Comparison of Patient Survival Between Hemodialysis and Peritoneal Dialysis Among Patients Eligible for Both Modalities.
Authors’ Full Names and Academic Degrees: Ben Wong, MD, MSc, Pietro Ravani, MD, PhD, Matthew J. Oliver, MD, MHS, Jayna Holroyd-Leduc, MD, Lorraine Venturato, PhD, Amit X. Garg, MD, PhD, and Robert R. Quinn, MD, PhD. Authors’ Affiliations: Department of Community Health Sciences, University of Calgary, Calgary, Alberta (BW, PR, JH-L, RRQ); Department of Medicine, Headwaters Health Care Center, Orangeville, Ontario (BW); Cumming School of Medicine, University of Calgary, Calgary, Alberta (PR, JH-L, RRQ); Department of Medicine, Sunnybrook Health Sciences Center, University of Toronto, Toronto, Ontario (MJO); Faculty of Nursing, University of Calgary, Calgary, Alberta (LV); Department of Medicine, Western University, London (AXG); and Institute for Clinical Evaluative Sciences, Toronto, Ontario, Canada (AXG). Address for Correspondence: Ben Wong, MD, MSc, Headwaters Health Care Center, 100 Rolling Hills Drive, Orangeville, Ontario, Canada L9W 4X9. E-mail: bcw@ualberta.net
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Am J Kidney Dis. 2018 Mar;71(3):344-351
La gestione dell’insufficienza renale cronica terminale (ESRD) richiede importanti risorse e il costo per le cure per i pazienti con ESRD è principalmente determinato dai fondi di mantenimento. Nel 2013 gli Stati Uniti hanno speso più di 25 miliardi di dollari (circa il 7% delle spese complessive del Medicare) per cure inerenti i pazienti con ESRD, nonostante questo gruppo costituisse meno dello 0.5% della popolazione affidata al Medicare. La dialisi peritoneale (DP) permette risparmi economici al sistema sanitario rispetto al trattamento emodialitico standard (HD), ciononostante rimane sottoutilizzata come modalità di trattamento sostitutivo. Per questo motivo, numerose giurisdizioni hanno introdotto strategie volte a incrementarne l’utilizzo, tra cui l’implementazione del Sistema di Pagamento Prospettivo per l’ESRD.
Permangono però dei dubbi in merito all’impatto delle due diverse modalità sulla sopravvivenza del paziente. L’unico trial randomizzato controllato che ha paragonato le due modalità non è stato in grado di raggiungere gli obiettivi di arruolamento poiché i pazienti maturavano una marcata preferenza per una o per l’altra modalità dialitica nel momento in cui queste venivano loro illustrate; è improbabile che un altro trial randomizzato controllato venga portato a termine. Sono stati condotti numerosi studi osservazionali in cui si paragonavano DP e HD, ottenendo risultati contrastanti. Concesso che i paragoni randomizzati non sembrerebbero fattibili, per rendere consapevoli le scelte cliniche sarebbe comunque importante individuare strategie che permettano di minimizzare il potenziale bias di eventuali studi osservazionali volti a paragonare le diverse modalità di trattamento sostitutivo.
Un limite fondamentale dei lavori eseguiti finora è che i paragoni eseguiti non erano ristretti a quei pazienti candidabili a entrambe le modalità – la popolazione che di fatto si trova a poter fare una scelta tra le due modalità. Ciò potrebbe aver determinato un bias dei risultati in quanto i pazienti non candidabili alla DP tendono ad avere condizioni generali di salute peggiori rispetto a coloro che invece sono candidabili alla DP. L’obiettivo primario di questo studio è stato quello di paragonare la sopravvivenza nei pazienti incidenti con ESRD trattata con HD o PD che erano candidabili a entrambi i trattamenti. Ci siamo inoltre posti, come obiettivo secondario, di quantificare come l’aver incluso negli studi precedenti pazienti incandidabili in un paragone tra modalità possa aver inciso sulla mortalità.
Metodi
Introduzione
Abbiamo condotto uno studio retrospettivo di coorte utilizzando dati sanitari amministrativi anonimi conservati presso l’Institute for Clinical Evaluative Sciences di Toronto, Canada. La Conjoint Health Research Ethics Board dell’Università di Calgary e l’Institutional Review Board di Sunnybrook Health Sciences Center di Toronto, Canada, hanno approvato lo studio. Non è stato ottenuto il consenso informato in quanto i dati raccolti erano anonimi.
