La prescrizione dialitica in dialisi peritoneale

Introduzione al progetto BP del GDS-DP

La pratica clinica è influenzata e guidata dalle linee guida che le varie società scientifiche (EBPG/ERA-EDTA, K/DOQI, CARI, CSN, UKRA, KDIGO) [1]  pubblicano in base all’evidenza tratta dagli studi clinici secondo una gradualità basata sulla qualità dello studio clinico[2]. Le linee guida rigorosamente costruite rappresentano una buona opzione per il miglioramento della qualità delle cure mediche [3].

Tuttavia alcune di queste linee guida sono basate su un evidenza di basso livello o su opinioni di esperti  [4] ma vengono, spesso, considerate alla stessa stregua delle evidenze più forti.

D’altra parte, in numerosi casi, le evidenze cliniche, su cui dovrebbero basarsi le linee guida, sono assenti.

In molti campi della nefrologia e della dialisi peritoneale non si hanno linee guida basate sull’evidenza  [5] [5] e ciò spesso implica comportamenti clinici difformi.

Sulla scorta di iniziative simili [6] [7] anche il Gruppo di Studio Dialisi Peritoneale (GdS DP) della Società Italiana di Nefrologia (SIN) ha lanciato l’iniziativa di scrivere delle Best Practice (migliore pratica clinica) sugli aspetti fondamentali della dialisi peritoneale che hanno lo scopo di fornire alcune indicazioni sulla migliore conduzione clinica nelle aree critiche della dialisi peritoneale, soprattutto dove non ci sono linee guida basate su un’evidenza forte.

Le Best Practice verranno proposte da un Comitato Consultivo rappresentato dal Coordinatore del GdS DP Dr Vincenzo La Milia, dal Segretario del GdS DP Dr Giovambattista Virga e dal Prof. Giovanni Cancarini.

Ogni singola Best Practice verrà sottoposta ad un Comitato di Esperti in Dialisi Peritoneale in modo da pervenire alla stesura di un documento condiviso per ogni singola Best Practice.

Tali documenti verranno pubblicati per esteso sul sito del GdS DP (www.dialisiperitoneale.org) arricchite da diagrammi di flusso di rapida consultazione, corredate da istruzioni operative (utilizzabili anche dal Personale Infermieristico), tabelle e calcolatori.

Se accettate le Best Practice verranno pubblicate, in forma più sintetica, su una rivista nazionale. Compito del GdS DP è anche quello di diffondere le Best Practice in riunioni, convegni, congressi, sia a livello locale che nazionale. In base a tali incontri, e alla letteratura futura, è possibile che le Best Practice vengano aggiornate.

Avvertenza importante.

Le Best Practice, anche se scritte con la massima attinenza a quanto esistente in letteratura scientifica e alla pratica clinica dei componenti del Comitato Consultivo e del Comitato di Esperti, sono da intendersi come strumento di consultazione da parte dei Medici che lavorano in Dialisi Peritoneale e non come indicazioni ad effettuare procedure, diagnosi e terapie.

Gli Autori non si assumono alcuna responsabilità da eventuali danni che possono essere provocati dall’applicazione anche corretta delle Best Practice così come non si assumono alcuna responsabilità sull’impiego di soluzioni per Dialisi Peritoneale e farmaci, e relativi dosaggi, anche se riportati all’interno delle Best Practice.

