cadenza almeno annuale permetteva il vantaggio di “anticipare”, in alcuni casi, la diagnosi di problemi clinici.
Per lo stesso motivo, in presenza di un intervento chirurgico (anche laparoscopico) o di un episodio infettivo/infiammatorio a carico di organi addominali è preferibile aspettare almeno un mese dall’episodio.
In conclusione:
1) il primo PET va effettuato dopo 4-8 settimane dall’inizio della DP e non oltre il 3° mese dall’inizio;
2) il PET va effettuato almeno una volta l’anno e tutte le volte che vi siano delle indicazioni cliniche;
3) il PET non deve essere effettuato durante un episodio di peritonite e va eseguito almeno dopo un mese dalla risoluzione dell’episodio peritonitico. Il PET non deve essere effettuato nel mese successivo ad un intervento chirurgico anche laparoscopico o un episodio infettivo/infiammatorio a carico di organi addominali.
Il test funzionale peritoneale di prima scelta dovrebbe essere il PET effettuato con soluzione di glucosio al 3.86% con durata di 4 ore (PET modificato).
Tale test deve includere la valutazione del sieving del sodio nel dialisato dopo 60 minuti dall’inizio del test (ΔNa a 60’).
Non vi sono sufficienti evidenze cliniche che indichino che un test sia superiore ad un altro tuttavia il 3.86%-PET fornisce maggiori informazioni rispetto al PET classico effettuato con soluzione di glucosio al 2.27%.
Vi è un notevole interesse riguardo lo stato di idratazione dei pazienti in DP e sulla capacità di UF peritoneale. Ciò è dovuto sia alla dimostrazione che ad un incremento della depurazione totale già adeguata (Kt/V = 1.9, CrCl = 60 L) del 20-30% non si associa un corrispettivo risultato in termini di migliore sopravvivenza (Paniagua R et al [1] (full text)) sia alla evidenza, sempre più consistente, che la rimozione di liquidi (e sodio) è molto importante per la sopravvivenza dei pazienti. Ciò è stato dimostrato sia nei pazienti che per le loro caratteristiche di trasporto della membrana peritoneale hanno basse UF peritoneali come i rapidi (alti) trasportatori (Brimble KS et al [2] (full text)) o ridotta escrezione totale di acqua (Ates K et al [3] (full text)) ma soprattutto nei pazienti anurici (Brown EA et al[4] (full text), Jansen MA et al [5]). E’ probabile che tale elevata mortalità sia da ascrivere alla maggiore ritenzione idro-salina nei pazienti rapidi (alti) trasportatori a causa del rapido dissipamento del gradiente osmotico che si verifica in tali pazienti con conseguente perdita della capacità di UF da parte della membrana peritoneale.
Al fine di studiare meglio la capacità di UF da parte della membrana peritoneale è stato proposto di sostituire il classico PET con soluzione al 2.27% con un PET con soluzione al 3.86% (Mujais S et al [6] (full text)).
Infatti con il 3.86%-PET e’ più facilmente quantificabile la capacità di UF da parte della membrana peritoneale grazie alla maggiore quantità di UF ottenibile: ciò permette anche una migliore stima del numero di pazienti con insufficiente ultrafiltrazione (UFF, < 400 mL al 3.86%-PET).
Un paziente viene definito come avente una UFF quando al 2.27%-PET si ottiene una UF < 100 ml oppure se al 3.86%-PET si ottiene una UF < 400 ml, con un volume della sacca del test di 2 litri (Mujais S et al [6] (full text)). E’ quindi evidente come il 2.27%-PET sia più esposto agli errori di corretta valutazione dell’UF. Infatti il coefficiente di variazione della UF è stato quantificato in circa il 50% con il 2.27%-PET (Davies SJ [7]) mentre è < 10% con il 3.86%-PET (La Milia V et al [8]). Inoltre con il 3.86%-PET e’ possibile studiare il sieving del Na, durante la prima parte del test, evidenziabile con il D/P del Na a 60 minuti o meglio con la riduzione della concentrazione del Na (ΔNa) nel dialisato sempre a 60 minuti (Mujais S et al [6] (full text)). Secondo la teoria dei tre pori (Rippe B [9] (full text)) il ΔNa a 60 minuti è espressione indiretta del trasporto di acqua libera da parte della membrana peritoneale. Un adeguato trasporto di acqua libera indica un buon funzionamento della membrana peritoneale dal punto di vista ultrafiltrativo.
Per tutti questi motivi è preferibile utilizzare il 3.86%-PET. Tuttavia vi è l’ipotetica possibilità che l’utilizzo di una soluzione di glucosio al 3.86% per il PET, possa far perdere la confrontabilità dei dati con i precedenti, ottenuti utilizzando il classico 2.27%-PET ma tutti i lavori che hanno confrontato il 3.86%-PET con il 1.36%-PET (Virga G et al [10], Smit W et al [11] (full text)) e con il 2.27%-PET (Pride ET et al [12] (full text), Cara M et al [13]) hanno evidenziato che non si hanno differenze nella classificazione dei pazienti usando i vari tipi di soluzione per il PET, utilizzando il D/PCreat.
In conclusione, è preferibile l’esecuzione di un 3.86%-PET rispetto al classico 2.27%-PET per la maggiore accuratezza nella determinazione dell’UF peritoneale e per la possibilità di valutare, anche se indirettamente, il trasporto di acqua libera da parte della membrana peritoneale. Infine, grazie al minore coefficiente di variazione, il 3.86%-PET e’ un test più riproducibile per lo studio dell’UF peritoneale negli studi prospettici.
I parametri più utili per la valutazione funzionale della membrana peritoneale, ottenibili con il 3.86%-PET, sono il rapporto fra dialisato (D) e plasma (P) della concentrazione di creatinina (D/PCreat) alla fine del test (240° minuto), l’ultrafiltrazione ottenuta alla fine del test ed il sieving del sodio espresso dalla riduzione della concentrazione di sodio nel dialisato dopo 60 minuti dall’inizio del test (ΔNa).
Sia la velocità di trasporto dei piccoli soluti che la capacità di generare ultrafiltrazione da parte della membrana peritoneale sono fondamentali per la valutazione della funzione della membrana peritoneale ma è presente una elevata variabilità individuale ed è quindi fondamentale determinare tali caratteristiche nel singolo paziente mediante l’effettuazione del test di valutazione funzionale della membrana peritoneale.
Il PET è una valutazione semi-quantitativa della capacità di trasporto della membrana peritoneale determinata mediante la velocità di equilibrazione delle concentrazioni di un soluto tra il plasma ed il dialisato. Il rapporto di concentrazione fra dialisato e plasma (D/P) di un determinato soluto, dopo un determinato tempo, indica il grado e la velocità di equilibrazione fra le concentrazioni; tanto più elevato sarà il D/P per un soluto e tanto più velocemente verrà raggiunto l’equilibrio fra dialisato e plasma e quindi maggiore sarà la permeabilità peritoneale per quel soluto. Il D/P può essere determinato per qualsiasi soluto trasportato dal plasma al liquido di dialisi peritoneale. Infatti sono stati valutati i D/P della creatinina, dell’urea, di alcuni elettroliti, del fosforo e delle proteine. Poiché il glucosio è presente in elevate concentrazioni nel dialisato (fino a 3860 mg/dL) e viene quindi assorbito dal plasma, attraverso la membrana peritoneale, e rapidamente metabolizzato, non ha senso utilizzare il D/P per il glucosio (le concentrazioni plasmatiche di glucosio rimangono sostanzialmente invariate durante il PET); al suo posto viene utilizzato il rapporto della concentrazione del glucosio, nel dialisato, dopo un determinato tempo (t) con la concentrazione di glucosio presente nella soluzione all’inizio del test (D/D0). D/D0 è espressione della velocità di assorbimento del glucosio.
Il PET originale di Twardowski (Twardowski ZJ et al. Peritoneal equilibration test. Perit Dial Bull 1987; 7:138-147) è un test della durata di 4 ore, effettuato con una soluzione contenente glucosio al 2.27%, valuta il D/P di alcuni piccoli soluti, soprattutto la creatinina (D/PCreat), ed il rapporto fra le concentrazioni (D/D0) del glucosio. Dall’analisi dei D/PCreat e dei D/D0 durante il PET è possibile tracciare delle curve di permeabilità della membrana peritoneale (Figura 1) ed in base al valore del D/PCreat (meno comunemente si utilizza il D/D0) alla fine del PET i pazienti possono essere classificati in 4 categorie: alti trasportatori (H da High), medio-alti trasportatori (H-A da High-Average), medio-bassi trasportatori (L-A da Low-Average) e bassi trasportatori (L da Low). Le 4 classi di trasportatori si ottengono sommando e sottraendo al valore medio del D/PCreat e del D/D0 una deviazione standard (DS); in pratica i pazienti con valori di D/PCreat superiori alla media più 1DS vengono classificati come H, i pazienti con valori di tali parametri compresi fra la media e la media più 1DS vengono classificati come H-A, i pazienti con valori compresi fra la media e la media meno 1DS vengono classificati come L-A ed, infine i pazienti con valori inferiori alla media meno 1DS vengono classificati come L. Per il D/D0 la situazione è speculare (tanto più è elevato il valore e tanto più bassa sarà la classe di trasporto) (Figura 1).
La stessa classificazione in classi di trasportatori è ottenibile, con la stessa metodologia, utilizzando il 3.86%-PET. Quasi sempre, tuttavia, il parametro utilizzato per la classificazione dei pazienti è il D/PCreat. Il D/P dell’urea (D/PUrea) viene utilizzato meno in quanto, per la maggiore velocità di diffusione dell’urea rispetto alla creatinina, si ha una minore variabilità interindividuale di questo parametro e una minore capacità di suddividere i pazienti in base alle caratteristiche di velocità di trasporto peritoneale dei piccoli soluti.
Anche il rapporto della concentrazione di glucosio nel dialisato alla fine e all’inizio del test (D/D0) è meno utilizzato rispetto al D/PCreat e ciò per vari motivi: 1. quando la concentrazione di glucosio è molto elevata (> 800 mg/dl) la sua corretta misura è possibile solo con opportune diluizioni; 2. non sempre i valori di D/PCreat e D/D0 concordano per la classificazione dei pazienti; 3. D/D0 non è utilizzabile per paragonare i dati, a differenza del D/PCreat, quando i PET vengono effettuati con soluzioni a concentrazioni di glucosio differenti.
Il sieving del Na, come detto prima, è espressione del trasporto di acqua libera durante la prima parte di uno scambio con soluzione ipertonica.
In genere il sieving del Na viene descritto con il D/PNa a 60 minuti o come differenza della concentrazione di Na nel dialisato a 60 minuti e della concentrazione di Na nel liquido della sacca fresca (Mujais S et al [1] (full text)). Il D/PNa a 60 minuti viene utilizzato per correggere tale valore per la diffusione del Na; in pratica se la sodiemia è più elevata si dovrebbe avere una maggiore diffusione di Na dal plasma al dialisato.
Tuttavia è preferibile utilizzare la variazione assoluta della concentrazione del Na nel dialisato a 60 minuti rispetto alla concentrazione di Na nel liquido della sacca fresca utilizzato per il PET (ΔNa), per alcuni motivi: 1. si evita di dosare la concentrazione di Na sia nel dialisato che nel plasma (e si evita anche di effettuare la correzione per la concentrazione nell’acqua plasmatica); 2. la diffusione peritoneale del Na nei primi 60 minuti del PET si può considerare trascurabile (La Milia V et al [2]); 3. il valore di ΔNa è più intuitivo e più semplice (ad esempio, un valore di ΔNa di 10 mmol/L indica che la concentrazione di Na nel dialisato a 60 minuti si è ridotta di 10 mmol/L rispetto alla concentrazione di Na presente nel liquido della sacca all’inizio del PET. Tale valore, per concentrazioni di Na nell’acqua plasmatica di 145 mmol/L, corrisponde ad valore di D/PNa a 60 minuti di 0.84 che è molto più difficilmente interpretabile rispetto al valore di ΔNa di 10 mmol/L).
In conclusione i parametri più utili per la classificazione dei pazienti, ottenibile con il 3.86%-PET, sono:
Come classificare i pazienti in base ai valori di ultrafiltrazione del 3.86% PET
In base ai valori di ultrafiltrazione in pazienti con normale ultrafiltrazione (≥ 400 ml) e con perdita della capacità di ultrafiltrazione (< 400 ml).
L’impiego del PET al 3.86% si impone per la diagnosi di perdita di capacità di UF (UFF). Le linee guida della Società Internazionale di Dialisi Peritoneale (Mujais S et al [1] (full text)) hanno accuratamente descritto come comportarsi in caso di sovraccarico idro-salino e per la diagnosi di UFF. In sintesi, una volta esclusi i problemi meccanici connessi con il catetere, facilmente evidenziabili con una radiografia in bianco dell’addome, è necessario effettuare un PET con soluzione di glucosio al 3.86%: una UF peritoneale alla fine del test inferiore a 400 mL è compatibile con la diagnosi di UFF.
In conclusione in base all’UF alla fine del 3.86%-PET i pazienti vengono classificati in:
1. pazienti con UF peritoneale normale se UF ≥ 400 ml;
2. pazienti con perdita della capacità di UF (UFF) se UF < 400 ml.
Come classificare i pazienti in base ai valori di D/P del 3.86% PET
In base ai valori di D/PCreat in Rapidi (Alti), Medio alti e Medio bassi (Medi) e Lenti (Bassi) trasportatori.
Valori di D/PCreat > 0.80 indicano i pazienti Rapidi (Alti) trasportatori
Valori di D/PCreat < 0.60 indicano i pazienti Lenti (Bassi) trasportatori.
Valori di D/PCreat compresi fra 0.60 e 0.80 indicano i Medi trasportatori.
In base ai valori di D/PCreat i pazienti possono essere classificati in classi di trasportatori.
Oggi si preferisce utilizzare il termine “rapidi trasportatori” al posto di “alti trasportatori” e “lenti trasportatori” al posto di “bassi trasportatori”. In effetti il test di equilibrazione (PET) è basato sulla diversa velocità di trasporto dei piccoli soluti ed inoltre il termine “alti trasportatori” può erroneamente far pensare che si abbia sempre un’elevata rimozione di soluti mentre in realtà, in caso di soste lunghe per la rapida dissipazione del gradiente osmotico in questi pazienti, si ha un basso volume di drenaggio peritoneale ed una possibile minore rimozione dei soluti rispetto ai “bassi trasportatori” poiché essa corrisponde al prodotto D/P x volume di drenaggio (Wang T et al [1] (full text)).
La suddivisione classica dei pazienti in 4 classi di trasportatori non è molto utile dal punto di vista clinico in quanto i pazienti medio-rapidi (medio-alti) trasportatori hanno le stesse indicazioni e la stessa prognosi dei pazienti medio-lenti (medio-bassi) trasportatori (van Biesen W et al [2] (full text)).
È preferibile quindi, per semplicità, classificare i pazienti in 3 classi di trasportatori:
Rapidi (alti) trasportatori
Medi trasportatori
Lenti (bassi) trasportatori
Classificazione dei pazienti in base ai dati del PET
I dati ricavati dal PET andrebbero interpretati ed applicati clinicamente.
Per molti anni i dati del PET hanno fatto riferimento a quelli originali pubblicati da Twardowski (Twardowski ZJ. The fast peritoneal equilibration test. Semin Dial 1990; 3:141-142). Va considerato il numero esiguo di test e pazienti studiati (103 PET effettuati in 86 pazienti) e il tempo di trattamento in DP estremamente variabile (0.1-84 mesi). Per tutti questi motivi non si dovrebbero utilizzare i dati originali di Twardowski per classificare i pazienti, mentre tali dati sono estremamente utili per effettuare dei confronti fra popolazioni diverse.
È preferibile quindi classificare i pazienti in base ai risultati del PET effettuati nel proprio Centro, cioè in pratica usare la media e la DS dei propri pazienti per effettuare la classificazione. Naturalmente ciò può essere un problema quando i pazienti trattati con la DP sono pochi nel singolo Centro e in tal caso è preferibile confrontare i dati con quelli esistenti in letteratura. Alcuni studi hanno cercato di stabilire dei valori di riferimento per i parametri ottenibili con il PET con soluzione di glucosio al 3.86% (Smit W et al [3] (full text)) mentre altri (Rumpsfeld M et al [4] (full text)) attingono a registri nazionali con una casistica elevata.
Nella Tabella I (La Milia V [5]) sono paragonati i risultati originali di Twardowski (Twardowski ZJ, Nolph KD, Khanna R et al. Peritoneal equilibration test. Perit Dial Bull 1987; 7:138-147; Twardowski ZJ. The fast peritoneal equilibration test. Semin Dial 1990; 3:141-142), quelli tratti da un’ampia popolazione Nord-Americana (Mujais S et al [6]), da una popolazione del Centro-America (Cueto-Manzano AM et al [7] (full text)), da una popolazione europea (Davies SJ [8]) e dal Registro Australiano-Nuovo Zelandese (Rumpsfeld M et al [4] (full text)), tutti ottenuti con un PET con soluzione di glucosio al 2.27% e i risultati di una popolazione olandese (Smit W et al [3] (full text)) e di una popolazione italiana (La Milia V [9]) ambedue ottenuti con il PET con soluzione di glucosio al 3.86%.
Come si può vedere, nonostante le popolazioni diverse, i valori di D/PCreat che dovrebbero attirare la nostra attenzione sono quelli prossimi a 0.80 o superiori e quelli prossimi a 0.60 o inferiori. Naturalmente è sempre meglio considerare i valori della permeabilità peritoneale (espressi dal D/PCreat) come un’entità continua e non come appartenenti a categorie nettamente separate, come si fa classificando i pazienti in classi di trasportatori, ma i suddetti limiti ben rappresentano le categorie di pazienti a rischio; infatti i pazienti con valori di D/PCreat prossimi o superiori a 0.80 sono esposti a tutti i rischi dei rapidi (alti) trasportatori (scarsa UF, tendenza alla ritenzione idro-salina) mentre i pazienti con tali valori prossimi o inferiori a 0.60 possono incorrere nel rischio di sottodialisi in caso di prescrizione dialitica inappropriata.
La Tabella I può rappresentare un utile strumento di confronto e per classificare i propri pazienti nel caso di una numerosità limitata.
TABELLA I.
D/PCreat e classi di trasportatori in varie popolazioni di pazienti in dialisi peritoneale
Twardowski
(1, 27)
TARGET (USA)
(31)
Messico
(32)
UK
(17)
ANZA-DATA
(29)
NL
(28)
Italy
(18)
Rapidi
>0.80
>0.79
>0.80
>0.78
>0.81
>0.82
>0.80
Medio-Rapidi
0.65-0.80
0.67-0.79
0.68-0-80
0.65-0.78
0.69-0.81
0.72-0.82
0.71-0.80
Media±SD
0.65±0.15
0.67±0.12
0.68±0.12
0.65±0.13
0.69±0.12
0.72±0.10
0.71±0.09
Medio-Lenti
0.50-0.61
0.55-0.66
0.56-0.67
0.52-0.64
0.57-0.68
0.62-0.71
0.62-0.70
Lenti
<0.50
<0.55
<0.56
<0.52
<0.57
<0.62
<0.62
N. Paz.
86
1229
86
574
3702
81
95
In conclusione, in base al D/PCreat i pazienti possono essere classificati in:
Rapidi (alti) trasportatori se D/PCreat > 0.80
Lenti (bassi) trasportatori se D/PCreat < 0.60
Medi trasportatori per valori di D/PCreat compresi fra 0.60 e 0.80
Come classificare i pazienti in basi ai valori di deltaNa a 60 minuti del 3.86% PET
In base ai valori di ΔNa a 60 minuti in pazienti con sieving del Na conservato (ΔNa ≥ 5 mmol/L) e in pazienti con ridotto sieving del Na (ΔNa < 5 mmol/L)
Il ΔNa è espressione, anche se solo qualitativa, del trasporto di acqua libera da parte della membrana peritoneale. La riduzione o la perdita del sieving del Na e quindi la riduzione, l’azzeramento o, addirittura, un valore negativo del ΔNa indica una riduzione o la perdita della capacità di trasporto di acqua libera (La Milia V [1]).