Provenienza dei dati
Abbiamo utilizzato dati raccolti da gennaio 2004 a dicembre 2013 dai 7 centri che hanno partecipato al sistema Dialysis Measurement Analysis and Reporting (DMAR; Sunnybrook Health Sciences Center, Halton Healthcare, London Health Sciences Center, Grand River Hospital, Sault Area Hospital, William Osler Health Center, The Ottawa Hospital). Il sistema DMAR raccoglie in maniera prospettica dati di alta qualità allo scopo di migliorare la qualità dei servizi offerti, utilizzando una piattaforma in rete di raccolta dati. Questi dati comprendono informazioni dettagliate riguardo la demografia, le comorbidità, gli esami di laboratorio, l’anamnesi pre-dialitica e l’urgenza dell’inizio del trattamento sostitutivo. I cambi di modalità dialitica, le ospedalizzazioni, le procedure inerenti gli accessi vascolari, i trapianti, i pazienti persi al follow-up, i trasferimenti a Centri non partecipanti allo studio e i decessi sono stati tutti registrati. I dati sono stati inseriti da personale addestrato e di prima linea, utilizzando un sistema di codifica standardizzato. Per garantire la qualità dei dati, essi sono stati tutti raccolti dai Centri partecipanti e sottoposti a doppio controllo dagli stessi due investigatori (R.R.Q. e M.J.O.); dubbi e domande sono state inoltrate a coloro che raccoglievano i dati in modo da poter risolverli. Per ottenere ulteriori informazioni (etnia auto-dichiarata, nefropatia di base e status socio-economico) che potrebbero confondere il rapporto tra modalità dialitica e sopravvivenza, al DMAR sono stati associati dati ottenuti dal Canadian Organ Replacement Register e dal Registered Persons database utilizzando versioni crittate dei codici univoci delle polizze assicurative dei pazienti.
Casistica
Sono stati inclusi nello studio i pazienti che iniziavano la dialisi, maggiorenni incidenti consecutivi, se: (1) avevano ricevuto una diagnosi di ESRD confermata da un nefrologo, (2) erano stati sottoposti ad almeno un trattamento dialitico in regime ambulatoriale, e (3) avevano completato una valutazione di modalità multidisciplinare. Un team multidisciplinare formato da un nefrologo, infermieri specializzati in assistenza nel pre-dialisi, infermieri della PD e/o infermieri della terapia intensiva e, occasionalmente, un assistente sociale si sono incontrati ogni due settimane presso i propri rispettivi Centri regionali di gestione dei trattamenti dialitici per determinare i pazienti incidenti in dialisi e per determinarne la candidabilità per la HD e per la PD utilizzando una valutazione strutturata (Item S1). Il team si è assicurato che i pazienti fossero istruiti in merito alle possibilità di trattamento e che venissero loro offerte le terapie per cui erano candidabili in modo da poter esercitare una scelta informata e consapevole. I pazienti precedentemente portatori di trapianto di rene e coloro che hanno avuto una ripresa della funzione renale entro 180 giorni dall’inizio della terapia sostitutiva sono stati esclusi. Abbiamo inoltre escluso i pazienti con un follow-up potenziale inferiore ai sei mesi, coloro che avevano importanti lacune nel follow-up (> 1 mese) a causa di trasferimenti temporanei presso altri Centri e coloro che avevano interruzioni significative del trattamento dialitico (> 31 giorni). Follow up potenziale per sei mesi significa che eravamo in grado di fornire informazioni sullo status del paziente a sei mesi dall’inizio della terapia dialitica indipendentemente dal fatto che fossero ancora in dialisi piuttosto che fossero deceduti, ricoverati o trasferiti presso un altro Centro. Abbiamo escluso i pazienti con meno di sei mesi di “follow-up potenziale” per garantire che il follow-up minimo durante il trattamento dialitico fosse di sei mesi. Ciononostante, i pazienti deceduti o che hanno interrotto precocemente il trattamento dialitico in quanto trapiantati sono stati inclusi. Ciò è in contrasto con il periodo di follow-up effettivo, che si misura dal momento di inizio della dialisi sino al decesso o ad altro evento che porti a interruzione. E’ stato scelto un follow-up potenziale minimo di sei mesi per garantire un periodo di tempo sufficiente per formulare una scelta di modalità dialitica, per osservare gli outcome clinici e per minimizzare il rischio di bias introdotto dai trattamenti dialitici iniziati in urgenza, per i quali i pazienti vengono generalmente trattati con l’emodialisi e hanno una prognosi peggiore.