Introduzione alla prescrizione dialitica in DP

La prescrizione della CAPD

Introduzione

La CAPD di Moncrief e Popovich  [1] indicava che 10 litri di dialisato drenato al giorno fossero sufficienti a depurare all’equilibrio un paziente. Lo schema prevedeva 5 scambi da 2 litri con equilibrazione completa per l’urea oppure 4 scambi da 2 litri ipertonici con ultrafiltrazione di almeno altri 2 litri. D’altra parte il D/P dell’urea dalle raccolte delle 24 ore risulta essere, per tutte le tipologie di trasporto, mediamente 0.90 e deve essere quindi considerato nei calcoli di adeguatezza e prescrizione [2]. Con lo studio dell’interrelazione tra taglia corporea, volume intraperitoneale e MTAC,  [3] suggerisce che l’incremento da 0.5 litri fino a 2 litri del volume comporta sempre un incremento lineare del MTAC, incrementi ulteriori alla ricerca del picco di MTAC forniscono risultati diversi secondo la taglia corporea, suggerendo 2.5 litri di carico per una superficie di 1.7 mq e 3-3.5 litri di carico per taglie corporee > 2.0 mq. Vengono quindi ipotizzati nuovi criteri di prescrizione seguendo la taglia corporea.

Trasporto, prescrizione e risultati clinici in CAPD

Nello studio di [1], realizzato su di un vasto database, i pazienti con caratteristiche di lento trasporto al PET hanno migliore sopravvivenza in CAPD rispetto ai pazienti con caratteristiche di rapido trasporto che hanno significativamente maggiore sopravvivenza in APD. Questo dato va inquadrato in un contesto clinico in cui i pazienti rapidi trasportatori presentano maggior rischio di morte in generale, e in particolare in CAPD, ma non presentano un aumentato rischio se trattati con APD e icodestrina o se passati in emodialisi. Questo dato proviene da diverse casistiche e revisioni sistematiche per cui va considerato basato sull’evidenza e non opinione. In caso di rapidi trasportatori, con drenaggi modesti e assenza di funzione renale residua (FRR), la CAPD in generale non viene considerata un trattamento adeguato per il rischio cardiovascolare associato a scarsa UF. Risulta quindi cruciale la valutazione del trasporto individuale con PET in quanto criterio diagnostico per l’applicazione dello schema dialitico appropriato (Figura 1). Il PET è anche indispensabile nel monitoraggio perché la membrana peritoneale tende a modificare le sue caratteristiche nel tempo aumentando il trasporto. Una revisione sistematica Cochrane  [2] sul confronto tra CAPD e APD mostra che non vi sono evidenze di una migliore sopravvivenza con una metodica rispetto all’altra ma non considera la prescrizione appropriata per le caratteristiche di trasporto del paziente, quindi il risultato del confronto tra metodiche in questi termini non ha significato.

CAPD e adeguatezza

Nel 1994 [1] in uno studio dedicato all’adeguatezza della CAPD nei pazienti diventati anurici calcola che per ottenere un Kt/V adeguato minimo sono necessari 140 ml/kg di peso di dialisato all’equilibrio (9800 ml per 70 kg). Altri studi riferiscono volumi di prescrizione tra 125 e 145 ml/kg a seconda che si consideri infusione o drenaggio con UF [2][3](Figura 2). Da valori medi ottenuti da studi clinici in caso di prescrizione di CAPD con 4 scambi al giorno, in pazienti senza FRR, con prescrizione di 125 ml/kg, si ottiene un Kt/V 1.7 a pesi corporei crescenti con volumi di carico crescenti (60 kg 1.9 L x 4; 70 kg 2.2 L x 4, 80 kg 2.5 L x 4, 90 kg 2.8 L x 4). Da questi dati medi si evince che la prescrizione della CAPD negli anurici diventa difficile per pesi corporei elevati. Nel caso poi che il trasporto peritoneale sia lento (D/PCR 4 ore < 0.6) e il peso corporeo elevato (90 kg), questo tipo di dialisi diventa non più praticabile (Figura 3). Il trial ADEMEX [4] confronta livelli diversi di depurazione applicando schemi di CAPD standard 2 litri x 4 scambi vs CAPD alte dosi 2.5 litri x 4 o 5 scambi ≤1.78 mq BSA e 3.0 litri x 4 o 5 scambi con >1.78 mq BSA. A fronte di pCLCR medie di 54 vs 63 litri settimana/1.73 e pKt/V 1.80 vs 2.27 settimana, il risultato del trial in termini di assenza di differenze di outcome con i diversi trattamenti non incoraggia nella pratica della prescrizione di alti volumi per cercare più elevati livelli di depurazione.