La riduzione o l’assenza del trasporto di acqua libera può contribuire alla ridotta o assente capacità di UF peritoneale (UFF) in quanto rappresenta circa il 50% del’UF peritoneale nella prima parte di uno scambio con una soluzione ipertonica.
Inoltre le alterazioni del ΔNa potrebbero essere espressione di danno severo a carico della membrana peritoneale (La Milia V et al [2]).
Un valore di ΔNa che può indicare i pazienti con buon trasporto dell’acqua libera rispetto a quelli con una sua riduzione è di 5 mmol/L (La Milia V et al [2]).
In conclusione in base al valore di ΔNa dopo 60 minuti di un 3.86%-PET i pazienti possono essere classificati in:
pazienti con trasporto di acqua libera conservato se ΔNa ≥ 5 mmol/L;
pazienti con trasporto di acqua libera ridotto se ΔNa < 5 mmol/L (La Milia V et al [2]).
Riassunto delle caratteristiche dei gruppi di trasportatori
Caratteristiche principali delle classi di trasportatori peritoneali.
Tipo di Trasporto
Caratteristiche della membrana
Raccomandazioni
Rapido (alto)
Rapida velocità di equilibrazione dei piccoli soluti (D/PCreat > 0.80)
Buone capacità depurative con tempi di sosta brevi
Rapida dissipazione del gradiente osmotico dato dal glucosio
A volte UFF (UF < 400 mL) dopo 4 h di 3.86%-PET
A volte ΔNa < 5 mmol/L
APD con tempi di sosta brevi (1-2 ore)
Evitare tempi di sosta prolungati con le soluzioni contenenti glucosio
Utilizzare l’icodestrina per la sosta più lunga
Medio
Intermedie fra le classi “Rapido” e “Lento”
Scelta della metodica (CAPD e CCPD) e delle soluzioni in base alle esigenze del paziente e ai dati depurativi complessivi
Lento (basso)
Lenta velocità di equilibrazione dei piccoli soluti (D/PCreat < 0.60)
Mantenimento a lungo del gradiente osmotico dato dal glucosio
Buona UF
Frequente ΔNa ≥ 5 mmol/L (spesso > 10 mmol/L)
CAPD (APD solo in pazienti di piccola taglia corporea)
Alti volumi ( > 2000 mL) se depurazione inadeguata
Usare le soluzioni di glucosio meno ipertoniche
Icodestrina non indispensabile
Prescrizione in base al PET: rapidi trasportatori
I risultati del test dovrebbero essere utilizzati per la prescrizione e per ottimizzare la terapia dialitica peritoneale.
Per l’elevata variabilità inter-individuale delle caratteristiche di trasporto della membrana peritoneale è necessario utilizzare i risultati del test per la corretta prescrizione e per l’ottimizzazione dello schema dialitico peritoneale più idoneo nel singolo paziente.
Per pazienti rapidi (alti) trasportatori è indicato il trattamento dialitico peritoneale automatizzato (APD) e, se necessario, con la sosta lunga effettuata con l’icodestrina.
Sin dall’esordio sulla scena clinica il PET è stato utilizzato per la prescrizione della modalità dialitica peritoneale più idonea nel singolo paziente in DP (Twardowski ZJ [1]).
Inizialmente l’obiettivo era quello di prescrivere la modalità dialitica che potesse ottenere la maggiore depurazione possibile (in termini di Kt/V e/o clearance della creatinina). Le migliori capacità depurative, come è intuibile, sarebbero teoricamente ottenibili nei pazienti rapidi (alti) trasportatori ma tale elevato trasporto peritoneale ai piccoli soluti veniva sempre più associato ad una maggiore mortalità e morbilità (Davies SJ et al [2] (full text)). La ritenzione idro-salina, di questi pazienti, soprattutto se in CAPD, dovuta al rapido dissipamento del gradiente osmotico intra-peritoneale, è stata probabilmente una delle cause di tale maggiore mortalità.
Il PET, nella sua semplicità, ha offerto la possibilità di trattare nel modo più adeguato i pazienti rapidi (alti) trasportatori; infatti la conoscenza del rapido assorbimento del glucosio presente nelle soluzioni per DP ha portato alla proscrizione di tempi di sosta molto lunghi in tali pazienti e alla prescrizione di tempi di sosta brevi che hanno trovato il loro approdo naturale nella DP automatizzata (Twardowski ZJ [1]), anche con addome vuoto diurno.
Più recentemente, la messa in commercio dell’icodestrina (Mistry CD et al [3], Mistry CD et al [4]) e la sua capacità di generare un’adeguata UF anche nei pazienti rapidi (alti) trasportatori si è rivelata utile per utilizzare la lunga sosta diurna ottenendo anche un incremento considerevole della depurazione.
Le caratteristiche di trasporto peritoneale, evidenziate con l’esecuzione del PET, suggeriscono quindi di trattare i pazienti che hanno un rapido (alto) trasporto peritoneale (già all’inizio della DP o sviluppato in seguito) con l’APD associando ad essa (nella sosta lunga diurna) l’icodestrina se non vi sono controindicazioni (intolleranza, allergie, ernie, etc).
Una recente metanalisi (Brimble KS et al [5] (full text)), di alcuni lavori osservazionali prospettici, ha confermato una peggiore prognosi (in termini soprattutto di sopravvivenza) nei pazienti alti trasportatori rispetto ai pazienti con caratteristiche di trasporto peritoneale più basse o meno rapide. L’aspetto molto interessante di questo studio è stata la conferma che il trattamento con l’APD, in un sottogruppo di pazienti, rendeva la caratteristica di trasporto peritoneale ininfluente in termini di sopravvivenza dei pazienti. Recentemente tale osservazione è stata confermata (Johnson DW et al [6] (full text)) ribadendo che i pazienti rapidi (alti) trasportatori hanno una migliore sopravvivenza quando trattati con l’APD rispetto alla CAPD.
Inoltre alcuni Autori (Davies SJ [7]) hanno evidenziato che con l’avvento dell’APD (e dell’icodestrina) la mortalità dei pazienti rapidi (alti) trasportatori, che in passato era molto più elevata rispetto alle altre categorie di trasportatori, è diventata simile a quella dei pazienti appartenenti alle altre categorie di trasporto.
I risultati del test dovrebbero essere utilizzati per la prescrizione e per ottimizzare la terapia dialitica peritoneale.
Per l’elevata variabilità inter-individuale delle caratteristiche di trasporto della membrana peritoneale è necessario utilizzare i risultati del test per la corretta prescrizione e per l’ottimizzazione dello schema dialitico peritoneale più idoneo nel singolo paziente.
Per i pazienti lenti (bassi) trasportatori è indicato il trattamento dialitico peritoneale manuale (CAPD) con volumi tendenzialmente elevati del singolo scambio (High-dose CAPD). Nel caso tali volumi non fossero tollerati o si verificasse comunque inadeguatezza dialitica e/o ultrafiltrativa va preso in considerazione il passaggio all’emodialisi.
Come già evidenziato nei primi studi sul PET (Twardoski ZJ [1]) i pazienti lenti (bassi) trasportatori hanno minori capacità depurative rispetto alle altre categorie di trasportatori e possono essere inadeguatamente dializzati quando si utilizzano scambi di breve durata come avviene nell’APD.
Inoltre, anche in CAPD, tali pazienti, soprattutto se di peso e superficie corporea elevata, possono non essere adeguatamente dializzati utilizzando volumi standard di 2000 ml per singolo scambio; in tal caso vi è l’indicazione ad utilizzare volumi più elevati.
Recentemente alcuni studi hanno evidenziato che i pazienti lenti (bassi) trasportatori hanno una migliore sopravvivenza in CAPD rispetto all’APD (Johnson DW et al [2] (full text)).
I risultati del test dovrebbero essere utilizzati per la prescrizione e per ottimizzare la terapia dialitica peritoneale.
Per l’elevata variabilità inter-individuale delle caratteristiche di trasporto della membrana peritoneale è necessario utilizzare i risultati del test per la corretta prescrizione e per l’ottimizzazione dello schema dialitico peritoneale più idoneo nel singolo paziente.
Una riduzione marcata del sieving del Na a 60 minuti (ΔNa < 5 mmol/L) indica una riduzione del trasporto di acqua libera peritoneale e, spesso, l’aumento dell’osmolarità (concentrazione di glucosio) della soluzione non determina un aumento dell’ultrafiltrazione. Ciò può essere confermato dalla quantificazione del trasporto di acqua libera. In tal caso, per aumentare l’ultrafiltrazione, utilizzare l’icodestrina.Utile la ripetizione a breve (3 mesi) del PET e in caso di perdita ulteriore di ultrafiltrazione e/o ΔNa prendere in considerazione il passaggio all’emodialisi.
Se si ha una riduzione marcata del sieving del Na (ΔNa < 5 mmol/L) a 60 minuti del test ciò indica una riduzione del trasporto di acqua libera e quindi una riduzione del funzionamento dei canali dell’aquaporina-1 (La Milia V et al [1]). Il trasporto di acqua libera dipende dal gradiente osmotico e quindi dalla concentrazione di glucosio, in caso di sua riduzione o assenza, l’aumento della concentrazione di glucosio nelle soluzioni di dialisi non avrà come conseguenza un aumento dell’UF. La riduzione del trasporto di acqua libera peritoneale può essere quantificata, con gli opportuni test, confermando che l’aumento della concentrazione di glucosio non è molto utile in tali situazioni.
In questi casi, per aumentare l’UF, può essere utile l’impiego dell’icodestrina.
In alcuni pazienti può essere utile la ripetizione del PET a breve termine e in caso di ulteriore perdita della capacità di ultrafiltrazione peritoneale e/o ulteriore riduzione del ΔNavapresa in considerazione la possibilità di passare in emodialisi.
I risultati del test sono utili per la valutazione nel tempo delle variazioni della funzione della membrana peritoneale e per la valutazione dell’eventuale ”esaurimento” funzionale della membrana peritoneale.
In particolare va prestata la massima attenzione a quei pazienti che incrementano la velocità di trasporto peritoneale ai piccoli soluti, fino a diventare rapidi (alti) trasportatori, e che riducono la capacità di ultrafiltrazione peritoneale, fino alla sua perdita, durante il follow-up.
La perdita del trasporto di acqua libera e della conduttanza osmotica al glucosio devono far sospettare delle alterazioni funzionali gravi della membrana peritoneale e possono indicare la necessità di passare il paziente in emodialisi.
Le caratteristiche funzionali della membrana peritoneale (trasporto dei piccoli soluti ed ultrafiltrazione) possono variare con l’aumentare dell’età dialitica e tali variazioni possono richiedere una modifica dello schema dialitico o il passaggio al trattamento emodialitico (Davies SJ [1], Blake PG et al [2], Heimburger O et al [3] (full text), Wong TYH et al [4] (full text)).
Tipicamente, in alcuni pazienti si assiste ad un aumento della velocità di trasporto dei piccoli soluti e ad una riduzione della capacità di ultrafiltrazione (Davies SJ [5]) e ciò comporta, a volte, la necessità di prescrivere l’icodestrina e/o il passaggio alla dialisi peritoneale automatizzata. Il fallimento di questi ultimi accorgimenti può rappresentare un’indicazione al passaggio al trattamento emodialitico.
Paradossalmente, il successo di tali misure potrebbe favorire l’insorgere di altri problemi clinici; infatti, in passato, in assenza dell’APD e dell’icodestrina, i pazienti con deficit della capacità di ultrafiltrazione venivano solitamente shiftati in emodialisi; con l’utilizzo di tali nuove possibilità terapeutiche si ottiene un prolungamento anche notevole della permanenza di tali pazienti in dialisi peritoneale mascherando il significato clinico della perdita di capacità ultrafiltrativa che rappresenta talvolta la prima manifestazione di complicanze future severe. Bisogna quindi essere consci che i pazienti che presentano una elevata età dialitica in dialisi peritoneale vanno monitorati attentamente nella clinica e nella funzionalità peritoneale per quelle patologie, come la sclerosi peritoneale e la peritonite sclerosante incapsulante, la cui frequenza ha una relazione diretta con l’età dialitica.
Ciò non significa che tali pazienti debbano essere shiftati verso l’emodialisi ma che dovrebbero essere accuratamente monitorizzati sia con i test di permeabilità peritoneale ed esami strumentali (ad esempio la TAC addome) periodici ma soprattutto dal punto di vista del follow-up clinico che deve essere frequente e periodico, accurato nella semeiotica e nelle domande riguardo la cenestesi.
Indipendentemente dal test utilizzato è necessaria una rigorosa standardizzazione delle modalità di esecuzione dei test.
La standardizzazione dei test basati sui principi del PET dovrebbe riguardare i seguenti punti:
1. Durata dello scambio (in genere notturno) precedente il PET: se possibile effettuare uno scambio di 8 ore con soluzione di glucosio al 1.36%; se non possibile fare arrivare il paziente con la cavità peritoneale senza liquido da non oltre 45 minuti.
Nella versione originale dell’esecuzione del PET veniva raccomandato di effettuare uno scambio, notturno, precedente il PET di 8-12 ore (Twardowski ZJ, Nolph KD, Khanna R et al. Peritoneal equilibration test. Perit Dial Bull 1987; 7:138-147; Twardowski ZJ [1]). Tale durata era giustificata dal fatto che il PET classico è stato messo a punto per i pazienti in CAPD in cui si ha effettivamente una durata della sosta notturna variabile in tale range di tempo. Tuttavia, in seguito sono state proposte altre modalità di DP come, ad esempio, la dialisi incrementale, in cui si effettuano inizialmente 1-2 scambi al giorno, la dialisi ambulatoriale diurna (DAPD) (Twardowski ZJ [1]), in cui non si effettua lo scambio notturno ed il paziente rimane con la cavità peritoneale vuota durante la notte e l’APD (Twardowski ZJ [1]) in cui il trattamento viene effettuato durante la notte con l’ausilio di un cycler ed in cui le soste sono molto brevi (1-2 ore o meno).
E’ stato dimostrato che i valori di D/PCreat sono superiori e quelli di D/D0 sono inferiori quando il PET viene effettuato dopo un periodo di 9-13 ore ad addome vuoto (Lilaj T et al[2]) rispetto al PET preceduto da una sosta notturna di 8-12 ore, con la cavità peritoneale piena.
Altri Autori hanno dimostrato che i valori di D/PCreat e di D/D0 ottenuti con un PET preceduto da una sosta notturna di 8 vs 3 ore sono sostanzialmente simili (Twardowski ZJ et al [3], Cnossen T et al [4] (full text)).
In conclusione, è di fondamentale importanza che il paziente appena prima del PET non abbia avuto un periodo più o meno lungo con la cavità peritoneale vuota. E’ consigliabile quindi che il paziente arrivi al Centro, per effettuare il PET, con la cavità peritoneale piena o che arrivi al Centro con la cavità addominale vuota (nel caso dell’APD) da non oltre 45 minuti. Alcuni Centri preferiscono far sempre precedere al PET una sosta notturna di 8-12 ore anche nel caso dell’APD (La Milia V et al [5]).
Avere a disposizione una sosta notturna della durata di 8 ore, se possibile con soluzione di glucosio al 1.36%, fornisce importanti informazioni aggiuntive al PET stesso ed è richiesta in alcuni programmi di elaborazione dei dati del PET stesso come l’Adequest®.
Infatti un drenaggio inferiore alla quantità infusa (in genere 2000 ml), dopo la sosta notturna, potrebbe già indicare che non è opportuno prescrivere delle soste molto lunghe con soluzione poco ipertonica al paziente in oggetto.
In conclusione, se è possibile fare effettuare al paziente uno scambio notturno di 8 ore con soluzione di glucosio al 1.36%; se non possibile fare arrivare comunque il paziente con la cavità peritoneale piena o senza liquido ma da non oltre 45 minuti.
2. Non utilizzare l’icodestrina per lo scambio (in genere notturno) precedente il PET.
Nella standardizzazione del PET originale gli Autori (Twardowski ZJ, Nolph KD, Khanna R et al. Peritoneal equilibration test. Perit Dial Bull 1987; 7:138-147) non indicano il tipo di soluzione da utilizzare nella sosta, in genere notturna, precedente il PET.
Infatti, è stato dimostrato che i valori di D/PCreat sono superiori e quelli di D/D0 sono inferiori quando nella sosta precedente il PET (notturna) viene utilizzata l’icodestrina rispetto ad una soluzione contenente glucosio al 1.36% o 2.27%, si ha cioè un aumento della permeabilità della membrana peritoneale ai piccoli soluti (Lilaj T t al [8]). In questo studio, i valori di UF peritoneale durante il PET non sembrano essere influenzati dal tipo di soluzione presente in cavità peritoneale nello scambio precedente il PET stesso.
Tale aumento della permeabilità della membrana peritoneale permane anche quando vengono effettuati due lavaggi consecutivi con soluzione di glucosio al 2.27% prima del PET, per eliminare l’influenza del volume residuo di icodestrina nell’effettuazione del test stesso (Moriishi M et al [9]). Al contrario i valori di D/PCreat e quelli di D/D0 erano sovrapponibili a quelli basali dopo un periodo di trattamento di 12 settimane con icodestrina, nello scambio notturno, se il PET veniva fatto precedere da uno scambio di 8 ore con una soluzione contenente glucosio e non icodestrina.
Sembrerebbe quindi che l’icodestrina determini un incremento acuto della permeabilità della membrana peritoneale con modalità ancora non note (Moriishi M et al [10]).
In conclusione, anche nei pazienti che utilizzano cronicamente l’icodestrina, per lo scambio notturno, è necessario che lo scambio notturno immediatamente precedente il PET venga effettuato con una soluzione contenente glucosio al 1.36% (o 2.27%).
3. Volume di infusione: 2000 ml
Il PET classico viene effettuato con 2000 mL di una soluzione contenente glucosio al 2.27%.
In uno studio, il PET effettuato con un volume di 1500 mL sembra dare risultati non differenti dal PET eseguito con 2000 mL (Dharmasena AD et al [11] (full text)); tuttavia, in tale studio, il PET con volumi differenti è stato effettuato in popolazioni diverse e non nello stesso gruppo di pazienti. E’ consigliabile quindi l’esecuzione del test con un volume di 2000 mL nei pazienti adulti e riservare volumi inferiori ai pazienti, spesso di piccola taglia corporea, che non tollerano tali volumi (in tal caso i risultati del PET andranno utilizzati per effettuare dei controlli seriati nello stesso paziente mentre occorre cautela ad utilizzare tali dati per il confronto con gli altri pazienti).