Abbiamo costruito tre differenti coorti di pazienti: (1) tutti i pazienti che avevano completato la valutazione della modalità, indipendentemente dalla loro candidabilità per la DP, in modo da rispecchiare le popolazioni utilizzate per le analisi tradizionali (coorte tradizionale); (2) i pazienti ritenuti candidabili a entrambe le modalità dialitiche in modo da rispecchiare coloro che si trovano dinanzi alla possibilità di scegliere fra modalità nella pratica clinica (coorte candidabile); e (3) i pazienti ritenuti candidabili per entrambe le modalità che hanno iniziato il trattamento dialitico in elezione in regime ambulatoriale in modo da determinare se l’esclusione dei pazienti che hanno iniziato il trattamento dialitico in regime di ospedalizzazione potesse influenzare i risultati (coorte dei candidabili ambulatoriali). Il processo di determinazione della candidabilità alla DP è stato già descritto in dettaglio.
Analisi statistica
Abbiamo utilizzato metodi standard per le statistiche descrittive e per i paragoni di gruppo (DP vs HD). La frequenza è stata riportata per variabili qualitative e la media +/- deviazione standard o la mediana con range sono state riportate, in maniera appropriata, per le variabili quantitative. Abbiamo controllato per la collinearità utilizzando il fattore di inflazione della varianza.
L’oggetto principale d’interesse è stata la modalità dialitica ambulatoriale iniziale (PD vs HD). Il follow up in merito alla mortalità dovuta a qualsiasi causa è iniziato a partire dal primo trattamento dialitico ambulatoriale. Il follow-up è stato interrotto qualora avvenisse un trapianto, il paziente venisse perso al follow-up , si verificasse una ripresa della funzione renale oppure al termine del periodo di studio; non è stato invece interrotto in caso di cambio da una modalità dialitica all’altra. In modo da tener conto di quei pazienti che hanno iniziato in HD per necessità di avviare il trattamento in urgenza ma che successivamente sono passati in PD, in quanto la PD era la loro modalità di scelta, abbiamo eseguito una analisi di sensibilità della coorte candidabile eliminando dall’analisi i pazienti che sono passati da HD a PD entro sei mesi dall’inizio del trattamento dialitico.
Metodi di sopravvivenza sono stati utilizzati per paragonare la mortalità in base alla modalità dialitica nelle tre diverse coorti in esame. Abbiamo usato la regressione di Cox per correggere per le covarianti che potessero confondere il rapporto tra modalità dialitica e mortalità per qualsiasi causa. Queste covarianti comprendevano le variabili demografiche (età stratificata in <65, 65-74 e >= 75; sesso; etnia autodichiarata), status socioeconomico definito secondo quintili di reddito tarati per quartiere di residenza, nefropatia di base (nefropatia diabetica, nefroangiosclerosi benigna, glomerulonefriti primitive e secondarie, malattia del rene policistico, e altre), inizio del trattamento dialitico in regime di ospedalizzazione, comorbidità (presenza di diabete, malattia coronarica, scompenso cardiaco congestizio, patologie cerebrovascolari, neoplasie, e vasculopatia periferica), l’aver ricevuto almeno quattro mesi di follow-up pre-dialitico, e le variabili dei valori di laboratorio (emoglobina, creatinina e albumina). I quintili di reddito tarati per quartiere di residenza costituiscono un modo per misurare il reddito per nucleo famigliare basato sui dati del Censimento canadese del 2006. I quintili sono stati definiti nell’ambito di ciascun quartiere di residenza e non invece a livello provinciale in maniera da minimizzare l’effetto di differenze significative dei prezzi delle abitazioni e per garantire una percentuale uguale di popolazione in ciascun quintile. Abbiamo inoltre incluso termini prespecificati di interazione (età x modalità, sesso x modalità, e diabete x modalità) che contenessero variabili in grado di modificare il rapporto tra modalità dialitica e sopravvivenza.