CAPD e IPP

L’eventuale scelta prescrittiva di aumento del riempimento della cavità peritoneale trova un riferimento alternativo con la misurazione della pressione idrostatica intraperitoneale (IPP) proposta da [1]. L’IPP ha valori variabili di 5-15 cmH2O con due litri in addome contro 17 cmH2O medi di pressione nei capillari peritoneali. Il suo valore varia in rapporto al volume caricato ma anche alla taglia corporea, alle caratteristiche di resistenza di parete e al volume degli organi interni. L’IPP è un parametro prescrittivo in DP in quanto influenza l’ultrafiltrazione, l’assorbimento linfatico ed extralinfatico che, quando IPP supera le pressioni capillari, diventa indipendente dalla tonicità delle soluzioni. Durand propone un riempimento addominale massimo di 1500 ml/mq BSA (2595 ml per 1.73 mq) se IPP < 18 cm H2O considerando anche la riduzione della capacità vitale (formula proposta per individuare il volume da prescrivere in CAPD e APD: Vmax=Vin+[(18-IPP)/2]x1000; V consigliato=Vmax-1000) [2] (Figura 2).

BibliografiaReferences

[1] Durand PY, Chanliau J, Gamberoni J, Hestin D, Kessler M. Routine measurement of hydrostatic intraperitoneal pressure. Adv Perit Dial. 1992;8:108-12.

[2] Durand PY, Chanliau J, Gambéroni J, Hestin D, Kessler M. Intraperitoneal hydrostatic pressure and ultrafiltration volume in CAPD. Adv Perit Dial. 1993;9:46-8.

L’eventuale scelta prescrittiva di aumento del riempimento della cavità peritoneale trova un riferimento alternativo con la misurazione della pressione idrostatica intraperitoneale (IPP) proposta da [1]. L’IPP ha valori variabili di 5-15 cmH2O con due litri in addome contro 17 cmH2O medi di pressione nei capillari peritoneali. Il suo valore varia in rapporto al volume caricato ma anche alla taglia corporea, alle caratteristiche di resistenza di parete e al volume degli organi interni. L’IPP è un parametro prescrittivo in DP in quanto influenza l’ultrafiltrazione, l’assorbimento linfatico ed extralinfatico che, quando IPP supera le pressioni capillari, diventa indipendente dalla tonicità delle soluzioni. Durand propone un riempimento addominale massimo di 1500 ml/mq BSA (2595 ml per 1.73 mq) se IPP < 18 cm H2O considerando anche la riduzione della capacità vitale (formula proposta per individuare il volume da prescrivere in CAPD e APD: Vmax=Vin+[(18-IPP)/2]x1000; V consigliato=Vmax-1000) [2] (Figura 2).

CAPD nel tempo

Da molti anni è conosciuto il fenomeno della riduzione dell’ultrafiltrazione nel tempo in DP. Diversi autori [1][2][3] riportano il cambiamento delle caratteristiche della membrana peritoneale verso un trasporto più veloce dei soluti e un riassorbimento più elevato del glucosio verosimilmente con un meccanismo infiammatorio cronico. Queste modificazioni del trasporto peritoneale nel tempo condizionano la CAPD in termini di ultrafiltrazione, patologia cardiovascolare e mortalità rendendo necessaria una modifica della prescrizione [4]. Inoltre costituiscono un consistente indizio di danno progressivo nel tempo della membrana peritoneale. Quindi nella prescrizione della CAPD a lungo termine è utile considerare soluzioni alternative più biocompatibili per rallentare il danno di membrana e l’icodestrina per mantenere una soddisfacente ultrafiltrazione in presenza di alto trasporto o di anuria [5].

Conclusione
La CAPD è una prescrizione basilare in DP con caratteristiche di semplicità di utilizzo. L’adeguatezza dialitica e ultrafiltrativa possono essere raggiunte e mantenute nel tempo adeguando il volume di riempimento addominale, considerando le caratteristiche di trasporto peritoneale e la pressione intraperitoneale del paziente. Nei programmi dialitici, specie a lungo termine, è consigliabile curare al massimo grado la conservazione della membrana.