Tutte le sacche con le soluzioni per DP (a parte quelle per APD) hanno un volume nominale di 2000 mL; tuttavia quando tale volume viene quantificato il risultato è, quasi sempre, un volume superiore a tale quantità (Mahon A et al [12] (full text)).
In un recente studio (La Milia V et al [13] (full text)) è stato evidenziato che le sacche utilizzate in 316 PET contenevano un volume mediano di 2096 mL, rispetto al volume nominale dichiarato di 2000 mL. Se si fosse utilizzato il valore nominale del volume, delle soluzioni contenute nelle sacche, per la quantificazione dell’UF peritoneale durante il PET si avrebbe avuto una sovrastima dell’UF peritoneale.
Inoltre, anche quando si esegue il PET, in genere, si effettua la manovra del “flush before fill” cioè il lavaggio delle linee, dopo il drenaggio del precedente scambio, con una quantità, non nota, di soluzione fresca che finisce nella sacca di drenaggio. La mancata quantificazione di tale volume utilizzato per il “flush before fill”, che è solitamente di 100-200 mL (Davies SJ [14] (full text)) può provocare degli errori nella quantificazione dell’UF (Mahon A et al [12] (full text)) del PET e può provocare anche delle alterazioni nei classici parametri di equilibrazione del PET; infatti si potrà avere una diluizione dei soluti (ad esempio urea, creatinina, etc) contenuti nella sacca di drenaggio se si fa defluire in essa anche il volume utilizzato per il “flush before fill”e quindi otterremo valori di D/P per tali soluti inferiori a quelli reali mentre otterremo valori di D/D0 superiori.
In ambedue i casi si avrà una sottostima dei trasportatori appartenenti alle categorie più rapide (alte) e ciò può provocare la non corretta prescrizione del trattamento dialitico nei pazienti in DP.
La sovrastima della UF che si può avere in DP, dovuta al sovrariempimento delle sacche e alla manovra del “flush before fill”, può assumere dimensioni notevoli quando si valuta l’UF delle 24 ore in CAPD (McCafferty K et al [15] (full text)) mentre sembra essere meno importante in APD (Bernardini J et al [16] (full text)). Grazie alle formule per il calcolo del Kt/V e della clearance dialitica della creatinina, che utilizzano la rimozione totale di tali soluti e non la loro concentrazione nel liquido di drenaggio, non si hanno conseguenze anche quando il volume utilizzato per il lavaggio delle linee viene mescolato a quello drenato dalla cavità peritoneale alla fine dello scambio.
La sovrastima dell’UF, soprattutto in CAPD; può avere con conseguenze cliniche importanti (ad esempio, con un sovrariempimento medio di 100 mL, per ogni sacca di CAPD e con un volume medio di 200 mL per ogni “flush before fill”, in un paziente in CAPD si può stimare una UF peritoneale di 1200 mL/die mentre in realtà è nulla. Non è escluso che tale “errore” possa avere contribuito alla ritenzione idro-salina tipica di molti pazienti in DP (McCafferty K et al [15] (full text)).
In conclusione, quando si effettua il PET è necessario: a) utilizzare un volume di 2000 mL b) misurare il volume reale della soluzione da infondere e ciò è facilmente ottenibile pesando la sacca e sottraendo a tale valore la tara (sacca vuota al termine dell’infusione); c) quantificare il volume usato per il “flush before fill”, sottrarre tale quantità al volume della soluzione da infondere ed eliminare questa quota di liquido senza miscelarla con il liquido drenato alla fine del test. Un modo semplice per fare ciò è di tagliare il set di scarico a livello della giunzione con la sacca di scarico, effettuare il drenaggio completo della sosta notturna in un contenitore, collegare il set di scarico ad una siringa da 50 ml, chiudere il set di collegamento al paziente, aprire il set di infusione, aspirare una quantità nota di liquido (ad esempio 30 mL), per lavare le linee, iniziare quindi l’infusione della soluzione per il PET.
4. Posizione del paziente durante l’infusione ed il drenaggio: posizione supina durante l’infusione e posizione seduta durante il drenaggio
Nella standardizzazione del PET classico il paziente drena il liquido della sosta notturna in posizione ortostatica per permettere il maggiore drenaggio possibile; in posizione eretta il liquido peritoneale tende a raccogliersi nel fondo della cavità pelvica dove dovrebbe essere posizionato l’estremo del catetere peritoneale e quindi ottenere le migliori condizioni per il drenaggio.
Durante l’infusione della soluzione usata per il PET, il paziente deve essere in posizione supina e ruotare da un fianco all’altro dopo ogni 400 mL di infusione (ogni 2 minuti), per meglio mescolare il volume residuo con la soluzione infusa. Non esistono lavori scientifici sulla necessità di far ruotare il paziente sui fianchi , tuttavia è consigliabile effettuare tale manovra, almeno prima del primo prelievo del dialisato.
Nella standardizzazione del PET classico, per effettuare i prelievi di dialisato, vengono drenati 200 ml di dialisato nella sacca di drenaggio, prelevati sterilmente 10 mL (per il laboratorio) e i rimanenti 190 mL reinfusi in cavità peritoneale. Dopo i prelievi di dialisato al paziente viene permesso di alzarsi e camminare liberamente; per fare ciò è necessario sconnettere e riconnettere più volte il paziente dal sistema di infusione-drenaggio peritoneale. Inoltre, tale modalità di prelievo del dialisato può esporre al rischio di peritoniti per la possibilità di contaminazione del liquido che poi viene reinfuso in cavità peritoneale.
Per evitare i problemi suddetti, è preferibile tagliare il set di scarico, alla giunzione con la sacca di scarico, e connetterlo con una siringa da 50 ml (che ha l’estremità a cono) che servirà per misurare accuratamente il volume del “flush before fill” e per effettuare i prelievi di dialisato (vedi dopo). In questo modo il paziente rimane connesso al sistema di infusione-drenaggio peritoneale e, quindi, rimane sdraiato o seduto per tutta la durata del test. Il dialisato della sosta notturna e quello del PET possono essere raccolti in due diversi contenitori e quantificati (con la pesatura o mediante cilindro graduato). Naturalmente ciò implica la presenza del paziente per tutto il tempo del PET nella sede scelta per la sua effettuazione ma evita le possibili interferenze dell’aumento della pressione intraddominale, dovuta alla posizione ortostatica e alla deambulazione, sui meccanismi di trasporto peritoneale e sulla genesi dell’UF peritoneale (Diaz-Buxo JA [17]).
In conclusione, è preferibile mantenere il paziente in posizione supina o seduta per tutta la durata del PET; è sconsigliabile effettuare multiple connessioni-sconnessioni e la manovra di reinfondere il dialisato, dopo averne prelevato un’aliquota dalla sacca di scarico, per il rischio di peritoniti; la sezione del set di scarico e la sua connessione con una siringa da 50 ml sembra la modalità migliore per effettuare i prelievi del dialisato.
Naturalmente se viene utilizzato il 3.86%-PET integrato con il Mini-PET o il PET-Unico che prevedono un drenaggio temporaneo è necessario effettuare la re-infusione del dialisato dopo averlo pesato. Tuttavia si consiglia di non effettuare il prelievo del campione del dialisato prima della re-infusione, anche se prelevato sterilmente, mentre è più sicuro lasciare una piccola aliquota del dialisato alla fine della re-infusione e prelevarlo, quindi, dopo avere completato la re-infusione.
5. Durata dell’infusione e del drenaggio: non più di 10 minuti l’infusione e non meno di 20 minuti il drenaggio
La cavità peritoneale deve essere svuotata completamente prima dell’effettuazione del PET; il drenaggio dovrebbe avvenire in posizione eretta o seduta e deve durare almeno 20 minuti.
La soluzione usata per il PET deve essere infusa il più rapidamente possibile, in genere non oltre 10 minuti. Infatti il tempo zero del test viene fatto coincidere con la fine dell’infusione della soluzione. Tuttavia, già durante l’infusione dei primi mL di soluzione iniziano gli scambi fra il sangue e la soluzione attraverso la membrana peritoneale. Un prolungamento del tempo di infusione porterebbe al prolungamento del tempo totale effettivo del PET con la possibilità che i D/P dei soluti siano maggiori ed il D/D0 risulti minore rispetto ai valori reali. Per lo stesso motivo il tempo di drenaggio, alla fine del test, dovrebbe essere il più rapido possibile ma allo stesso tempo permettere un completo svuotamento della cavità peritoneale e, sempre per standardizzare il PET, non dovrebbe durare meno di 20 minuti.
6. Tempistica dei prelievi dei campioni ematici e del dialisato: dipende dal test utilizzato
Nella standardizzazione del PET classico vengono effettuati i prelievi del dialisato al tempo 0 (subito dopo la fine dell’infusione della soluzione scelta per il PET), al tempo 120 minuti dall’inizio del PET e dopo il drenaggio completo della cavità peritoneale alla fine del test. In tutti i casi l’aliquota prelevata è di 10 mL e va tenuta in considerazione nel calcolo dell’UF peritoneale.
Abbiamo già visto che il PET classico prevede al tempo 0 e 120 minuti il drenaggio di circa 200 mL di dialisato, il prelievo del campione e la reinfusione della rimante quantità in cavità peritoneale. Come già detto prima, tale manovra è potenzialmente rischiosa per le peritoniti ed andrebbe evitata.
Una modalità più sicura, come detto prima, è quella di tagliare il set di scarico, alla confluenza con la sacca di scarico, e connetterlo ad una grossa siringa (50 ml) con l’estremità a cono. Con tale modalità è possibile: a) effettuare un prelievo (10 mL) del liquido della soluzione scelta per il PET (dopo avere aspirato e scartato 30 mL per il lavaggio delle linee); b) quantificare esattamente il volume utilizzato (ad esempio, 30 mL) per lavare le linee prima del carico (“flush before fill”); c) effettuare i prelievi del dialisato (10 mL ciascuno) al tempo 0, 60 (se previsto) e 120 minuti, preceduti, ogni volta, dall’aspirazione di 30 mL di dialisato necessari ad evitare di prelevare il dialisato dallo spazio morto delle linee (ndr: misurazione personale) La quantità di soluzione “fresca” usata per il lavaggio delle linee e per effettuare i dosaggi di laboratorio (30+ 10=40 mL) va aggiunta alla UF finale. La quantità di dialisato usata per evitare l’effetto spazio morto (30 mL per ogni prelievo) non và mescolata al liquido di drenaggio finale ma va scartata e conteggiata (aggiunta alla quantità di drenaggio) per il calcolo dell’UF finale; lo stesso vale per i campioni per il laboratorio (10 mL) per ogni prelievo, compreso il prelievo effettuato nello scarico finale. Tali quantità possono sembrare trascurabili mentre in realtà se si effettuano 3 prelievi sul dialisato (30+10+30+10+30+10) e 1 prelievo sullo scarico finale (10 mL) avremo ben 130 mL da aggiungere al volume drenato alla fine del test. Il campione del dialisato finale (tempo 240 minuti) deve essere prelevato dopo avere drenato completamente la cavità peritoneale.
In conclusione, è preferibile effettuare i prelievi del dialisato mediante una grossa siringa connessa al set di scarico.
Nel PET classico (Twardowski ZJ, Nolph KD, Khanna R et al. Peritoneal equilibration test. Perit Dial Bull 1987; 7:138-147) per il calcolo del D/D0 viene utilizzata la concentrazione di glucosio nel dialisato prelevato al tempo 0 e non la concentrazione di glucosio nella soluzione “fresca”. Ciò al fine di evitare l’influenza dell’eventuale volume residuo presente in cavità peritoneale anche dopo il drenaggio completo dello scambio precedente; tuttavia già durante i primi istanti dell’infusione cominciano a verificarsi gli scambi diffusivi fra sangue e dialisato attraverso la membrana peritoneale e, sicuramente, una parte del volume residuo quantificato con la metodologia classica (Twardowski ZJ, Nolph KD, Khanna R et al. Peritoneal equilibration test. Perit Dial Bull 1987; 7:138-147) non è altro che il risultato di tale trasporto di soluti. Per tale motivo, sarebbe meglio utilizzare la concentrazione di glucosio misurata nella soluzione “fresca” da infondere. Nel test classico venivano effettuati due prelievi ematici, il primo alla fine del drenaggio della sosta notturna, immediatamente prima di infondere la soluzione scelta per il PET, ed il secondo alla fine del PET subito dopo il drenaggio, e veniva utilizzata la loro media per il calcolo dei D/P. Successivamente si è semplificato il test effettuando un solo prelievo ematico a metà del PET (tempo 120 minuti) (Twardowski ZJ. The fast peritoneal equilibration test. Semin Dial 1990; 3:141-142; Trivedi H et al [18], Enia G et al [19] (full text)). Essendo la dialisi peritoneale un trattamento continuo, difficilmente durante lo svolgimento del PET si avranno delle variazioni significative delle concentrazioni plasmatiche dei soluti di interesse (creatinina, urea, sodio, etc.), a parte il glucosio, in alcuni pazienti, quando si usano soluzioni molto ipertoniche. Oltretutto, effettuando un solo prelievo si evitano i possibili errori, fra una determinazione e l’altra, dovuti al coefficiente di variazione della metodica di misura scelta. Quindi è possibile effettuare il prelievo ematico in qualsiasi momento del PET anche se è preferibile standardizzarlo, per esempio eseguendolo a metà del test ( tempo 120’).
In conclusione, nel PET classico l’effettuazione di un solo prelievo ematico sembra essere la modalità più semplice ed anche idonea.
Nel 3.86%-PET i prelievi della soluzione fresca impiegata per il test e del dialisato devono essere effettuati con le modalità suddette: taglio della linea di scarico e collegamento ad una siringa da 50 ml e vanno effettuati sulla soluzione fresca, sul dialisato dopo 60 minuti (per il calcolo del sieving del Na) e alla fine del PET (240 minuti). Il prelievo ematico va effettuato dopo 60 minuti dall’inizio del test. Nel 3.86%-PET la procedura è identica a quella del PET classico se si eccettua il prelievo di dialisato a 60’ per il calcolo del sieving del Na.
Per quanto riguarda i prelievi degli altri test si rimanda alle istruzioni per l’effettuazione del singolo test.
Sia i campioni della soluzione da infondere, del dialisato ed ematici andrebbero analizzati subito, altrimenti è preferibile congelarli.
7. Metodi di laboratorio:
a. Utilizzare un fattore di correzione per il dosaggio della creatinina nel liquido di dialisi e nel dialisato per l’interferenza del glucosio se non si utilizza un metodo enzimatico
E’ ben nota l’interferenza di elevate concentrazioni di glucosio nei confronti di alcuni metodi di dosaggio delle concentrazioni di creatinina (Larpent L et al [20] (full text)); per tale motivo si rende necessario utilizzare un fattore di correzione (FC) da calcolare per ogni singolo laboratorio. Tale fattore di correzione è ricavabile dalla relazione esistente fra le concentrazioni di creatinina, determinate con metodo non enzimatico, e concentrazioni crescenti di glucosio fino alle concentrazioni presenti nelle sacche delle soluzioni per dialisi peritoneale (Twardowski ZJ, Nolph KD, Khanna R et al. Peritoneal equilibration test. Perit Dial Bull 1987; 7:138-147). Tale fattore di correzione può essere ricavato dalla curva di regressione lineare che si ottiene dalle concentrazioni di creatinina misurate in soluzioni contenenti differenti concentrazioni di glucosio, simili a quelle utilizzate in dialisi peritoneale (Tam P et al [21] (full text)). Un metodo più semplice è quello di dosare la concentrazione di creatinina (anche se sicuramente assente) nelle sacche fresche per dialisi peritoneale a differenti concentrazioni di glucosio (1.36%, 2.27% e 3.86%)s possibilmente 2 o più determinazioni per singola sacca, dividere la concentrazione di creatinina per la concentrazione di glucosio, (i.e. FC= 1.15:1360=0.000846) ed utilizzare il valore medio come fattore di correzione cioè sottraendo al valore di creatinina dosato nel dialisato (i.e. 4.2 mg/dL) il valore di glucosio (i.e. 620 mg/dL) moltiplicato per il FC= 4.2 – 620 x 0.000846= 4.2 mg/dL – 0.525= 3.675 mg/dL (concentrazione di creatinina corretta per l’interferenza del glucosio) (vedi calcolatore relativo). E’ proprio alle elevate concentrazioni di glucosio tipiche dei campioni del PET che diventa rilevante applicare la correzione del dosaggio della creatinina nei fluidi dialitici per la rilevazione aspecifica del cromogeno glucosio con la reazione di Jaffè. In associazione a questa ultima considerazione diventa quindi importante il corretto dosaggio del glucosio nei liquidi utilizzando le opportune diluizioni. La correzione della sovrastima della creatinina e della sottostima del glucosio sono legate assieme per il calcolo del D/P.
La concentrazione plasmatica della creatinina (e di altri soluti) andrebbe anche corretta per l’acqua plasmatica (Waniewski J et al [22]) prima di calcolare il D/P, e ciò serve ad evitare di ottenere valori di D/P di alcuni soluti, come l’urea in determinate situazioni, superiori all’unità che rappresenta naturalmente un errore .
b. Effettuare delle adeguate diluizioni per il corretto dosaggio della concentrazione di glucosio nel dialisato quando superiore a 800 mg/dL
La maggior parte degli strumenti di laboratorio leggono correttamente la concentrazione di glucosio fino a valori di circa 800 mg/dL. E’ necessario quindi effettuare delle diluizioni dei campioni del dialisato e, soprattutto, delle soluzioni fresche utilizzate per il PET.
E’ necessario quindi informare i Tecnici del proprio laboratorio sulla necessità di effettuare tali diluizioni.
c. Utilizzare la fotometria a fiamma o la potenziometria indiretta per il dosaggio della concentrazione di sodio nel dialisato
Per il calcolo del sieving del Na a 60 minuti di un 3.86%-PET (La Milia V et al [23] (full text)) va evitato l’utilizzo della potenziometria diretta mentre può essere utilizzata la potenziometria indiretta (che è impiegata nella maggior parte dei laboratori) che da risultati paragonabili a quelli della fotometria a fiamma che rappresenta il metodo migliore per il dosaggio del sodio soprattutto nel liquido di infusione e nel dialisato.
Ogni singolo test deve avere un protocollo di esecuzione in modo tale che possa essere effettuato con le stesse modalità in Centri differenti.