I termini di interazione sono stati tenuti in considerazione solo qualora risultassero significativi con P<0,05. La verifica dell’assunzione di rischi proporzionali è stata eseguita utilizzando test formali basati sui residuali di Schoenfeld, e graficamente, utilizzando grafici log-log per le covarianti di categoria, e rappresentando su un grafico la pendenza dei residuali di Schoenfled in scala rapportati (log) al tempo per le variabili quantitative. Per la coorte di pazienti nella quale il requisito dei rischi proporzionali veniva violato, abbiamo eseguito una ulteriore analisi di Cox stratificata secondo età e se necessario secondo durata di follow-up (prima e dopo i tre anni). Tutte le analisi sono state eseguite utilizzando Stata, versione 13.1 (StataCorp LP).
Risultati
Popolazione studiata
Dopo aver escluso alcuni pazienti, abbiamo arruolato 2.146 pazienti affetti da ESRD confermata che hanno ricevuto almeno un trattamento dialitico ambulatoriale. I pazienti esclusi lo sono stati a causa di: precedente trapianto (148 [6%]: 133 HD, 15 PD), meno di sei mesi di follow-up potenziale (160 [6%]: 120 HD, 40 PD), lacune importanti nel follow-up (>1 mese) dovute a trasferimenti temporanei presso altri Centri (110 [4%]: 100 HD, 10 PD), interruzioni del trattamento dialitico superiori ai 31 giorni (13 [0.5%]: 3 HD, 10 PD), e ripresa della funzione renale entro sei mesi (65 [2%]: 64 HD, 1 PD). Di questi, 114 (5%) non hanno potuto essere valutati per candidabilità a PD (Fig. 1). Dei restanti pazienti, 460 (23%) presentavano una controindicazione alla PD e ulteriori 196 (10%) presentavano ostacoli insormontabili alla PD anche in presenza di supporto. Questi ostacoli sono stati categorizzati in quattro gruppi: di carattere medico (per esempio la nicturia), fisico (fragilità), sociale (abitazioni di dimensioni ridotte) e cognitivo (deficit d’apprendimento; Fig. 1).
La coorte tradizionale era formata da 2.032 pazienti, tra cui 1.579 in HD e 453 in PD. La mediana della durata del follow-up è stata di 520 giorni. Complessivamente, i pazienti emodializzati sono risultati più anziani e con una maggior frequenza di diabete, malattia coronarica, scompenso cardiaco congestizio, patologie cerebrovascolari, neoplasie e vasculopatia periferica (Tabella 1). Hanno, inoltre, iniziato il trattamento dialitico con valori meno elevati di emoglobina ed albumina, iniziavano più spesso il trattamento in regime di ospedalizzazione e avevano una minor probabilità di aver ricevuto almeno quattro mesi di follow-up pre-dialitico.
La coorte candidabile comprendeva 1.376 pazienti (926 in HD e 450 in PD), e rappresentava il 68% di coloro che avevano completato la valutazione di modalità ed erano stati giudicati candidabili a entrambe le modalità dialitiche (Tabella 1). La mediana del follow-up di questa coorte è stata di 547 giorni. Tra i pazienti candidabili, i pazienti emodializzati avevano un maggior carico di comorbidità e una maggior probabilità di aver iniziato il trattamento dialitico in regime di ospedalizzazione. Abbiamo osservato un’alta proporzione dell’utilizzo di cateteri venosi centrali (CVC), con l’84% dei pazienti emodializzati che venivano trattati via CVC.
La coorte dei candidabili ambulatoriali comprendeva 874 pazienti (465 in HD e 409 in PD) che hanno iniziato il trattamento dialitico in elezione, in regime ambulatoriale. La mediana del follow-up è stata di 564 giorni. Le caratteristiche basali tra i pazienti HD e PD di questa coorte sono risultati più omogenei (Tabella 1). L’utilizzo di CVC risultava frequente anche in questo sottogruppo, con il 73% dei pazienti che venivano trattati via CVC.
Dati di sopravvivenza
Nella coorte tradizionale (n= 2.032) abbiamo registrato 628 morti (31%), 530 delle quali nel gruppo HD e 98 delle quali nel gruppo PD, indicando un tasso di eventi pari a rispettivamente 0,65 e 0,42 morti per 1.000 giorni-paziente (Tabella 2). Abbiamo trovato una interazione significativa tra età e modalità dialitica (P = 0,02) e una associazione tempo-dipendente tra modalità dialitica e mortalità (prima e dopo i tre anni di trattamento). Non abbiamo registrato alcuna differenza statisticamente significativa nella mortalità per qualsiasi causa tra HD e PD nei pazienti anziani (65-74 e >= 75 anni; Figg. 2 e S1). Ciononostante, nei pazienti di età inferiore ai 65 anni, la PD era associata a un rischio di morte significativamente inferiore rispetto all’HD nel corso dei primi tre anni di trattamento dialitico (tasso di rischio corretto per PD vs HD [HRPD:HD] = 0.60; intervallo di confidenza del 95% [CI], 0,42-0,86; Figg. 2 e S2).