Modalità di esecuzione del test di equilibrazione peritoneale (PET) modificato con soluzione di glucosio al 3.86% (3.86%-PET)
1. È necessario che il paziente arrivi al test con la cavità addominale piena (nei pazienti in CAPD effettuare il solito scambio notturno di 8 ore; nei pazienti in APD, se non fosse possibile effettuare uno scambio notturno di 8 ore, far terminare il programma notturno con un riempimento addominale; se anche ciò non fosse possibile, il paziente dovrebbe arrivare al Centro con la cavità addominale senza liquido da non oltre 45 minuti; nei pazienti con altri schemi dialitici peritoneali, effettuare lo scambio notturno come per i pazienti in CAPD)
2. Non utilizzare l’icodestrina per lo scambio notturno precedente il PET ma una soluzione contenente glucosio al 1.36% (meglio) o al 2.27% anche nei pazienti che utilizzano cronicamente l’icodestrina per lo scambio notturno (pazienti in CAPD). I pazienti che utilizzano l’icodestrina per la sosta lunga diurna (pazienti in APD) possono continuare ad usarla anche il giorno precedente
3. Utilizzare per il test una soluzione di glucosio al 3.86%
I. Pesare la sacca e le linee prima di iniziare il test e ripetere la pesatura della sacca vuota e delle linee alla fine del test per calcolare il volume infuso
II. Utilizzare per il test un volume di 2000 mL (o un valore molto prossimo ad esso)
4. Connettere la sacca al set di raccordo con il catetere peritoneale del paziente
I. Tagliare il set di scarico in prossimità della sacca di scarico e connetterlo ad una grossa siringa (50 mL con estremità a cono)
II. Aspirare 30 mL dalla sacca con soluzione “fresca” (10 mL da inviare al laboratorio per le determinazioni sulla soluzione “fresca” = Prelievo Soluzione “fresca”)
III. Sconnettere la siringa dalla linea di scarico
5. Con il paziente in posizione eretta (o seduta) effettuare il drenaggio del dialisato della sosta precedente il PET raccogliendolo in un recipiente
I. Il drenaggio del dialisato precedente il PET deve essere il più completo possibile e deve durare almeno 20 minuti
II. Quantificare il volume del dialisato drenato con un cilindro graduato o con la pesatura (al netto della tara) del recipiente di raccolta
III. Prelevare 10 mL del dialisato (= Prelievo Dialisato Notturno) da inviare in laboratorio
6. Effettuare il “flush before fill” sempre con l’ausilio della siringa aspirando una quantità nota di soluzione “fresca” (30 mL)
7. Con il paziente in posizione supina infondere in cavità peritoneale la soluzione con glucosio al 3.86% in 10 minuti
I. Ad ogni infusione di 400 mL della soluzione, far ruotare il paziente, da un fianco all’altro
8. La fine dell’infusione viene considerata il tempo 0 del PET
9. Dopo 60 minuti dall’inizio del test effettuare il prelievo ematico da inviare in Laboratorio (= Prelievo Ematico) e, dopo avere aspirato con la siringa e scartato 30 mL di dialisato, 10 mL di dialisato per il laboratorio (= Prelievo Dialisato tempo 60’)
10. Dopo 240 minuti dall’inizio del test e con il paziente in posizione eretta, dopo avere sconnesso la siringa dal set di scarico, effettuare il drenaggio del dialisato in un recipiente
I. Il tempo di drenaggio dovrebbe essere di 20 minuti
II. Quantificare il volume del dialisato drenato con un cilindro graduato o con la pesatura (al netto della tara) del recipiente di raccolta
III. Prelevare 10 mL del dialisato (= Prelievo Dialisato 240’) da inviare in laboratorio
11. Sconnettere il paziente dalle linee ed effettuare se necessario l’infusione di una nuova soluzione per DP in base allo schema dialitico del paziente
N.B.: Per il calcolo dell’UF del PET: al peso della soluzione “fresca” va sottratta la quantità utilizzata per il lavaggio delle linee e per prelievo del campione da analizzare (30 mL) ed il volume (30 mL) usato per il “flush before fill”; al peso o al volume del dialisato drenato va sommato, per ogni prelievo, il volume prelevato per eliminare l’effetto “spazio morto” (30 mL per ogni prelievo) e la quantità (10 mL per ogni prelievo) utilizzata per l’analisi di laboratorio.
E’ consigliabile pesare il paziente, misurare la pressione arteriosa e la frequenza cardiaca prima e dopo il PET.
Altri test
Altri test
Fra gli altri test, basati sui principi del PET, vi sono il Mini-PET (per la quantificazione del trasporto di acqua libera peritoneale), il Doppio Mini-PET (per la quantificazione della conduttanza osmotica al glucosio), il 3.86%-PET integrato con il Mini-PET (per la quantificazione dei parametri di entrambi i test) ed il PET-Unico (3.86%-PET integrato con il Doppio Mini-PET per la quantificazione dei parametri di entrambi i test).
Mini-PET
Il Mini-PET
Il PET ha fornito un’enorme contributo alla conoscenza della fisiopatologia della membrana peritoneale con il vantaggio di essere molto semplice nella sua esecuzione e nella sua interpretazione.
Il PET tuttavia è un test i cui risultati non possono cogliere l’insieme dei meccanismi fisiopatologici che sottintendono il funzionamento della membrana peritoneale. Anche le modifiche apportate al test classico come l’utilizzo di una soluzione di glucosio al 3.86% permettono solo una migliore valutazione dell’UF peritoneale ma non spiegano completamente tutte le sue caratteristiche.
L’analisi del D/PNa a 60’ è stato, il primo, semplice, tentativo di stimare grossolanamente l’entità della produzione di acqua libera.
La necessità di misurare l’UF, nelle sue varie componenti, e di comprenderne la genesi ha portato all’elaborazione di altri test facilmente eseguibili nella comune pratica clinica e facilmente interpretabili.
L’ideazione del Mini-PET (La Milia V et al [1]) ha permesso di quantificare il trasporto di acqua libera, (UF prodotta attraverso i piccolissimi pori transcellulari o canali dell’aquaporina-1), separatamente dalle altre componenti dell’UF peritoneale.
Il Mini-PET permette inoltre la valutazione della sua variazione nel tempo, ripetendo periodicamente il test, con un impegno di una sola ora utilizzando una soluzione al 3.86%. La riduzione o la perdita del trasporto di acqua libera sembra rappresentare una spia di danno severo della membrana peritoneale o essere addirittura predittivo di complicanze gravi quali la peritonite sclerosante incapsulante (Sampimon DE et al [2]).
Dai pochi dati presenti in letteratura si può indicare che un paziente ha un deficit di trasporto di acqua libera quando questa è inferiore a 100 ml (La Milia V et al [3]).
Il Doppio Mini-PET (La Milia V et al [1]) consiste nell’esecuzione di due Mini-PET consecutivi della durata ciascuno di 1 ora, il primo effettuato con soluzione all’1.36% e il secondo al 3.86%. Basato su presupposti complessi, il Doppio Mini-PET viene effettuato con metodi estremamente semplici ed interpretato con calcoli matematici semplici.
Il Doppio Mini-PET (La Milia V et al [1]), evoluzione del Mini-PET, permette di misurare anche la cosiddetta conduttanza osmotica al glucosio cioè la capacità di generare UF con lo stimolo osmotico del glucosio, più o meno, ipertonico; in pratica indica la quantità di UF ottenibile se si aumenta la concentrazione di glucosio nella soluzione per DP.
La riduzione marcata della conduttanza osmotica (< 1.5 μL/min/mmHg) è espressione di una riduzione della capacità dei piccoli e dei piccolissimi pori a rispondere allo stimolo osmotico del glucosio (La Milia V et al [1]). Infatti la conduttanza osmotica misura la capacità di generare UF da parte di entrambi i pori e quindi la sua riduzione indica una riduzione globale a generare UF da parte del peritoneo.
Anche in questo caso se si vuole aumentare l’UF è necessario impiegare l’icodestrina.
Inoltre, ad esempio, il 3.86%-PET non permette di conoscere se l’UFF sia dovuta all’incapacità della membrana peritoneale di generare UF per ridotta o assente conduttanza osmotica al glucosio o se tale ridotta UF sia dovuta al rapido riassorbimento di una quantità di liquido ultrafiltrato nella prima parte dello scambio peritoneale per rapido dissipamento del gradiente osmotico dovuto al riassorbimento del glucosio.
Come si può facilmente vedere nella Figura 2, rispetto alla curva normale (A) di aumento del volume intraperitoneale durante uno scambio con soluzione di glucosio al 3.86%, il comportamento della curva B che C sono compatibili con una diagnosi di UFF, (UF 4a ora < 400 mL) . Tuttavia nel caso della curva B si ha la formazione di una discreta quantità di UF durante la prima parte dello scambio peritoneale ed in seguito tale UF viene annullata per il riassorbimento di liquido da parte del peritoneo: in tal caso la prescrizione dell’APD è corretta e può essere rinforzata dalla prescrizione dell’icodestrina per la sosta lunga. Nel caso della curva C la membrana peritoneale ha una ridotta o assente conduttanza osmotica al glucosio ed il glucosio non è capace di generare UF adeguata in nessuna parte dello scambio: in questo caso la prescrizione dell’APD è destinata all’insuccesso così come l’aumento dell’osmolarità della soluzione di glucosio; si potrà fare soltanto un tentativo impiegando l’icodestrina (sia nel paziente in APD che in CAPD), con l’avvertenza di passare il paziente in emodialisi se l’icodestrina si rivelasse insufficiente ad ottenere una UF adeguata (naturalmente tutto questo è valido se il paziente non ha più funzione renale residua). L’UF misurata con il Mini-PET o il Doppio Mini-PET o il PET-Unico (vedi dopo), con la soluzione di glucosio al 3.86%, opo 1 ora rappresenta la quantità di UF peritoneale “precoce” ed individua i pazienti che possono beneficiare di soste peritoneali brevi.
I tempi di sosta di alcuni di tali test sono molto simili a quelli utilizzati in APD; tali test consentono quindi di valutare come avviene il trasporto dei piccoli soluti ed il trasporto dei liquidi a livello peritoneale, sia impiegando la soluzione con la minore osmolarità (glucosio al 1.36%) con la maggiore osmolarità (glucosio al 3.86%),nei tempi di sosta peritoneale tipici dell’APD.
Nei casi di UFF il Doppio Mini-PET può fornire ulteriori indicazioni alla prescrizione della modalità dialitica peritoneale più idonea e ad un eventuale shift verso l’emodialisi.
L’analisi di pochi pazienti con UFF (34) con il Doppio Mini-PET ha evidenziato che la riduzione della conduttanza osmotica di questi pazienti risulta essere a carico sia dei piccoli pori che dei piccolissimi pori o canali dell’aquaporina-1, cioè che il danno è a carico di ambedue i sistemi di pori necessari alla produzione di UF peritoneale.
Tale test potrebbe essere quindi uno strumento predittivo, precoce, di danneggiamento della membrana peritoneale molto tempo prima che si sviluppi una UFF o essere di aiuto nel sospettare un’evoluzione verso complicanze rare, ma temibili, quali la peritonite sclerosante incapsulante.
Il Mini-PET ed il Doppio Mini-PET forniscono informazioni utili su alcune funzioni della membrana peritoneale ma non forniscono valori di D/P dei piccoli soluti (in particolare valori di D/PCreat) sovrapponibili a quelli di un PET della durata di 4 ore come il 3.86%-PET (La Milia V et al [1], Rodrigues AS et al [2]) ed impiegati per la classificazione in classi di trasportatori dei pazienti.
Per ottenere sia le informazioni del 3.86%-PET che del Mini-PET è stato proposto di integrare entrambi i PET mediante un drenaggio temporaneo, dopo 1 ora di sosta, seguente valutazione del volume drenato (mediante pesatura), prelievo di un’aliquota del liquido drenato, re-infusione dell’effluente, ulteriore sosta peritoneale di 3 ore e definitivo drenaggio (Cnossen TT et al [3] (full text)). Tuttavia è preferibile prelevare l’aliquota del drenaggio temporaneo dopo avere effettuato la re-infusione dello stesso (lasciando una piccola quantità alla fine della re-infusione) per ridurre i rischi di peritonite da contaminazione.
Con tale PET integrato si ottengono valori sovrapponibili di D/PCreat a quelli ottenuti con un 3.86%-PET senza drenaggio temporaneo ed inoltre si può quantificare il trasporto di acqua libera come con il Mini-PET.
Se il PET precedente (3.86%-PET integrato) viene effettuato dopo un 1.36%-PET della durata di 1 ora si ottiene l’integrazione del 3.86%-PET con il Doppio Mini-PET. Tale test denominato PET-Unico o Uni-PET (La Milia V [1] (full text)) permette la quantificazione di tutti i parametri di tutti i test precedenti.
Il PET-Unico, che ha una durata di 5 ore, rappresenta al momento il test più completo per la valutazione funzionale della membrana peritoneale.
Altri test basati sui principi del PET sono il Dialysis Adequacy and Transport Test (DATT[1] (full text)) e l’Accelerated Peritoneal Examination (APEX) test (Verger C, Larpent L, Veniez G. Mathematical determination of PET. Perit Dial Int 1990; 10 (Suppl 1):S181). Il DATT calcola il D/PCreat sul dialisato delle 24 ore in CAPD.
Il DATT è stato usato nello studio ADEMEX [2] (full text) e diversi altri studi hanno dimostrato una buona correlazione [3] (full text)fra i dati del DATT e quelli del PET ma ciò è stato validato soltanto nei pazienti in CAPD e non nei pazienti in APD.
L’APEX test (Verger C, Larpent L, Veniez G. Mathematical determination of PET. Perit Dial Int 1990; 10 (Suppl 1):S181) sintetizza in un singolo numero la permeabilità peritoneale ai soluti utilizzando le curve del D/D0 del glucosio e quella relativa al D/P dell’urea: in pratica esso calcola il tempo in cui le curve di equilibrazione del glucosio e dell’urea (usando le percentuali) si incrociano; più breve è il tempo APEX e più alta o veloce è la permeabilità peritoneale e, al contrario, più lungo è il tempo APEX e più bassa o lenta è la permeabilità peritoneale. L’APEX test ha un uso limitato in ambito dialitico ed è stato più frequentemente utilizzato nei bambini [4] (full text).
Fra i test non basati sui principi del PET, il più diffuso è il Personal Dialysis Capacity test o PDC test (calcolo di un parametro di area peritoneale disponibile agli scambi, del riassorbimento dei liquidi e della clearance peritoneale delle proteine).
Il Personal Dialysis Capacity (PDC) test dura 24 ore e viene effettuato dai pazienti al proprio domicilio eseguendo 5 scambi con differenti tempi di sosta (2 brevi, 2 medi, 1 lungo) e differenti concentrazioni di glucosio, per la CAPD, o aggiungendo a una seduta notturna di APD 2 scambi diurni per i pazienti in APD [5]. Il test usa un modello matematico computerizzato basato sul modello dei tre pori [6] (full text) per valutare i seguenti parametri 1) l’area di superficie sulla distanza di diffusione (A0/ΔX), che rappresenta l’area effettiva di superficie disponibile per la diffusione ed è proporzionale al D/PCreat del PET; 2) il riassorbimento dei liquidi dalla cavità peritoneale; 3) il flusso attraverso i grandi pori (JvL) stimato sulla clearance peritoneale dell’albumina.
È stata ipotizzata una superiore completezza del PDC [7] (full text) test sul PET classico[8] (full text) e ciò è probabilmente vero. Tuttavia, il PDC test ha una serie di svantaggi quali il rischio di inaccuratezza (il test viene eseguito a domicilio dai pazienti) dovuto al sovrariempimento delle sacche, alla manovra del “flush before fill”, alla raccolta di aliquote dei dialisati da parte dei pazienti o per il trasporto delle sacche al Centro. Inoltre il PDC test richiede l’utilizzo di un modello matematico complesso e computerizzato e non tiene in considerazione la cinetica del sodio, il trasporto dell’acqua libera e la conduttanza osmotica al glucosio come invece i nuovi test. Infine, il PDC test è stato validato in un numero minore di pazienti rispetto al PET.
Probabilmente il vantaggio reale del PDC test, rispetto ai test basati sui principi del PET, è quello di misurare la clearance peritoneale delle proteine o dell’albumina [9] (full text)che potrebbe costituire un fattore importante di morbilità e mortalità in DP.
Infine, un altro test non basato sui principi del PET è il Peritoneal Function Test [10](PFT[11] (full text)); anche tale test necessita di un modello matematico computerizzato per l’elaborazione dei risultati e si basa sul PT50 cioè sul tempo necessario per un soluto a raggiungere la metà esatta dell’equilibrazione fra dialisato e plasma (D/P = 0.50 o 50%).Per effettuare il test è necessario raccogliere il dialisato delle 24 ore (e anche le urine) con tempi di sosta differenti. Il test dopo l’elaborazione computerizzata fornisce informazioni sul trasporto di membrana dei soluti, sulla clearance totale, sul bilancio dei fluidi e sui parametri nutrizionali.
Non esistono in letteratura studi effettuati con tale test a parte quelli proposti dall’Autore che ha ideato tale test.
Vantaggi e svantaggi dei principali test di funzionalità peritoneale
Test
Vantaggi
Svantaggi
PET classico (2.27%)
D/PCreat e D/D0: Categorizzazione dei pazienti
Non valutabili:
1. Sieving del Na
2. FWT
3. OCG
PET modificato (3.86%)
D/PCreat e D/D0: categorizzazione dei pazienti
Diagnosi di UFF
Misura del sieving del Na (ΔNa)
FWT non quantificabile
OCG non valutabile
Mini-PET (3.86%)
Misura del sieving del Na (ΔNa)
Misura del FWT
Durata breve (1 ora)
D/PCreat e D/D0 a 60’ non standardizzati
UF non valutabile
OCG non valutabile
Doppio Mini-PET (1.36%-386%)
Misura del sieving del Na (ΔNa)
Misura del FWT
Misura della OCG
Durata breve (2 ore)
D/PCreat e D/D0 a 60’ non standardizzati
UF non valutabile
PET integrato (3.86%) con drenaggio temporaneo
D/PCreat e D/D0: categorizzazione dei pazienti
Misura del sieving del Na (ΔNa)
Misura del FWT
OCG non valutabile
PET-Unico (3.86%-PET integrato con Doppio Mini-PET) con drenaggio temporaneo
D/PCreat e D/D0: categorizzazione dei pazienti
Misura del sieving del Na (ΔNa)
Misura del FWT
Misura OCG
Durata di 5 ore
PDC® test
Misura dell’area efficace con categorizzazione dei pazienti
Misura VAL
Misura clearance proteica peritoneale
Sieving del Na non valutabile
FWT non valutabile
OCG non valutabile
La sua interpretazione necessita del software apposito
D/PCreat = rapporto della concentrazione di creatinina nel dialisato e nel plasma; D/D0 = rapporto della concentrazione del glucosio nel dialisato, al tempo t, e nella soluzione fresca; UF = ultrafiltrazione peritoneale; UFF = deficit di ultrafiltrazione peritoneale; FWT = trasporto di acqua libera peritoneale; OCG = conduttanza osmotica al glucosio della membrana peritoneale; ΔNa = differenza della concentrazione di sodio nella soluzione fresca e nel dialisato dopo 60’; VAL = velocità di assorbimento dei liquidi peritoneale.
Standardizzazione dei PET
Indipendentemente dal test utilizzato è necessaria una rigorosa standardizzazione delle modalità di esecuzione dei test.
La standardizzazione dei test basati sui principi del PET dovrebbe riguardare i seguenti punti:
1. Durata dello scambio (in genere notturno) precedente il PET: se possibile effettuare uno scambio di 8 ore con soluzione di glucosio al 1.36%; se non possibile fare arrivare il paziente con la cavità peritoneale senza liquido da non oltre 45 minuti.
Nella versione originale (Twardowski ZJ, Nolph KD, Khanna R et al. Peritoneal equilibration test. Perit Dial Bull 1987; 7:138-147) dell’esecuzione del PET veniva raccomandato di effettuare uno scambio, notturno, precedente il PET di 8-12 ore (Davies SJ et al [1]). Tale durata era giustificata dal fatto che il PET classico è stato messo a punto per i pazienti in CAPD in cui si ha effettivamente una durata della sosta notturna variabile in tale range di tempo. Tuttavia, in seguito sono state proposte altre modalità di DP come, ad esempio, la dialisi incrementale, in cui si effettuano inizialmente 1-2 scambi al giorno, la dialisi ambulatoriale diurna (DAPD) (Twardowski ZJ) [1], in cui non si effettua lo scambio notturno ed il paziente rimane con la cavità peritoneale vuota durante la notte e l’APD (Twardowski ZJ [1])in cui il trattamento viene effettuato durante la notte con l’ausilio di un cycler ed in cui le soste sono molto brevi (1-2 ore o meno).
E’ stato dimostrato (Twardowski ZJ [1])che i valori di D/PCreat sono superiori e quelli di D/D0 sono inferiori quando il PET viene effettuato dopo un periodo di 9-13 ore ad addome vuoto rispetto al PET preceduto da una sosta notturna di 8-12 ore, con la cavità peritoneale piena.
Altri Autori (Lilaj T et al; [2]Twardowski ZJ et al [3]) hanno dimostrato che i valori di D/PCreat e di D/D0 ottenuti con un PET preceduto da una sosta notturna di 8 vs 3 ore sono sostanzialmente simili.
In conclusione, è di fondamentale importanza che il paziente appena prima del PET non abbia avuto un periodo più o meno lungo con la cavità peritoneale vuota. E’ consigliabile quindi che il paziente arrivi al Centro, per effettuare il PET, con la cavità peritoneale piena; se ciò non fosse possibile, fare arrivare il paziente con la cavità peritoneale vuota da non oltre 45 minuti. Alcuni Centri (Mujais S et al [4] (full text)) preferiscono far sempre precedere al PET una sosta notturna di 8-12 ore anche nel caso dell’APD.
Avere a disposizione una sosta notturna della durata di 8 ore, se possibile con soluzione di glucosio al 1.36%, fornisce importanti informazioni aggiuntive al PET stesso ed è richiesta in alcuni programmi di elaborazione dei dati del PET stesso come l’Adequest®.
Infatti un drenaggio inferiore alla quantità infusa (in genere 2000 ml), dopo la sosta notturna, potrebbe già indicare che non è opportuno prescrivere delle soste molto lunghe con soluzione poco ipertonica al paziente in oggetto.
In conclusione, se è possibile fare effettuare al paziente uno scambio notturno di 8 ore con soluzione di glucosio al 1.36%; se non possibile fare arrivare il paziente con la cavità peritoneale senza liquido da non oltre a 45 minuti.
2. Non utilizzare l’icodestrina per lo scambio (in genere notturno) precedente il PET.
Nella standardizzazione del PET originale gli Autori (Twardowski ZJ, Nolph KD, Khanna R et al. Peritoneal equilibration test. Perit Dial Bull 1987; 7:138-147) non indicano il tipo di soluzione da utilizzare nella sosta, in genere notturna, precedente il PET.
Infatti, è stato dimostrato che i valori di D/PCreat sono superiori e quelli di D/D0 sono inferiori quando nella sosta precedente il PET (notturna) viene utilizzata l’icodestrina rispetto ad una soluzione contenente glucosio al 1.36% o al 2.27%, si ha cioè un aumento della permeabilità (Lilaj T et al [7]) della membrana peritoneale ai piccoli soluti. In questo studio, i valori di UF peritoneale durante il PET non sembrano essere influenzati dal tipo di soluzione presente in cavità peritoneale nello scambio precedente il PET stesso.
Tale aumento della permeabilità della membrana peritoneale permane anche quando vengono effettuati due lavaggi consecutivi con soluzione di glucosio al 2.27%, prima del PET, per eliminare l’influenza del volume residuo di icodestrina nell’effettuazione del test stesso (Moriishi M et al [8]). Al contrario i valori di D/PCreat e quelli di D/D0 erano sovrapponibili a quelli basali dopo un periodo di trattamento di 12 settimane con icodestrina, nello scambio notturno, se il PET veniva fatto precedere da uno scambio di 8 ore con una soluzione contenente glucosio e non icodestrina.
Sembrerebbe quindi che l’icodestrina determini un incremento acuto della permeabilità (Morishi M et al [9]) della membrana peritoneale con modalità ancora non note.
In conclusione, anche nei pazienti che utilizzano cronicamente l’icodestrina, per lo scambio notturno, è necessario che lo scambio notturno immediatamente precedente il PET venga effettuato con una soluzione contenente glucosio al 1.36% (o al 2.27%).
3. Volume di infusione: 2000 ml
Il PET classico viene effettuato con 2000 mL di una soluzione contenente glucosio al 2.27%.
In uno studio (Dharmasena AD et al [10] (full text)), il PET effettuato con un volume di 1500 mL sembra dare risultati non differenti dal PET eseguito con 2000 mL; tuttavia, in tale studio, il PET con volumi differenti è stato effettuato in popolazioni diverse e non nello stesso gruppo di pazienti. E’ consigliabile quindi l’esecuzione del test con un volume di 2000 mL nei pazienti adulti e riservare volumi inferiori ai pazienti, spesso di piccola taglia corporea, che non tollerano tali volumi (in tal caso i risultati del PET andranno utilizzati per effettuare dei controlli seriati nello stesso paziente mentre occorre cautela ad utilizzare tali dati per il confronto con gli altri pazienti).
Tutte le sacche con le soluzioni per DP (a parte quelle per APD) hanno un volume nominale di 2000 mL; tuttavia quando tale volume viene quantificato il risultato è, quasi sempre, un volume superiore (Mahon A et al [11] (full text)) a tale quantità.
In un recente studio (La Milia V et al [12] (full text)) è stato evidenziato che le sacche utilizzate in 316 PET contenevano un volume mediano di 2096 mL, rispetto al volume nominale dichiarato di 2000 mL. Se si fosse utilizzato il valore nominale del volume, delle soluzioni contenute nelle sacche, per la quantificazione dell’UF peritoneale durante il PET si avrebbe avuto una sovrastima dell’UF peritoneale.
Inoltre, anche quando si esegue il PET, in genere, si effettua la manovra del “flush before fill” cioè il lavaggio delle linee, dopo il drenaggio del precedente scambio, con una quantità, non nota, di soluzione fresca che finisce nella sacca di drenaggio. La mancata quantificazione di tale volume utilizzato per il “flush before fill”, che è solitamente di 100-200 mL (Davies SJ [13] (full text)) può provocare degli errori nella quantificazione dell’UF (Mahon A et al [11] (full text)) del PET e può provocare anche delle alterazioni nei classici parametri di equilibrazione del PET; infatti si potrà avere una diluizione dei soluti (ad esempio urea, creatinina, etc) contenuti nella sacca di drenaggio se si fa defluire in essa anche il volume utilizzato per il “flush before fill”e quindi otterremo valori di D/P per tali soluti inferiori a quelli reali mentre otterremo valori di D/D0 superiori.
In ambedue i casi si avrà una sottostima dei trasportatori appartenenti alle categorie più rapide (alte) e ciò può provocare la non corretta prescrizione del trattamento dialitico nei pazienti in DP.
La sovrastima della UF che si può avere in DP, dovuta al sovrariempimento delle sacche e alla manovra del “flush before fill”, può assumere dimensioni notevoli quando si valuta l’UF delle 24 ore in CAPD (McCafferty K et al [14] (full text)) mentre sembra essere meno importante in APD (Bernardini J et al [15] (full text)). Grazie alle formule per il calcolo del Kt/V e della clearance dialitica della creatinina, che utilizzano la rimozione totale di tali soluti e non la loro concentrazione nel liquido di drenaggio, non si hanno conseguenze anche quando il volume utilizzato per il lavaggio delle linee viene mescolato a quello drenato dalla cavità peritoneale alla fine dello scambio.
La sovrastima dell’UF, soprattutto in CAPD, può avere conseguenze cliniche importanti (ad esempio, con un sovrariempimento medio di 100 mL, per ogni sacca di CAPD e con un volume medio di 200 mL per ogni “flush before fill”, in un paziente in CAPD si può stimare una UF peritoneale di 1200 mL/die mentre in realtà è nulla. Non è escluso che tale “errore” possa avere contribuito alla ritenzione idro-salina (McCafferty K et al [14] (full text))tipica di molti pazienti in DP.
In conclusione, quando si effettua il PET è necessario: a) utilizzare un volume di 2000 mL b) misurare il volume reale della soluzione da infondere e ciò è facilmente ottenibile pesando la sacca e sottraendo a tale valore la tara (sacca vuota al termine dell’infusione); c) quantificare il volume usato per il “flush before fill”, sottrarre tale quantità al volume della soluzione da infondere ed eliminare questa quota di liquido senza miscelarla con il liquido drenato alla fine del test. Un modo semplice per fare ciò è di tagliare il set di scarico a livello della giunzione con la sacca di scarico, effettuare il drenaggio completo della sosta notturna in un contenitore, collegare il set di scarico ad una siringa da 50 ml, chiudere il set di collegamento al paziente, aprire il set di infusione, aspirare una quantità nota di liquido (ad esempio 30 mL), per lavare le linee, iniziare quindi l’infusione della soluzione per il PET.
4. Posizione del paziente durante l’infusione ed il drenaggio: posizione supina durante l’infusione e posizione seduta durante il drenaggio
Nella standardizzazione del PET classico il paziente drena il liquido della sosta notturna in posizione ortostatica per permettere il maggiore drenaggio possibile; in posizione eretta il liquido peritoneale tende a raccogliersi nel fondo della cavità pelvica dove dovrebbe essere posizionato l’estremo del catetere peritoneale e quindi ottenere le migliori condizioni per il drenaggio.
Durante l’infusione della soluzione usata per il PET, il paziente deve essere in posizione supina e ruotare da un fianco all’altro dopo ogni 400 mL di infusione (ogni 2 minuti), per meglio mescolare il volume residuo con la soluzione infusa. Non esistono lavori scientifici sulla necessità di far ruotare il paziente sui fianchi , tuttavia è consigliabile effettuare tale manovra, almeno prima del primo prelievo del dialisato.
Nella standardizzazione del PET classico, per effettuare i prelievi di dialisato, vengono drenati 200 ml di dialisato nella sacca di drenaggio, prelevati sterilmente 10 mL (per il laboratorio) e i rimanenti 190 mL reinfusi in cavità peritoneale. Dopo i prelievi di dialisato al paziente viene permesso di alzarsi e camminare liberamente; per fare ciò è necessario sconnettere e riconnettere più volte il paziente dal sistema di infusione-drenaggio peritoneale. Inoltre, tale modalità di prelievo del dialisato può esporre al rischio di peritoniti per la possibilità di contaminazione del liquido che poi viene reinfuso in cavità peritoneale.
Per evitare i problemi suddetti, è preferibile tagliare il set di scarico, alla giunzione con la sacca di scarico, e connetterlo con una siringa da 50 ml (che ha l’estremità a cono) che servirà per misurare accuratamente il volume del “flush before fill” e per effettuare i prelievi di dialisato (vedi dopo). In questo modo il paziente rimane connesso al sistema di infusione-drenaggio peritoneale e, quindi, rimane sdraiato o seduto per tutta la durata del test. Il dialisato della sosta notturna e quello del PET possono essere raccolti in due diversi contenitori e quantificati (con la pesatura o mediante cilindro graduato). Naturalmente ciò implica la presenza del paziente per tutto il tempo del PET nella sede scelta per la sua effettuazione ma evita le possibili interferenze dell’aumento della pressione intraddominale, dovuta alla posizione ortostatica e alla deambulazione, sui meccanismi di trasporto peritoneale e sulla genesi dell’UF peritoneale (Diaz-Buxo JA [16]).
In conclusione, è preferibile mantenere il paziente in posizione supina o seduta per tutta la durata del PET; è sconsigliabile effettuare multiple connessioni-sconnessioni e la manovra di reinfondere il dialisato, dopo averne prelevato un’aliquota dalla sacca di scarico, per il rischio di peritoniti; la sezione del set di scarico e la sua connessione con una siringa da 50 ml sembra la modalità migliore per effettuare i prelievi del dialisato.
Naturalmente se viene utilizzato il 3.86%-PET integrato con il Mini-PET o il PET-Unico che prevedono un drenaggio temporaneo è necessario effettuare la re-infusione del dialisato dopo averlo pesato. Tuttavia si consiglia di non effettuare il prelievo del campione del dialisato prima della re-infusione, anche se prelevato sterilmente, mentre è più sicuro lasciare una piccola aliquota del dialisato alla fine della re-infusione e prelevarlo, quindi, dopo avere completato la re-infusione.
5. Durata dell’infusione e del drenaggio: non più di 10 minuti l’infusione e non meno di 20 minuti il drenaggio
La cavità peritoneale deve essere svuotata completamente prima dell’effettuazione del PET; il drenaggio dovrebbe avvenire in posizione eretta o seduta e deve durare almeno 20 minuti.
La soluzione usata per il PET deve essere infusa il più rapidamente possibile, in genere non oltre 10 minuti. Infatti il tempo zero del test viene fatto coincidere con la fine dell’infusione della soluzione. Tuttavia, già durante l’infusione dei primi mL di soluzione iniziano gli scambi fra il sangue e la soluzione attraverso la membrana peritoneale. Un prolungamento del tempo di infusione porterebbe al prolungamento del tempo totale effettivo del PET con la possibilità che i D/P dei soluti siano maggiori ed il D/D0 risulti minore rispetto ai valori reali. Per lo stesso motivo il tempo di drenaggio, alla fine del test, dovrebbe essere il più rapido possibile ma allo stesso tempo permettere un completo svuotamento della cavità peritoneale e, sempre per standardizzare il PET, non dovrebbe durare meno di 20 minuti.
6. Tempistica dei prelievi dei campioni ematici e del dialisato: dipende dal test utilizzato
Nella standardizzazione del PET classico vengono effettuati i prelievi del dialisato al tempo 0 (subito dopo la fine dell’infusione della soluzione scelta per il PET), al tempo 120 minuti dall’inizio del PET e dopo il drenaggio completo della cavità peritoneale alla fine del test. In tutti i casi l’aliquota prelevata è di 10 mL e va tenuta in considerazione nel calcolo dell’UF peritoneale.
Abbiamo già visto che il PET classico prevede al tempo 0 e 120 minuti il drenaggio di circa 200 mL di dialisato, il prelievo del campione e la reinfusione della rimante quantità in cavità peritoneale. Come già detto prima, tale manovra è potenzialmente rischiosa per le peritoniti ed andrebbe evitata.
Una modalità più sicura, come detto prima, è quella di tagliare il set di scarico, alla confluenza con la sacca di scarico, e connetterlo ad una grossa siringa (50 ml) con l’estremità a cono. Con tale modalità è possibile: a) effettuare un prelievo (10 mL) del liquido della soluzione scelta per il PET (dopo avere aspirato e scartato 30 mL per il lavaggio delle linee); b) quantificare esattamente il volume utilizzato (ad esempio, 30 mL) per lavare le linee prima del carico (“flush before fill”); c) effettuare i prelievi del dialisato (10 mL ciascuno) al tempo 0, 60 (se previsto) e 120 minuti, preceduti, ogni volta, dall’aspirazione di 30 mL di dialisato necessari ad evitare di prelevare il dialisato dallo spazio morto delle linee (ndr: misurazione personale) La quantità di soluzione “fresca” usata per il lavaggio delle linee e per effettuare i dosaggi di laboratorio (30+10=40 mL) va aggiunta alla UF finale. La quantità di dialisato usata per evitare l’effetto spazio morto (30 mL per ogni prelievo) non và mescolata al liquido di drenaggio finale ma va scartata e conteggiata (aggiunta alla quantità di drenaggio) per il calcolo dell’UF finale; lo stesso vale per i campioni per il laboratorio (10 mL) per ogni prelievo, compreso il prelievo effettuato nello scarico finale. Tali quantità possono sembrare trascurabili mentre in realtà se si effettuano 3 prelievi sul dialisato (30+10+30+10+30+10) e 1 prelievo sullo scarico finale (10 mL) avremo ben 130 mL da aggiungere al volume drenato alla fine del test. Il campione del dialisato finale (tempo 240 minuti) deve essere prelevato dopo avere drenato completamente la cavità peritoneale.
In conclusione, è preferibile effettuare i prelievi del dialisato mediante una grossa siringa connessa al set di scarico.
Nel PET classico (Twardowski ZJ, Nolph KD, Khanna R et al. Peritoneal equilibration test. Perit Dial Bull 1987; 7:138-147) per il calcolo del D/D0 viene utilizzata la concentrazione di glucosio nel dialisato prelevato al tempo 0 e non la concentrazione di glucosio nella soluzione “fresca”. Ciò al fine di evitare l’influenza dell’eventuale volume residuo presente in cavità peritoneale anche dopo il drenaggio completo dello scambio precedente; tuttavia già durante i primi istanti dell’infusione cominciano a verificarsi gli scambi diffusivi fra sangue e dialisato attraverso la membrana peritoneale e, sicuramente, una parte del volume residuo quantificato con la metodologia classica (Twardowski ZJ, Nolph KD, Khanna R et al. Peritoneal equilibration test. Perit Dial Bull 1987; 7:138-147) non è altro che il risultato di tale trasporto di soluti. Per tale motivo, sarebbe meglio utilizzare la concentrazione di glucosio misurata nella soluzione “fresca” da infondere.
Nel test classico venivano effettuati due prelievi ematici, il primo alla fine del drenaggio della sosta notturna, immediatamente prima di infondere la soluzione scelta per il PET, ed il secondo alla fine del PET subito dopo il drenaggio, e veniva utilizzata la loro media per il calcolo dei D/P (Twardowski ZJ, Nolph KD, Khanna R et al. Peritoneal equilibration test. Perit Dial Bull 1987; 7:138-147). Successivamente si è semplificato il test (Twardowski ZJ. The fast peritoneal equilibration test. Semin Dial 1990; 3:141-142) effettuando un solo prelievo (solo prelievo [17]) ematico a metà del PET (tempo 120 minuti [18] (full text)). Essendo la dialisi peritoneale un trattamento continuo, difficilmente durante lo svolgimento del PET si avranno delle variazioni significative delle concentrazioni plasmatiche dei soluti di interesse (creatinina, urea, sodio, etc.), a parte il glucosio, in alcuni pazienti, quando si usano soluzioni molto ipertoniche. Oltretutto, effettuando un solo prelievo si evitano i possibili errori, fra una determinazione e l’altra, dovuti al coefficiente di variazione della metodica di misurazione scelta. Quindi è possibile effettuare il prelievo ematico in qualsiasi momento del PET anche se è preferibile standardizzarlo, per esempio eseguendolo a metà del test ( tempo 120’).
In conclusione, nel PET classico l’effettuazione di un solo prelievo ematico sembra essere la modalità più semplice ed anche idonea.