Nella coorte candidabile (n = 1.376), abbiamo registrato 333 morti (24%), 239 delle quali nel gruppo HD e 94 nel gruppo PD, indicando un tasso di eventi pari rispettivamente a 0,47 e 0,38 morti per 1.000 giorni-paziente (Tabella 2). Abbiamo osservato la stessa interazione significativa tra età e modalità dialitica (P = 0,02). L’età si è nuovamente dimostrata essere un modificatore d’effetto. L’effetto della modalità dialitica sulla sopravvivenza non variava nel corso del tempo, e PD e HD si associavano a un rischio di morte simile ( HRPD:HD corretto, 1,08; CI 95%, 0,82-1,42; figg. 2 e S4).
Nella coorte dei candidabili ambulatoriali (n = 874), abbiamo registrato 186 morti (21%), 107 delle quali nel gruppo HD e 79 nel gruppo PD, indicando un tasso di eventi pari rispettivamente a 0,41 e 0,34 (Tabella 2). Secondo la nostra analisi nessuno dei termini d’interazione proposti risultavano significativi (età x modalità: P 0,07; sesso x modalità, P = 0,4; e diabete x modalità, P = 0.3). I pazienti trattati con PD o HD avevano un rischio di morte per qualsiasi causa simile ( HRPD:HD corretto, 1,19; CI 95%, 0,86-1,65), con stime costanti nel corso del tempo (Figg. 2 e S4).
Analisi di sensibilità
Quando i pazienti nella coorte candidabile che entro sei mesi dall’inizio del trattamento dialitico passavano da HD a PD venivano rimossi dall’analisi, nessuno dei termini d’interazione proposti risultavano significativi. Nuovamente, gli effetti della modalità dialitica sulla sopravvivenza non variavano nel corso del tempo, e PD e HD si associavano a un rischio di mortalità simile ( HRPD:HD corretto, 1,09; CI 95%, 0,82-1,45).
Discussione
In questa analisi in cui si paragonano HD e PD, abbiamo cercato di rendere le due popolazioni più comparabili includendo nello studio solo quei pazienti ritenuti candidabili alla PD dopo una valutazione multidisciplinare. Inizialmente abbiamo osservato come non ci fosse differenza di sopravvivenza tra le due modalità nei pazienti di età superiore ai 65 anni, ma che la PD era associata a un minor rischio di morte nei pazienti più giovani (analisi della coorte tradizionale). Ciononostante, circa un terzo dei pazienti incidenti in dialisi erano stati giudicati non idonei alla PD. Una volta esclusi questi pazienti, abbiamo riscontrato che HD e PD erano associate a tassi di sopravvivenza simili nei pazienti incidenti in dialisi, indipendentemente dall’età. L’effetto era robusto nelle analisi ristrette ai pazienti che iniziavano il trattamento dialitico in elezione, in regime ambulatoriale. Inoltre, l’impatto della modalità dialitica sulla sopravvivenza non mutava nel tempo.
In questo studio, abbiamo valutato l’associazione tra sopravvivenza del paziente e modalità dialitica restringendo l’analisi ai soli pazienti candidabili sia alla PD che all’HD, per quanto ne sappiamo ciò non è stato precedentemente studiato salvo il pregresso tentativo di svolgere un trial randomizzato controllato. Questa considerazione è importante in quanto solo i pazienti candidabili a entrambe le modalità di fatto si trovano a poter scegliere tra di esse nella pratica clinica, per cui gli studi idealmente andrebbero ristretti a questa popolazione. Sfortunatamente, la maggior parte dei registri non contengono informazioni riguardo la candidabilità. Nel nostro studio l’idoneità alla PD è stata determinata mediante un approccio strutturato sottoposto a revisione centralizzata in modo da incrementare la trasparenza e minimizzare la soggettività. I pazienti non sottoposti a valutazione di modalità e i pazienti giudicati non candidabili per la PD costituivano il 36% della popolazione totale in dialisi, erano inoltre più anziani e con un maggior carico di comorbidità. Stime precedenti sulla candidabilità alla PD dei pazienti incidenti in dialisi variano dal 64 all’83%. Di conseguenza, l’idoneità alla PD potrebbe aver contribuito in maniera importante alle differenze sottostanti tra pazienti in PD e in HD negli studi precedenti. Il gruppo di pazienti non candidabili alla PD potrebbero presentare intrinsecamente una prognosi peggiore, per cui l’aver incluso questi pazienti nelle analisi precedenti potrebbe aver determinato un bias dei risultati ottenuti.