Nel 3.86%-PET i prelievi della soluzione fresca impiegata per il test e del dialisato devono essere effettuati con le modalità suddette: taglio della linea di scarico e collegamento ad una siringa da 50 ml e vanno effettuati sulla soluzione fresca, sul dialisato dopo 60 minuti (per il calcolo del sieving del Na) e alla fine del PET (240 minuti). Il prelievo ematico va effettuato dopo 60 minuti dall’inizio del test. Nel 3.86%-PET la procedura è identica a quella del PET classico se si eccettua il prelievo di dialisato a 60’ per il calcolo del sieving del Na.
Per quanto riguarda i prelievi degli altri test si rimanda alle istruzioni per l’effettuazione del singolo test.
Sia i campioni della soluzione da infondere, del dialisato ed ematici andrebbero analizzati subito, altrimenti è preferibile congelarli.
7. Metodi di laboratorio:
a. Utilizzare un fattore di correzione per il dosaggio della creatinina nel liquido di dialisi e nel dialisato per l’interferenza del glucosio se non si utilizza un metodo enzimatico
E’ ben nota l’interferenza di elevate concentrazioni di glucosio nei confronti di alcuni metodi di dosaggio delle concentrazioni di creatinina [19] (full text); per tale motivo si rende necessario utilizzare un fattore di correzione (FC) da calcolare per ogni singolo laboratorio. Tale fattore di correzione è ricavabile dalla relazione esistente fra le concentrazioni di creatinina, determinate con metodo non enzimatico, e concentrazioni crescenti di glucosio fino alle concentrazioni presenti nelle sacche delle soluzioni per dialisi peritoneale (Twardowski ZJ, Nolph KD, Khanna R et al. Peritoneal equilibration test. Perit Dial Bull 1987; 7:138-147). Tale fattore di correzione può essere ricavato dalla curva di regressione lineare che si ottiene dalle concentrazioni di creatinina misurate in soluzioni contenenti differenti concentrazioni di glucosio [20] (full text), simili a quelle utilizzate in dialisi peritoneale. Un metodo più semplice è quello di dosare la concentrazione di creatinina (anche se sicuramente assente) nelle sacche fresche per dialisi peritoneale a differenti concentrazioni di glucosio (1.36%, 2.27% e 3.86%), possibilmente 2 o più determinazioni per singola sacca, dividere la concentrazione di creatinina per la concentrazione di glucosio, (i.e. FC= 1.15:1360=0.000846) ed utilizzare il valore medio come fattore di correzione cioè sottraendo al valore di creatinina dosato nel dialisato (i.e. 4.2 mg/dL) il valore di glucosio (i.e. 620 mg/dL) moltiplicato per il FC= 4.2 – 620 x 0.000846= 4.2 mg/dL – 0.525= 3.675 mg/dL (concentrazione di creatinina corretta per l’interferenza del glucosio) (vedi calcolatore relativo [21]). E’ proprio alle elevate concentrazioni di glucosio tipiche dei campioni del PET che diventa rilevante applicare la correzione del dosaggio della creatinina nei fluidi dialitici per la rilevazione aspecifica del cromogeno glucosio con la reazione di Jaffè. In associazione a questa ultima considerazione diventa quindi importante il corretto dosaggio del glucosio nei liquidi utilizzando le opportune diluizioni. La correzione della sovrastima della creatinina e della sottostima del glucosio sono legate assieme per il calcolo del D/P.
La concentrazione plasmatica della creatinina (e di altri soluti) andrebbe anche corretta per l’acqua plasmatica [22] prima di calcolare il D/P, e ciò serve ad evitare di ottenere valori di D/P di alcuni soluti, come l’urea in determinate situazioni, superiori all’unità che rappresenta naturalmente un errore .
b. Effettuare delle adeguate diluizioni per il corretto dosaggio della concentrazione di glucosio nel dialisato quando superiore a 800 mg/dL
La maggior parte degli strumenti di laboratorio leggono correttamente la concentrazione di glucosio fino a valori di circa 800 mg/dL. E’ necessario quindi effettuare delle diluizioni dei campioni del dialisato e, soprattutto, delle soluzioni fresche utilizzate per il PET.
E’ necessario quindi informare i Tecnici del proprio laboratorio sulla necessità di effettuare tali diluizioni.
c. Utilizzare la fotometria a fiamma o la potenziometria indiretta per il dosaggio della concentrazione di sodio nel dialisato
Per il calcolo del sieving del Na [23] (full text) a 60 minuti di un 3.86%-PET va evitato l’utilizzo della potenziometria diretta mentre può essere utilizzata la potenziometria indiretta (che è impiegata nella maggior parte dei laboratori) che da risultati paragonabili a quelli della fotometria a fiamma che rappresenta il metodo migliore per il dosaggio del sodio soprattutto nel liquido di infusione e nel dialisato.
Modalità di esecuzione del Mini-PET (test di equilibrazione peritoneale della durata di 1 ora con soluzione di glucosio al 3.86%)
1. E’ necessario che il paziente arrivi al test con la cavità addominale piena (nei pazienti in CAPD effettuare il solito scambio notturno di 8 ore; nei pazienti in APD, se non fosse possibile effettuare uno scambio notturno di 8 ore, far terminare il programma notturno con un riempimento addominale oppure se fosse inevitabile terminare ad addome vuoto non far durare tale periodo per oltre 45 minuti; nei pazienti con altri schemi dialitici peritoneali, effettuare lo scambio notturno come per i pazienti in CAPD)
2. Non utilizzare l’icodestrina per lo scambio notturno precedente il PET ma una soluzione contenente glucosio al 1.36% (meglio) o al 2.27% anche nei pazienti che utilizzano cronicamente l’icodestrina per lo scambio notturno (pazienti in CAPD). I pazienti che utilizzano l’icodestrina per la sosta lunga diurna (pazienti in APD) possono continuare ad usarla anche il giorno precedente
3. Utilizzare per il test una soluzione di glucosio al 3.86%
I. Pesare la sacca e le linee prima di iniziare il test e ripetere la pesatura della sacca vuota e delle linee alla fine del test per calcolare il volume infuso
II. Utilizzare per il test un volume di 2000 mL (o un valore molto prossimo ad esso)
4. Connettere la sacca al set di raccordo con il catetere peritoneale del paziente
I. Tagliare il set di scarico in prossimità della sacca di scarico e connetterlo ad una grossa siringa (50 mL con estremità a cono)
II. Aspirare 30 mL dalla sacca con soluzione “fresca” (10 mL da inviare al laboratorio per le determinazioni sulla soluzione “fresca” = Prelievo Soluzione “fresca”)
III. Sconnettere la siringa dalla linea di scarico
5. Con il paziente in posizione eretta (o seduta) effettuare il drenaggio del dialisato della sosta precedente il PET raccogliendolo in un recipiente
I. Il drenaggio del dialisato precedente il PET deve essere il più completo possibile e deve durare almeno 20 minuti
II. Quantificare il volume del dialisato drenato con un cilindro graduato o con la pesatura (al netto della tara) del recipiente di raccolta
III. Prelevare 10 mL del dialisato (= Prelievo Dialisato Notturno) da inviare in laboratorio
6. Effettuare il “flush before fill” sempre con l’ausilio della siringa aspirando una quantità nota di soluzione “fresca” (30 mL)
7. Con il paziente in posizione supina infondere in cavità peritoneale la soluzione con glucosio al 3.86% in 10 minuti
I. Ad ogni infusione di 400 mL della soluzione, far ruotare il paziente, da un fianco all’altro
8. La fine dell’infusione viene considerata il tempo 0 del PET già detto
9. Dopo 60 minuti dall’inizio del test effettuare il prelievo ematico da inviare in Laboratorio (= Prelievo Ematico) e con il paziente in posizione eretta, dopo avere sconnesso la siringa dal set di scarico, effettuare il drenaggio del dialisato in un recipiente
I. Il tempo di drenaggio dovrebbe essere di 20 minuti
II. Quantificare il volume del dialisato drenato con un cilindro graduato o con la pesatura (al netto della tara) del recipiente di raccolta
III. Prelevare 10 mL del dialisato (= Prelievo Dialisato 60’) da inviare in laboratorio
10. Sconnettere il paziente dalle linee ed effettuare se necessario l’infusione di una nuova soluzione per DP in base allo schema dialitico del paziente
N.B.: Per il calcolo dell’UF del PET: al peso della soluzione “fresca” va sottratta la quantità utilizzata per il lavaggio delle linee e per prelievo del campione da analizzare (30 mL) ed il volume (30 mL) usato per il “flush before fill”.
E’ consigliabile pesare il paziente, misurare la pressione arteriosa e la frequenza cardiaca prima e dopo il PET.
Modalità di esecuzione del Doppio Mini-PET
Modalità di esecuzione del Doppio Mini-PET (due PET consecutivi della durata ciascuno di 1 ora il primo effettuato con soluzione di glucosio al 1.36% ed il secondo con soluzione di glucosio al 3.86%)
1. È necessario che il paziente arrivi al test con la cavità addominale piena (nei pazienti in CAPD effettuare il solito scambio notturno di 8 ore; nei pazienti in APD, se non fosse possibile effettuare uno scambio notturno di 8 ore, far terminare il programma notturno con un riempimento addominale oppure se fosse inevitabile terminare ad addome vuoto non far durare tale periodo per oltre 45 minuti; nei pazienti con altri schemi dialitici peritoneali, effettuare lo scambio notturno come per i pazienti in CAPD)
2. Non utilizzare l’icodestrina per lo scambio notturno precedente il PET ma una soluzione contenente glucosio al 1.36% (meglio) o al 2.27% anche nei pazienti che utilizzano cronicamente l’icodestrina per lo scambio notturno (pazienti in CAPD). I pazienti che utilizzano l’icodestrina per la sosta lunga diurna (pazienti in APD) possono continuare ad usarla anche il giorno precedente
3. Utilizzare per il primo test una soluzione di glucosio al 1.36%
I. Pesare la sacca e le linee prima di iniziare il test e ripetere la pesatura della sacca vuota e delle linee alla fine del test per calcolare il volume infuso
II. Utilizzare per il test un volume di 2000 mL (o un valore molto prossimo ad esso)
4. Connettere la sacca al set di raccordo con il catetere peritoneale del paziente
I. Tagliare il set di scarico in prossimità della sacca di scarico e connetterlo ad una grossa siringa (50 mL con estremità a cono)
II. Aspirare 30 mL dalla sacca con soluzione “fresca” (10 mL da inviare al laboratorio per le determinazioni sulla soluzione “fresca” = Prelievo Soluzione “fresca” 1.36%)
III. Sconnettere la siringa dalla linea di scarico
5. Con il paziente in posizione eretta o seduta effettuare il drenaggio del dialisato della sosta precedente il PET raccogliendolo in un recipiente
I. Il drenaggio del dialisato precedente il PET deve essere il più completo possibile e deve durare almeno 20 minuti
II. Quantificare il volume del dialisato drenato con un cilindro graduato o con la pesatura (al netto della tara) del recipiente di raccolta
III. Prelevare 10 mL del dialisato (= Prelievo Dialisato Notturno) da inviare in laboratorio
6. Effettuare il “flush before fill” sempre con l’ausilio della siringa aspirando una quantità nota di soluzione “fresca” (30 mL)
7. Con il paziente in posizione supina infondere in cavità peritoneale la soluzione con glucosio al 1.36% in 10 minuti
I. Ad ogni infusione di 400 mL della soluzione, far ruotare il paziente, da un fianco all’altro
8. La fine dell’infusione viene considerata il tempo 0 del PET
9. Dopo 60 minuti dall’inizio del test e con il paziente in posizione eretta, dopo avere sconnesso la siringa dal set di scarico, effettuare il drenaggio del dialisato in un recipiente
I. Il tempo di drenaggio dovrebbe essere di 20 minuti
II. Quantificare il volume del dialisato drenato con un cilindro graduato o con la pesatura (al netto della tara) del recipiente di raccolta
III. Prelevare 10 mL del dialisato (= Prelievo Dialisato 1.36% a60’) da inviare in laboratorio
10. Utilizzare per il secondo test una soluzione di glucosio al 3.86%
I. Pesare la sacca e le linee prima di iniziare il test e ripetere la pesatura della sacca vuota e delle linee alla fine del test per calcolare il volume infuso
II. Utilizzare per il test un volume di 2000 mL (o un valore molto prossimo ad esso)
11. Sconnettere il paziente dalle linee del primo test
12. Connettere la sacca 3.86% al set di raccordo con il catetere peritoneale del paziente
I. Tagliare il set di scarico in prossimità della sacca di scarico e connetterlo ad una grossa siringa (50 mL con estremità a cono)
II. Aspirare 30 mL dalla sacca con soluzione “fresca” (10 mL da inviare al laboratorio per le determinazioni sulla soluzione “fresca” = Prelievo Soluzione “fresca” 3.86%)
III. Sconnettere la siringa dalla linea di scarico
13. Con il paziente in posizione eretta o seduta effettuare il drenaggio del dialisato della sosta precedente il PET raccogliendolo in un recipiente
I. Il drenaggio del dialisato precedente il PET deve essere il più completo possibile e deve durare almeno 20 minuti
14. Effettuare il “flush before fill” sempre con l’ausilio della siringa aspirando una quantità nota di soluzione “fresca” (30 mL)
15. Con il paziente in posizione supina infondere in cavità peritoneale la soluzione con glucosio al 3.86% in 10 minuti
I. Ad ogni infusione di 400 mL della soluzione, far ruotare il paziente, da un fianco all’altro
16. La fine dell’infusione viene considerata il tempo 0 del PET
17. Dopo 60 minuti dall’inizio del secondo test effettuare il prelievo ematico da inviare in Laboratorio (= Prelievo Ematico) e con il paziente in posizione eretta o seduta, dopo avere sconnesso la siringa dal set di scarico, effettuare il drenaggio del dialisato in un recipiente
I. Il tempo di drenaggio dovrebbe essere di 20 minuti
II. Quantificare il volume del dialisato drenato con un cilindro graduato o con la pesatura (al netto della tara) del recipiente di raccolta
III. Prelevare 10 mL del dialisato (= Prelievo Dialisato 3.86% a60’) da inviare in laboratorio
18. Sconnettere il paziente dalle linee ed effettuare se necessario l’infusione di una nuova soluzione per DP in base allo schema dialitico del paziente
N.B.: Per il calcolo dell’UF del PET: al peso della soluzione “fresca” va sottratta la quantità utilizzata per il lavaggio delle linee e per prelievo del campione da analizzare (30 mL) ed il volume (30 mL) usato per il “flush before fill”.
E’ consigliabile pesare il paziente, misurare la pressione arteriosa e la frequenza cardiaca prima e dopo il PET.
Modalità di esecuzione del PET-Unico
Modalità di esecuzione del PET-Unico (3.86%-PET integrato con il Doppio Mini-PET)
1. È necessario che il paziente arrivi al test con la cavità addominale piena (nei pazienti in CAPD effettuare il solito scambio notturno di 8 ore; nei pazienti in APD, se non fosse possibile effettuare uno scambio notturno di 8 ore, far terminare il programma notturno con un riempimento addominale oppure se fosse inevitabile terminare ad addome vuoto non far durare tale periodo per oltre 45 minuti; nei pazienti con altri schemi dialitici peritoneali, effettuare lo scambio notturno come per i pazienti in CAPD)
2. Non utilizzare l’icodestrina per lo scambio notturno precedente il PET ma una soluzione contenente glucosio al 1.36% (meglio) o al 2.27% anche nei pazienti che utilizzano cronicamente l’icodestrina per lo scambio notturno (pazienti in CAPD). I pazienti che utilizzano l’icodestrina per la sosta lunga diurna (pazienti in APD) possono continuare ad usarla anche il giorno precedente
3. Connettere una sacca di scarico al set di raccordo con il catetere peritoneale del paziente
4. Con il paziente in posizione eretta (o seduta) effettuare il drenaggio del dialisato della sosta precedente il PET raccogliendolo in un recipiente
I. Il drenaggio del dialisato precedente il PET deve essere il più completo possibile e deve durare almeno 20 minuti
II. Quantificare il volume del dialisato drenato con un cilindro graduato o con la pesatura (al netto della tara) del recipiente di raccolta
III. Prelevare 10 mL del dialisato (= Prelievo Dialisato Notturno) da inviare in laboratorio
5. Utilizzare per il primo test una soluzione di glucosio al 1.36%
I. Pesare la sacca e le linee prima di iniziare il test e ripetere la pesatura della sacca vuota e delle linee alla fine del test per calcolare il volume infuso
II. Utilizzare per il test un volume di 2000 mL (o un valore molto prossimo ad esso)
6. Connettere la sacca 1.36% al set di raccordo con il catetere peritoneale del paziente
7. Effettuare il “flush before fill” (fare in modo che si lavi soltanto il set fino alla sacca di scarico)
8. Con il paziente in posizione supina infondere in cavità peritoneale la soluzione con glucosio al 1.36% in 10 minuti
I. Ad ogni infusione di 400 mL della soluzione, far ruotare il paziente, da un fianco all’altro
II. Lasciare nella sacca una piccola aliquota di soluzione
III. A fine infusione, dopo avere clampato la linea di carico, aspirare l’aliquota dalla sacca con soluzione “fresca”, quantificarla e prelevarne un campione (10 mL da inviare al laboratorio per le determinazioni sulla soluzione “fresca” = Prelievo Soluzione “fresca” 1.36%)
9. La fine dell’infusione viene considerata il tempo 0 del primo PET
10. Dopo 60 minuti dall’inizio del test e con il paziente in posizione eretta effettuare il drenaggio del dialisato nella sacca di scarico
I. l tempo di drenaggio dovrebbe essere di 20 minuti
II. Quantificare il volume del dialisato drenato con un cilindro graduato o con la pesatura (al netto della tara) della sacca di raccolta
III. Prelevare 10 mL del dialisato (= Prelievo Dialisato 1.36% a 60’) da inviare in laboratorio
11. Utilizzare per il secondo test una soluzione di glucosio al 3.86%
I. Pesare la sacca e le linee prima di iniziare il test e ripetere la pesatura della sacca vuota e delle linee alla fine del test per calcolare il volume infuso
II. Utilizzare per il test un volume di 2000 mL (o un valore molto prossimo ad esso)
12. Sconnettere il paziente dalle linee del primo test
13. Connettere la sacca 3.86% al set di raccordo con il catetere peritoneale del paziente
14. Aprire la linea di carico per il riempimento delle linee fino alla sacca di scarico
15. Con il paziente in posizione supina infondere in cavità peritoneale la soluzione con glucosio al 3.86% in 10 minuti
I. Ad ogni infusione di 400 mL della soluzione, far ruotare il paziente, da un fianco all’altro
II. Lasciare nella sacca una piccola aliquota di soluzione
III. A fine infusione, dopo avere clampato la linea di carico, aspirare l’aliquota dalla sacca con soluzione “fresca” , quantificarla e prelevarne un campione (10 mL da inviare al laboratorio per le determinazioni sulla soluzione “fresca” = Prelievo Soluzione “fresca” 3.86%)
16. La fine dell’infusione viene considerata il tempo 0 del secondo PET
17. Dopo 60 minuti dall’inizio del secondo test effettuare il prelievo ematico da inviare in Laboratorio (= Prelievo Ematico) e con il paziente in posizione eretta o seduta effettuare il drenaggio del dialisato nella sacca di scarico (drenaggio temporaneo)
I. Il tempo di drenaggio dovrebbe essere di 20 minuti
II. Quantificare il volume del dialisato drenato con la pesatura (al netto della tara) della sacca di raccolta
III. Accertarsi che la sacca di scarico contenente il drenaggio temporaneo sia integra
IV. Reinfondere il drenaggio temporaneo in cavità peritoneale in circa 10 minuti
V. Lasciare nella sacca una piccola aliquota di soluzione
VI. A fine infusione, dopo avere clampato la linea di scarico/carico, aspirare l’aliquota dalla sacca del drenaggio temporaneo, quantificarla e prelevarne un campione di 10 mL del dialisato (= Prelievo Dialisato 3.86% a 60’) da inviare in laboratorio
18. La fine dell’infusione viene considerata il tempo 60’ del secondo PET o il tempo 120’ dell’intero test
19. Dopo 3 ore dalla fine dell’infusione del drenaggio temporaneo con il paziente in posizione eretta o seduta effettuare il drenaggio del dialisato nella sacca di scarico
I. Il tempo di drenaggio dovrebbe essere di 20 minuti
II. Quantificare il volume del dialisato drenato con un cilindro graduato o con la pesatura (al netto della tara) della sacca di raccolta
III. Prelevare 10 mL del dialisato (= Prelievo Dialisato 3.86% a 240’) da inviare in laboratorio
20. Sconnettere il paziente dalle linee ed effettuare se necessario l’infusione di una nuova soluzione per DP in base allo schema dialitico del paziente
N.B.: Per il calcolo dell’UF del PET: al peso della soluzione “fresca” va sottratta la quantità utilizzata per il lavaggio delle linee e per prelievo del campione da analizzare ed il volume (circa 30 mL) usato per il “flush before fill”.
E’ consigliabile pesare il paziente, misurare la pressione arteriosa e la frequenza cardiaca prima e dopo il PET.
Modalità di esecuzione del PET integrato con il Mini-PET
Modalità di esecuzione del PET integrato con il Mini-PET (3.86%-PET integrato con il Mini-PET)
Le modalità di esecuzione di tale test sono identiche al PET-Unico omettendo di farlo precedere da una sosta di 1 ora con soluzione di glucosio al 1.36%.
Interpretazione dei test
Interpretazione del 3.86%-PET
3.86%-PET
Come si può vedere dal 3° foglio del file in Excel utilizzato come calcolatore (Vedi Documenti allegati e per l’utilizzo Calcoli e calcolatori), possiamo valutare come prima cosa i volumi di drenaggio e quindi l’UF. Se si è utilizzata una sosta notturna di 8 ore, con soluzione al 1.36%, precedente il PET, si può valutare se il paziente avrà una UF marcatamente negativa con tale sosta lunga: ciò ci fa già sospettare che il paziente possa essere un rapido (alto) trasportatore o un rapido riassorbitore di liquidi. In ambedue i casi, in tale paziente andrebbero proscritti i tempi di sosta lunghi soprattutto con soluzione non molto ipertonica (1.36%) mentre sarebbe opportuno trattare il paziente con l’APD e, se necessario, con l’icodestrina per la sosta lunga.
L’UF alla fine del PET (240 minuti) ci indica se il paziente ha un deficit di UF: in tal caso l’UF è < 400 ml; anche tale parametro ci può far sospettare, in caso di valori di UF inferiori a tale valore che il paziente possa essere un rapido (alto) trasportatore o un rapido riassorbitore nonostante una soluzione molto più ipertonica rispetto a quella notturna.
Tale valore di UF ha un coefficiente di variazione nettamente inferiore rispetto ai valori di UF ottenuti con il 2.27%-PET e permette una classificazione più corretta dei pazienti con ridotta o perdita della capacità di UF.
Con tale test è possibile analizzare il sieving del Na (Heimburger O et al [1] (full text))calcolato come ΔNa nel dialisato a 60 minuti e a 240 minuti.
Il valore del ΔNa a 60 minuti è particolarmente utile in quanto è espressione indiretta del trasporto di acqua libera. Un valore di ΔNa ≥ 5 mmol/L indica un buon trasporto di acqua libera e se il ΔNa > 10 mmol/L in genere il trasporto di acqua libera è molto elevato.
In genere i pazienti con valori di ΔNa ≥ 5 mmol/L non hanno una perdita della capacità di UF. Inoltre il ΔNa esprime un buon funzionamento della membrana peritoneale e la sua riduzione in un paziente, soprattutto se in dialisi peritoneale da lungo tempo, può indicare un danno severo della membrana peritoneale e potrebbe rappresentare l’indicazione al passaggio all’emodialisi.
Infine, il ΔNa è utile in quei pazienti in cui si sospetta un elevato riassorbimento peritoneale dei fluidi: in tali pazienti il ΔNa è elevato (in genere > 5 mmol/L), espressione indiretta di formazione di una parte dell’UF precoce mentre l’UF dopo 240 minuti del test può risultare < a 400 mL (in tale situazione, comunque, vanno esclusi gli errori di quantificazione dell’UF per problemi di quantificazione o di malfunzionamento del catetere peritoneale).
Nei pazienti con deficit di UF (< 400 mL) e con ΔNa < 5 mmol/L è inutile cercare di ottenere una maggiore UF aumentando la concentrazione di glucosio nelle soluzioni per dialisi peritoneale in quanto vi è sia un deficit di trasporto di acqua libera che di UF totale; in pratica la membrana peritoneale non risponde più in modo ottimale al gradiente osmotico dato dal glucosio. In tali casi è necessario utilizzare l’icodestrina per aumentare l’UF.
L’analisi del D/PCreat ci permette di classificare i pazienti nelle classi di trasportatori alla fine del test.
Come detto prima, un valore di D/PCreat > 0.80 indica un rapido (alto) trasportatore con una prognosi peggiore se il paziente viene trattato con la CAPD invece che con l’APD e con l’icodestrina, se necessaria; naturalmente anche i pazienti con valori non superiori a 0.80 ma vicini ad esso possono avvantaggiarsi del trattamento con l’APD.
D’altra parte un valore di D/PCreat < 0.60 indica un lento (basso) trasportatore con una prognosi peggiore se il paziente viene trattato con l’APD invece che con la CAPD (a volte è necessario usare volumi superiori a 2000 ml nel singolo scambio).
Tali indicazioni sono imperative in presenza di una funzione renale residua molto ridotta o assente.
Guida all’interpretazione dei test funzionali della membrana peritoneale
A. 2.27%-PET classico
Come si può vedere dal 1° foglio del file in Excel utilizzato come calcolatore (Vedi Documenti Allegati e per l’utilizzo Calcoli e calcolatori) possiamo valutare come prima cosa i volumi di drenaggio e quindi l’UF. Se si è utilizzata una sosta notturna di 8 ore, con soluzione al 1.36%, precedente il PET si può valutare se il paziente avrà una UF marcatamente negativa con tale sosta lunga: ciò ci fa già sospettare che il paziente possa essere un rapido (alto) trasportatore o un rapido riassorbitore di liquidi. In ambedue i casi, in tale paziente andrebbero proscritti i tempi di sosta lunghi soprattutto con soluzione non molto ipertonica (1.36%) mentre sarebbe opportuno trattare il paziente con l’APD e, se necessario, con l’icodestrina per la sosta lunga.
L’UF alla fine del PET (240 minuti) ci indica se il paziente ha un deficit di UF: in tal caso l’UF è < 100 ml; anche tale parametro ci può far sospettare, in caso di valori di UF inferiori a tale valore che il paziente possa essere un rapido (alto) trasportatore o un rapido riassorbitore nonostante una soluzione più ipertonica rispetto a quella notturna.
Tuttavia, come detto prima, tale valore di UF ha un elevato coefficiente di variazione ed espone al rischio di falsi negativi e falsi positivi.
Con tale test è possibile determinare il volume residuo cioè il volume di liquido che non viene completamente drenato alla fine di un drenaggio completo. E’ stato calcolato che tale volume residuo, normalmente, è circa 200-250 mL (Imholz AL et al [1]).
Il valore del volume residuo può confermare un malfunzionamento del catetere peritoneale (in tal caso il volume residuo sarà molto più elevato rispetto ai valori normali); tuttavia il malfunzionamento del catetere è facilmente evidenziabile con una semplice Rx dell’addome (quando è dovuto ad una dislocazione del catetere).
Bisogna tenere conto, tuttavia, che il calcolo del volume residuo è influenzato dai tempi di infusione e drenaggio (durante i quali avvengono già, e rapidamente, gli scambi di soluti fra plasma e dialisato) che possono indurre una sovrastimare del calcolo: se l’infusione ed il prelievo del campione di dialisato, alla fine dell’infusione, fossero istantanei avremmo il reale valore del volume residuo.
L’analisi dei D/P dei vari soluti (soprattutto D/PCreat e D/PUrea) e del Dt/D0 ci permette di classificare i pazienti nelle classi di trasportatori e tracciare le classiche curve dei trasportatori (Twardowski ZJ, Nolph KD, Khanna R et al. Peritoneal equilibration test. Perit Dial Bull 1987; 7:138-147).
Come detto prima, un valore di D/PCreat > 0.80, a 240 minuti del test, indica un rapido (alto) trasportatore con una prognosi peggiore se il paziente viene trattato con la CAPD invece che con l’APD e con l’icodestrina, se necessaria; naturalmente anche i pazienti con valori non superiori a 0.80 ma vicini ad esso possono avvantaggiarsi del trattamento con l’APD.
D’altra parte un valore di D/PCreat < 0.60, a 240 minuti del test, indica un lento (basso) trasportatore con una prognosi peggiore se il paziente viene trattato con l’APD invece che con la CAPD (a volte è necessario usare volumi superiori a 2000 ml nel singolo scambio).
Tali indicazioni sono imperative in presenza di una funzione renale residua molto ridotta o assente.
B. 2.27%-PET Fast
Come si può vedere dal 2° foglio del file in Excel utilizzato come calcolatore (Vedi Documenti Allegati) possiamo valutare come prima cosa i volumi di drenaggio e quindi l’UF. Se si è utilizzata una sosta notturna di 8 ore, con soluzione al 1.36%, precedente il PET si può valutare se il paziente avrà una UF marcatamente negativa con tale sosta lunga: ciò ci fa già sospettare che il paziente possa essere un rapido (alto) trasportatore o un rapido riassorbitore di liquidi. In ambedue i casi, in tale paziente andrebbero proscritti i tempi di sosta lunghi soprattutto con soluzione non molto ipertonica (1.36%) mentre sarebbe opportuno trattare il paziente con l’APD e, se necessario, con l’icodestrina per la sosta lunga.
L’UF alla fine del PET (240 minuti) ci indica se il paziente ha un deficit di UF: in tal caso l’UF è < 100 ml; anche tale parametro ci può far sospettare, in caso di valori di UF inferiori a tale valore che il paziente possa essere un rapido (alto) trasportatore o un rapido riassorbitore nonostante una soluzione più ipertonica rispetto a quella notturna.
Tuttavia, come detto prima, tale valore di UF ha un elevato coefficiente di variazione ed espone al rischio di falsi negativi e falsi positivi.
L’analisi dei D/P dei vari soluti (soprattutto D/PCreat e D/PUrea) e del Dt/D0 ci permette di classificare i pazienti nelle classi di trasportatori (Twardowski ZJ, Nolph KD, Khanna R et al. Peritoneal equilibration test. Perit Dial Bull 1987; 7:138-147) alla fine del test.
Come detto prima, un valore di D/PCreat > 0.80 indica un rapido (alto) trasportatore con una prognosi peggiore se il paziente viene trattato con la CAPD invece che con l’APD e con l’icodestrina, se necessaria; naturalmente anche i pazienti con valori non superiori a 0.80 ma vicini ad esso possono avvantaggiarsi del trattamento con l’APD.
D’altra parte un valore di D/PCreat < 0.60 indica un lento (basso) trasportatore con una prognosi peggiore se il paziente viene trattato con l’APD invece che con la CAPD (a volte è necessario usare volumi superiori a 2000 ml nel singolo scambio).
Tali indicazioni sono imperative in presenza di una funzione renale residua molto ridotta o assente.
Come si può vedere dal 4° foglio del file in Excel utilizzato come calcolatore (Vedi Documenti allegati e per l’utilizzo Calcoli e calcolatori), possiamo valutare come prima cosa i volumi di drenaggio e quindi l’UF. Se si è utilizzata una sosta notturna di 8 ore, con soluzione al 1.36%, precedente il PET, si può valutare se il paziente avrà una UF marcatamente negativa con tale sosta lunga: ciò ci fa già sospettare che il paziente possa essere un rapido (alto) trasportatore o un rapido riassorbitore di liquidi. In ambedue i casi, in tale paziente andrebbero proscritti i tempi di sosta lunghi soprattutto con soluzione non molto ipertonica (1.36%) mentre sarebbe opportuno trattare il paziente con l’APD e, se necessario, con l’icodestrina per la sosta lunga.
L’UF alla fine del Mini-PET (60 minuti) non ci da indicazioni chiare sulla presenza o meno di un deficit di UF (non ci sono studi pubblicati in merito); tuttavia in presenza di UF ridotta (< 100-200 mL) dopo 60 minuti con una soluzione fortemente ipertonica (3.86%) è probabile che il paziente abbia un grave deficit di UF ed è probabile che tale deficit di UF venga confermato con l’UF ottenuta con un 3.86%-PET. In ogni caso un paziente di questo tipo non avrà dell’UF valide con le soluzioni contenenti glucosio anche se si utilizzano soste brevi (APD) ed è necessario ricorrere all’icodestrina per aumentare l’UF.
Con tale test è possibile analizzare il sieving del Na (Heimburger O et al [1] (full text))calcolato come ΔNa nel dialisato a 60 minuti.
Il valore del ΔNa a 60 minuti è particolarmente utile in quanto è espressione indiretta del trasporto di acqua libera. Un valore di ΔNa ≥ 5 mmol/L indica un buon trasporto di acqua libera e se il ΔNa > 10 mmol/L in genere il trasporto di acqua libera è molto elevato.
In genere i pazienti con valori di ΔNa ≥ 5 mmol/L non hanno una perdita della capacità di UF. Inoltre il ΔNa esprime un buon funzionamento della membrana peritoneale e la sua riduzione in un paziente, soprattutto se in dialisi peritoneale da lungo tempo, può indicare un danno severo della membrana peritoneale e potrebbe rappresentare l’indicazione al passaggio all’emodialisi.
Nei pazienti e con ΔNa < 5 mmol/L (e con un deficit di UF) non è utile cercare di ottenere una maggiore UF aumentando la concentrazione di glucosio nelle soluzioni per dialisi peritoneale in quanto vi è sia un deficit di trasporto di acqua libera che di UF totale; in pratica la membrana peritoneale non risponde più in modo ottimale al gradiente osmotico dato dal glucosio. In tali casi è necessario utilizzare l’icodestrina per aumentare l’UF.
Con il Mini-PET è possibile quantificare l’UF attraverso i piccoli pori ed il trasporto di acqua libera.
Il trasporto di acqua libera esprime il buon funzionamento o meno dei canali dell’aquaporina-1; in presenza di un deficit di trasporto di acqua libera (< 100 mL) si può sospettare un grave danno della membrana peritoneale e l’indicazione al passaggio in emodialisi se sono presenti altre indicazioni. In ogni caso il deficit di trasporto di acqua libera in concomitanza di un deficit di ultrafiltrazione indica che il trattamento con soluzioni più ipertoniche di glucosio può non essere sufficiente ad ottenere maggiori ultrafiltrazioni mentre si può fare un tentativo con l’icodestrina.
Come si può vedere dal 5° foglio del file in Excel utilizzato come calcolatore (Vedi Documenti allegati e per l’utilizzo Calcoli e calcolatori), possiamo valutare come prima cosa i volumi di drenaggio e quindi l’UF. Se si è utilizzata una sosta notturna di 8 ore, con soluzione al 1.36%, precedente il PET, si può valutare se il paziente avrà una UF marcatamente negativa con tale sosta lunga: ciò ci fa già sospettare che il paziente possa essere un rapido (alto) trasportatore o un rapido riassorbitore di liquidi. In ambedue i casi, in tale paziente andrebbero proscritti i tempi di sosta lunghi soprattutto con soluzione non molto ipertonica (1.36%) mentre sarebbe opportuno trattare il paziente con l’APD e, se necessario, con l’icodestrina per la sosta lunga.
L’UF alla fine del 1.36%-PET (60 minuti) ci da indicazioni chiare sull’UF ottenibile durante una sosta breve con una soluzione non molto iperosmolare mentre l’UF alla fine del 3.86%-PET (60 minuti) ci da indicazioni chiare sull’UF ottenibile durante una sosta breve con una soluzione molto iperosmolare: ambedue possono essere utilizzate per prescrivere lo schema di APD più idoneo (i tempi di sosta dell’APD sono, in genere, prossimi ai tempi di sosta del test).
L’UF alla fine del 3.86%-PET (60 minuti) non ci da indicazioni chiare sulla presenza o meno di un deficit di UF (non ci sono lavori in merito); tuttavia in presenza di UF bassa (< 100-200 mL) dopo 60 minuti con una soluzione fortemente ipertonica (3.86%) è probabile che il paziente abbia un grave deficit di UF ed è probabile che tale deficit di UF venga confermato con l’UF ottenuta con un 3.86%-PET. In ogni caso un paziente di questo tipo non avrà dell’UF valide con le soluzioni contenenti glucosio anche se si utilizzano soste brevi (APD) ed è necessario ricorrere all’icodestrina per aumentare l’UF.
Con tale test è possibile analizzare il sieving del Na calcolato come ΔNa nel dialisato a 60 minuti del 3.86%-PET di 1 ora (Heimburger O et al [1]).
Il valore del ΔNa a 60 minuti è particolarmente utile in quanto è espressione indiretta del trasporto di acqua libera. Un valore di ΔNa ≥ 5 mmol/L indica un buon trasporto di acqua libera e se il ΔNa > 10 mmol/L in genere il trasporto di acqua libera è molto elevato.
In genere i pazienti con valori di ΔNa ≥ 5 mmol/L non hanno una perdita della capacità di UF. Inoltre il ΔNa esprime un buon funzionamento della membrana peritoneale e la sua riduzione in un paziente, soprattutto se in dialisi peritoneale da lungo tempo, può indicare un danno severo della membrana peritoneale e potrebbe rappresentare l’indicazione al passaggio all’emodialisi.
Nei pazienti e con ΔNa < 5 mmol/L (e con un deficit di UF) non è utile cercare di ottenere una maggiore UF aumentando la concentrazione di glucosio nelle soluzioni per dialisi peritoneale in quanto vi è sia un deficit di trasporto di acqua libera che di UF totale; in pratica la membrana peritoneale non risponde più in modo ottimale al gradiente osmotico dato dal glucosio. In tali casi è necessario utilizzare l’icodestrina per aumentare l’UF.
Con il Doppio Mini-PET è possibile quantificare l’UF attraverso i piccoli pori ed il trasporto di acqua libera.
Il trasporto di acqua libera esprime il buon funzionamento o meno dei canali dell’aquaporina-1; in presenza di un deficit di trasporto di acqua libera (< 100 mL) si può sospettare un grave danno della membrana peritoneale e l’indicazione al passaggio in emodialisi se sono presenti altre indicazioni. In ogni caso il deficit di trasporto di acqua libera in concomitanza di un deficit di ultrafiltrazione indica che il trattamento con soluzioni più ipertoniche di glucosio può non essere sufficiente ad ottenere maggiori ultrafiltrazioni mentre si può fare un tentativo con l’icodestrina.