Alcuni hanno postulato che potrebbe esserci un vantaggio iniziale di sopravvivenza per la PD che si va perdendo poi con il passare del tempo. Storicamente, ciò si spiegava con la miglior salvaguardia della funzione renale residua e conservazione della diuresi che si osserva nei pazienti in PD, cui segue la perdita di capacità ultrafiltrativa con controllo volemico inadeguato e maggior rischio di morte a lungo andare. Ciononostante, non abbiamo rilevato cambiamenti nel tempo del rischio relativo (RR) di morte in PD rispetto all’HD una volta che l’analisi veniva ristretta ai soli pazienti ritenuti idonei a entrambe le modalità. Un bias di selezione potrebbe spiegare meglio l’aumento progressivo del RR di morte in PD vs HD osservato negli studi precedenti. L’aver incluso pazienti in condizioni generali più scadenti e i trattamenti iniziati in regime d’urgenza potrebbero aver determinato un bias delle analisi contro l’HD nelle fasi precoci del trattamento in quanto questi pazienti hanno un tasso di mortalità iniziale molto più elevato e vengono trattati quasi esclusivamente con trattamento extracorporeo. In maniera consistente con quanto abbiamo osservato noi, l’aumento progressivo del RR di morte in PD rispetto all’HD spariva una volta esclusi i pazienti che avevano iniziato il trattamento in urgenza. Potrebbe anche essere che i pazienti non idonei alla PD hanno una maggior probabilità di iniziare il trattamento dialitico in urgenza e in regime di ospedalizzazione.
In studi precedenti si è visto come la presenza di diabete modifichi il rapporto tra modalità dialitica e sopravvivenza. Risultati simili sono stati ottenuti paragonando i pazienti più anziani a quelli più giovani e le donne rispetto agli uomini. Nel nostro studio, una volta esclusi i pazienti non candidabili alla PD, solo l’età modificava il rapporto tra scelta di modalità e sopravvivenza. In particolare, in un’analisi precedente l’età avanzata non si associava a un minor tasso di idoneità alla PD una volta tenuto conto delle barriere all’autosufficienza e del supporto familiare.
Il nostro studio presenta importanti punti di forza. In primis, si è basato su dati di alta qualità raccolti in maniera prospettica in ambito clinico e sotto una rigorosa supervisione. In secundis, non abbiamo eseguito un’analisi “as treated” che tenesse in considerazione i cambiamenti nel tempo di modalità dialitica e/o dell’accesso vascolare per ciascun paziente incidente. Non è infrequente che i pazienti con ESRD passino da una modalità dialitica all’altra, e la nostra analisi non mostra l’associazione tra tecnica dialitica attuale e mortalità. Ciononostante, abbiamo eseguito un’analisi di sensibilità in cui i pazienti che passavano da HD a PD entro sei mesi dall’aver iniziato il trattamento dialitico venivano rimossi dall’analisi, e abbiamo ottenuto risultati simili. In tertis, la nostra coorte era più piccola della maggior parte degli studi di registro in cui si sono paragonate HD e PD, ma comunque di dimensioni simili rispetto agli altri studi di coorte svolti sin’ora. In quartis, nonostante aver corretto per le comorbidità, l’analisi non tiene sempre in conto la gravità delle comorbidità dei pazienti. Considerato tutto, riconosciamo che rimanga un residuo confondente dovuto alla natura osservazionale di questo studio, e che l’associazione riscontrata in questo studio tra mortalità e modalità dialitica non implica un rapporto di causalità.
In conclusione, abbiamo dimostrato che HD e PD si associano a mortalità simile nei pazienti incidenti in dialisi candidabili a entrambe le metodiche. L’effetto della modalità sulla sopravvivenza non sembra variare nel tempo. Idealmente, gli studi futuri se possibile andrebbero ristretti ai pazienti ritenuti idonei a entrambe le modalità, in modo da riflettere gli outcome dei pazienti che si trovano di fatto nella pratica clinica a poter scegliere tra PD e HD.