Con il Doppio Mini-PET è possibile calcolare la conduttanza osmotica al glucosio, che esprime la capacità della membrana peritoneale (sia piccoli pori che piccolissimi pori) a generare UF quando sottoposta ad uno stimolo osmotico dovuto al glucosio presenti nelle soluzioni per dialisi peritoneale.
In genere una riduzione marcata della conduttanza osmotica al glucosio (< 1.5 μL/min/mmHg) esprime una incapacità sia dei piccoli pori che dei piccolissimi pori a produrre un’adeguata UF: in tal caso è necessario ricorrere all’icodestrina nel tentativo di aumentare l’UF peritoneale.
Inoltre la ridotta conduttanza osmotica al glucosio, in genere, indica un danno severo della funzione della membrana peritoneale (Parikova A et al [2]) specialmente nei pazienti da lungo tempo in dialisi peritoneale e potrebbe essere una delle indicazioni a passare il paziente in emodialisi.
Infine con il Doppio Mini-PET è possibile calcolare la velocità di riassorbimento dei liquidi da parte del peritoneo. Tale parametro è un parametro derivato e ancora non si conosce la sua possibile applicazione clinica.
Come si può vedere dal 6° foglio del file in Excel utilizzato come calcolatore (Vedi Documenti allegati e per l’utilizzo Calcoli e calcolatori), possiamo valutare come prima cosa i volumi di drenaggio e quindi l’UF. Se si è utilizzata una sosta notturna di 8 ore, con soluzione al 1.36%, precedente il PET, si può valutare se il paziente avrà una UF marcatamente negativa con tale sosta lunga: ciò ci fa già sospettare che il paziente possa essere un rapido (alto) trasportatore o un rapido riassorbitore di liquidi. In ambedue i casi, in tale paziente andrebbero proscritti i tempi di sosta lunghi soprattutto con soluzione non molto ipertonica (1.36%) mentre sarebbe opportuno trattare il paziente con l’APD e, se necessario, con l’icodestrina per la sosta lunga.
L’UF alla fine del 1.36%-PET (60 minuti) ci da indicazioni chiare sull’UF ottenibile durante una sosta breve con una soluzione non molto iperosmolare mentre l’UF del 3.86%-PET dopo 60 minuti ci da indicazioni chiare sull’UF ottenibile durante una sosta breve con una soluzione molto iperosmolare: ambedue possono essere utilizzate per prescrivere lo schema di APD più idoneo (i tempi di sosta dell’APD sono, in genere, prossimi ai tempi di sosta del test).
L’UF del 3.86%-PET dopo 60 minuti non ci da indicazioni chiare sulla presenza o meno di un deficit di UF (non ci sono lavori in merito); tuttavia in presenza di UF bassa (< 100-200 mL) dopo 60 minuti con una soluzione fortemente ipertonica (3.86%) egrave; probabile che il paziente abbia un grave deficit di UF. In ogni caso un paziente di questo tipo non avrà dell’UF valide con le soluzioni contenenti glucosio anche se si utilizzano soste brevi (APD) ed è necessario ricorrere all’icodestrina per aumentare l’UF.
L’UF alla fine del PET-Unico (dopo 240 minuti di sosta con soluzione di glucosio al 3.86%) ci indica se il paziente ha un deficit di UF: in tal caso l’UF è < 400 ml; anche tale parametro ci può far sospettare, in caso di valori di UF inferiori a tale valore che il paziente possa essere un rapido (alto) trasportatore o un rapido riassorbitore nonostante una soluzione molto più ipertonica rispetto a quella notturna. Tuttavia la comparazione dell’UF ottenuta dopo 60 minuti e dopo 240 minuti con la soluzione ipertonica (3.86%) è molto utile per la comprensione del deficit di UF: così se un paziente ha delle UF molto basse sia dopo 60 che dopo 240 minuti è verosimile un grave danno globale della membrana peritoneale. Mentre se si ha un’elevata UF dopo 60 minuti ed una sua riduzione o un modesto aumento dopo 240 minuti è probabile che abbiamo un paziente alto riassorbitore. Mentre un UF bassa dopo 60 minuti e una buona UF dopo 240 minuti ci fa propendere per un deficit isolato dei canali dell’aquaporina-1 e un buon funzionamento dei piccoli pori anche con le soluzioni contenenti glucosio.
Tale valore di UF, dopo 240 minuti di sosta con la soluzione al 3.86% di glucosio, ha un coefficiente di variazione nettamente inferiore rispetto ai valori di UF ottenuti con il 2.27%-PET e permette una classificazione più corretta dei pazienti con ridotta o perdita della capacità di UF.
L’analisi dei D/P dei vari soluti (soprattutto D/PCreat e D/PUrea) e del Dt/D0 ci permette di classificare i pazienti nelle classi di trasportatori e tracciare le classiche curve dei trasportatori (Twardowski ZJ, Nolph KD, Khanna R et al. Peritoneal equilibration test. Perit Dial Bull 1987; 7:138-147).
Come detto prima, un valore di D/PCreat > 0.80, a 240 minuti del test, indica un rapido (alto) trasportatore con una prognosi peggiore se il paziente viene trattato con la CAPD invece che con l’APD e con l’icodestrina, se necessaria; naturalmente anche i pazienti con valori non superiori a 0.80 ma vicini ad esso possono avvantaggiarsi del trattamento con l’APD.
D’altra parte un valore di D/PCreat < 0.60, a 240 minuti del test, indica un lento (basso) trasportatore con una prognosi peggiore se il paziente viene trattato con l’APD invece che con la CAPD (a volte è necessario usare volumi superiori a 2000 ml nel singolo scambio).
Tali indicazioni sono imperative in presenza di una funzione renale residua molto ridotta o assente.
Con tale test è possibile analizzare il sieving del Na calcolato come ΔNa nel dialisato a 60 minuti e a 240 minuti (Heimburger O et al [1]).
Il valore del ΔNa a 60 minuti è particolarmente utile in quanto è espressione indiretta del trasporto di acqua libera. Un valore di ΔNa ≥ 5 mmol/L indica un buon trasporto di acqua libera e se il ΔNa > 10 mmol/L in genere il trasporto di acqua libera è molto elevato.
In genere i pazienti con valori di ΔNa ≥ 5 mmol/L non hanno una perdita della capacità di UF. Inoltre il ΔNa esprime un buon funzionamento della membrana peritoneale e la sua riduzione in un paziente, soprattutto se in dialisi peritoneale da lungo tempo, può indicare un danno severo della membrana peritoneale e potrebbe rappresentare l’indicazione al passaggio all’emodialisi.
Infine, il ΔNa è utile in quei pazienti in cui si sospetta un elevato riassorbimento peritoneale dei fluidi: in tali pazienti il ΔNa è elevato (in genere > 5 mmol/L), espressione indiretta di formazione di una parte dell’UF precoce mentre l’UF dopo 240 minuti del test può risultare < a 400 mL (in tale situazione, comunque, vanno esclusi gli errori di quantificazione dell’UF per problemi di quantificazione o di malfunzionamento del catetere peritoneale).
Nei pazienti con deficit di UF (< 400 mL) e con ΔNa < 5 mmol/L non è utile cercare di ottenere una maggiore UF aumentando la concentrazione di glucosio nelle soluzioni per dialisi peritoneale in quanto vi è sia un deficit di trasporto di acqua libera che di UF totale; in pratica la membrana peritoneale non risponde più in modo ottimale al gradiente osmotico dato dal glucosio. In tali casi è necessario utilizzare l’icodestrina per aumentare l’UF.
Con il PET-Unico è possibile quantificare l’UF attraverso i piccoli pori ed il trasporto di acqua libera.
Il trasporto di acqua libera esprime il buon funzionamento o meno dei canali dell’aquaporina-1; in presenza di un deficit di trasporto di acqua libera (< 100 mL) si può sospettare un grave danno della membrana peritoneale e l’indicazione al passaggio in emodialisi se sono presenti altre indicazioni. In ogni caso il deficit di trasporto di acqua libera in concomitanza di un deficit di ultrafiltrazione indica che il trattamento con soluzioni più ipertoniche di glucosio può non essere sufficiente ad ottenere maggiori ultrafiltrazioni mentre si può fare un tentativo con l’icodestrina.
Con il PET-Unico è possibile calcolare la conduttanza osmotica al glucosio, che esprime la capacità della membrana peritoneale (sia piccoli pori che piccolissimi pori) a generare UF quando sottoposta ad uno stimolo osmotico dovuto al glucosio presenti nelle soluzioni per dialisi peritoneale.
In genere una riduzione marcata della conduttanza osmotica al glucosio (< 1.5 μL/min/mmHg) esprime una incapacità sia dei piccoli pori che dei piccolissimi pori a produrre un’adeguata UF: in tal caso è necessario ricorrere all’icodestrina nel tentativo di aumentare l’UF peritoneale.
Inoltre la ridotta conduttanza osmotica al glucosio, in genere, indica un danno severo della funzione della membrana peritoneale (81) specialmente nei pazienti da lungo tempo in dialisi peritoneale e potrebbe essere una delle indicazioni a passare il paziente in emodialisi.
Infine con il PET-Unico è possibile calcolare la velocità di riassorbimento dei liquidi da parte del peritoneo. Tale parametro è un parametro derivato e ancora non si conosce la sua possibile applicazione clinica.
Esami da effettuare sul sangue, sulla soluzione “fresca” e sul dialisato prelevati durante i vari test
Prelievo Ematico: Glicemia, Creatinina, Urea, Sodiemia, Proteine totali
Prelievo Soluzione “fresca”: Glucosio, Sodio
Prelievo Dialisato vari tempi: Creatinina, Urea, Glucosio, Sodio
N.B.: Per il dosaggio della concentrazione di creatinina nel dialisato utilizzare un metodo enzimatico o effettuare le opportune correzioni se si utilizza il metodo di Jaffè (Larpent L et al[1] (full text)); per il dosaggio del sodio nel sangue, nella soluzione “fresca” e nel dialisato usare la fotometria a fiamma o la potenziometria indiretta (non la potenziometria diretta) (La Milia V et al [2] (full text)). Effettuare le opportune diluizioni per il dosaggio della concentrazione di glucosio nelle soluzioni “fresche” e nel dialisato.
I calcoli relativi ai vari test devono essere effettuati utilizzando formule standardizzate possibilmente con l’uso dei calcolatori identici nei vari Centri
Formule.
Fattore di correzione della creatinina nel dialisato se si utilizza un metodo non enzimatico (Jaffè):
CreatCorretta (mg/dL) è la concentrazione corretta di creatinina da utilizzare per il calcolo del D/PCreat
CreatMisurata (mg/dL) è la concentrazione di creatinina misurata nel dialisato con metodo Jaffè
FC è il fattore di correzione. FC andrebbe calcolato dell’equazione della regressione lineare ottenuta misurando, con il metodo Jaffè, la concentrazione di creatinina nelle sacche fresche a differenti concentrazioni di glucosio (1.36%, 2.27% e 3.86%) (Tam P et al [1] (full text)). Tuttavia un metodo più semplice consiste nel misurare (almeno in doppio) la concentrazione di creatinina nelle sacche fresche a differenti concentrazioni di glucosio (1.36%, 2.27% e 3.86%), dividere la concentrazione di creatinina (mg/dL), falsamente determinata dal metodo in ogni singola soluzione fresca, per la concentrazione di glucosio (mg/dL) ed usare la media dei 3 FC come FC da inserire nelle formule. Quest’ultimo metodo è stato utilizzato nei calcolatori allegati.
Volume Residuo (VR) (79):
VR (L) = [VInf • (S3-S2)]/(S1-S3)
Dove:
VInf = Volume infuso (L)
S1 = Concentrazione del soluto (mg/L o mmol/L) nel dialisato della sosta notturna
S2 = Concentrazione del soluto (mg/L o mmol/L) nella soluzione “fresca”
S3 = Concentrazione del soluto (mg/L o mmol/L) nel dialisato al tempo 0
Il VR può essere calcolato con diversi soluti (urea, creatinina, glucosio, potassio e proteine).
E’ possibile utilizzare il valore medio quando VR viene calcolato con i vari soluti: tipicamente viene calcolato il VR dell’urea e della creatinina ed utilizzato il loro valore medio.
3. D/PCreat: utilizzare la concentrazione di creatinina nel dialisato (mg/dL) alla fine del test (se necessario utilizzare il fattore di correzione); utilizzare la concentrazione di creatinina nell’acqua plasmatica (CreatininemiaPW) (mg/dL) (Waniewski J et al [2]):
Vlip = volume frazionale dei lipidi plasmatici = 0.016
ProteineTotP = Concentrazione proteine plasmatiche Totali (g/dL)
4. D/D0: Utilizzare la concentrazione di glucosio (mg/dL) nel dialisato alla fine del test e la concentrazione di glucosio (mg/dL) nella soluzione “fresca”
5. Sieving del Na: è preferibile utilizzare l’entità della riduzione (ΔDNa) della concentrazione di Na nel dialisato, dopo 60 minuti del PET, al posto del D/PNa a 60 minuti (La Milia V et al [3]); il ΔDNa è la differenza fra la concentrazione di Na nella soluzione “fresca” (mmol/L) (misurata) e la concentrazione di Na nel dialisato (mmol/L) a 60 minuti
6. Trasporto di acqua libera (FWT): viene quantificato utilizzando il Mini-PET e con il test, della durata di 1 ora, con la soluzione al 3.86% dl Doppio Mini-PET e del PET-Unico; FWT è uguale alla UF totale (UFT) (mL), di tale test, meno l’UF (mL) attraverso i piccoli pori (UFSP) (La Milia V et al [4]; La Milia V et al [5]):
FWT (mL) = UFT (mL) – UFSP (mL)
UFSP (mL) è quantificabile con la clearance del Na durante il test, della durata di 1 ora, con soluzione al 3.86% del Mini-PET, del Doppio Mini-PET e del PET-Unico:
UFSP (mL) = [NaR (mmol)•1000]/Nap (mmol/L)
Dove NaR (mmol) è la rimozione di Na, calcolata come:
NaR (mmol) = [Volume dialisato drenato (L)•Concentrazione di Na (mmol/L) nel dialisato drenato]- [Volume soluzione “fresca” infusa (L)•Concentrazione di Na (mmol/L) nella soluzione “fresca” infusa]
NaP = sodio plasmatico
7. Conduttanza osmotica al glucosio (OCG): viene quantificata utilizzando i dati dell’intero Doppio Mini-PET o alcuni dati del PET-Unico (La Milia V et al [5]):
Dove: V3.86 and V1.36 sono i volumi (mL) del dialisato drenato alla fine del test, rispettivamente con la soluzione di glucosio al 3.86% e al 1.36% durante il Doppio Mini-PET o i volumi (mL) del dialisato drenato a 60 minuti, rispettivamente con la soluzione di glucosio al 3.86% e al 1.36%, durante il PET-Unico;
19.3 (mmHg/mmol/L) è il prodotto della temperatura assoluta per la costante dei gas a 37°C; G3.86 and G1.36 sono le concentrazioni molari di glucosio (mmol/L) nelle soluzioni “fresche”, usate per il Doppio Mini-PET o per il PET-Unico e calcolate nel seguente modo:
Glucosio (mmol/L) = glucosio (mg/dL)/18;
t è la media del tempo di sosta peritoneale durante i due test del Doppio Mini-PET o della prima parte del PET-Unico che dovrebbero essere uguali e pari al tempo di sosta di 60 minuti più il 50% dl tempo impiegato per l’infusione e per il drenaggio (in pratica se vengono rispettati i tempi, t sarà uguale a 60 5 10 = 75 minuti); 1.7 è un fattore di correzione.
8. Velocità assorbimento liquidi peritoneale (VAL):
VAL = (mL/min) = {[(V1.36•G3.86)-(V3.86-G1.36)]/(G3.86-G1.36)}•t
Dove: V3.86 and V1.36 sono i volumi (mL) del dialisato drenato alla fine del test, rispettivamente con la soluzione di glucosio al 3.86% e al 1.36% durante il Doppio Mini-PET o i volumi (mL) del dialisato drenato a 60 minuti, rispettivamente con la soluzione di glucosio al 3.86% e al 1.36%, durante il PET-Unico;
G3.86 and G1.36 sono le concentrazioni molari di glucosio (mmol/L) nelle soluzioni “fresche”, usate per il Doppio Mini-PET o per il PET-Unico e calcolate nel seguente modo:
Glucosio (mmol/L) = glucosio (mg/dL)/18;
t è la media del tempo di sosta peritoneale durante i due test del Doppio Mini-PET o della prima parte del PET-Unico che dovrebbero essere uguali e pari al tempo di sosta di 60 minuti più il 50% dl tempo impiegato per l’infusione e per il drenaggio (in pratica se vengono rispettati i tempi, t sarà uguale a 60+5+10 = 75 minuti).
Il significato clinico del VAL non è ancora noto e quindi non è stato analizzato nella descrizione dei vari test. Tuttavia viene riportata la formula per il suo calcolo in base ai dati del Doppio Mini-PET o del PET-Unico.
Alle Best Practice viene allegato un file in Excel che permette di effettuare tutti i calcoli relativi ai vari test analizzati.
Non vengono riportati i calcoli relativi al PDC test in quanto necessità di un programma computerizzato tutelato da Copyright ma facilmente disponibile su richiesta.
Il file in Excel è costituito da 7 pagine, ognuna delle quali è dedicata ad un tipo di test.
L’ultima pagina è dedicata al calcolo del fattore di correzione della creatinina quando si utilizza il metodo Jaffè.
Ogni singolo foglio, permette di eseguire i calcoli relativi a 500 test.
I dati vanno inseriti ad di sotto delle celle con i valori in bleu (la prima riga è riportata come esempio) mentre i risultati appariranno in rosso.
Le formule utilizzate sono visibili, in modo tale da poterle valutare, ma sono protette cioè non modificabili.
La prima cosa da verificare, indipendentemente del test utilizzato (tranne il Mini-PET ed il Doppio Mini-PET), è il metodo di dosaggio della creatinina del proprio laboratorio: se utilizza il metodo enzimatico per la determinazione della creatinina in qualunque soluzione “fresca” per dialisi peritoneale la sua concentrazione dovrà risultare uguale a zero. In questo caso il fattore di correzione non andrà calcolato (non usare il 7° foglio) e il valore del fattore di correzione sarà uguale a zero come si trova già in ognuno dei fogli relativi al test che necessita di tale correzione: lasciare in tal caso inalterato il valore e non modificarlo. Altrimenti è necessario inviare un (o meglio due) campione di soluzione “fresca” con concentrazione di glucosio al 1.36%, 2.27% e 3.86%, per determinare la concentrazione di creatinina in ogni campione, inserire i valori nel 7° foglio del calcolatore, ottenendo così il fattore di correzione medio.
Tale valore (con la procedura: Copia, Incolla Speciale, Valori) va inserito nei fogli del singolo test che lo richiede.
Dopo avere effettuato tale operazione si può procedere all’inserimento dei dati con immediata visione dei risultati.
Si consiglia di copiare il file sul proprio computer e lasciare inalterato il file originale in modo da poterlo utilizzare in futuro (ad esempio dopo avere inserito 500 test).
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