La prescrizione dell’APD

Introduzione

L’APD è una tecnica di DP molto praticata in Italia, la sua prescrizione è diversa dall’IPD praticata in passato ma le vecchie esperienze sono state utili per comprendere il funzionamento del peritoneo e per progettare cycler semplici e sicuri. Attraverso l’analisi della letteratura cercheremo di capire l’evoluzione dei principi tecnici e prescrittivi attuali.

CCPD (Continuous Cycling Peritoneal Dialysis)

La CCPD sfrutta il concetto di DP all’equilibrio con una prescrizione che combina una seduta di dialisi notturna con vari cicli automatizzati e una lunga stasi diurna (Figura 4). Questo tipo di APD mostra una buona flessibilità [1]. Una prima messa a punto nella prescrizione della CCPD viene registrata negli anni 90 con uno schema di dialisi automatizzata che sfrutta la notte con 3-4 cicli con il massimo volume di riempimento tollerato e due stasi diurne realizzate con uno scambio a metà giornata [2]. Con questo tipo di schema vi era un ottimo rendimento in termini di rapporto tra clearance ottenuta e impiego di dialisato [3]. Il limite della metodica consiste nei tempi morti, disturbi al paziente e frequenti allarmi nelle fasi di infusione e drenaggio [4][5].

Tidal

La tidal è una tecnica APD frequentemente prescritta e praticata, in cui una parte del fluido dialitico viene scambiato con brevi cicli mentre una parte del fluido viene lasciata a stazionare in addome (Figura 4). Questa tecnica è stata proposta per ridurre i tempi morti di carico e scarico del dialisato e consentire molti cicli rapidi nell’arco della notte [1]. Lo stazionamento di parte del liquido in addome nel corso della seduta di APD, permette di gestire meglio i pazienti con cateteri con fasi di drenaggio lente e prolungate e quelli che lamentano fastidi o dolore nelle fasi di infusione e drenaggio [2]. Per la prescrizione di questa modalità di APD in termini di volume totale, volume scambiato per ciclo, numero di cicli e caratteristiche individuali di trasporto, diversi lavori riportano buoni risultati nei pazienti medi e rapidi trasportatori [3][4][5][6](Figura 5). Un’ulteriore evoluzione della tidal viene dallo studio del profilo del volume o del flusso di drenaggio nel tempo. I profili dei pazienti mostrano un netto cambiamento del flusso di drenaggio verso la fine dello stesso [7][8]. Tale punto di cambiamento di flusso, denominato breakpoint, viene considerato interessante per l’ottimizzazione dei drenaggi, tagliando le fasi a basso flusso e quindi guadagnando tempo per le fasi di stasi effettiva (Figura 6).

Volume di riempimento, IPP e APD

Il rendimento dell’APD può essere efficacemente incrementato con l’aumento del volume di riempimento quando il paziente è supino per il riposo notturno. La base teorica di questa prescrizione viene fornita dallo studio di [1] che indica un incremento delle MTAC peritoneali con 2.5 litri di carico per una superficie di 1.7 mq e fino a 3.5 litri di carico per taglie corporee > 2.0 mq. L’aumento del riempimento della cavità peritoneale necessita però la verifica dell’IPP che risulta essere un utile parametro prescrittivo in quanto influenza la capacità vitale respiratoria, l’ultrafiltrazione, l’assorbimento di fluido e specificamente per l’APD la qualità del sonno. Viene quindi proposto un riempimento addominale di 1500 ml/mq BSA (2595 ml per 1.73 mq) solo se IPP è inferiore a 18 cm di acqua, in caso di valori superiori il volume dovrebbe essere ridotto [2]. Recentemente viene anche proposta una modulazione di diversi volumi, tempi e soluzioni nei cicli in corso di APD con risultati interessanti [3] (Figura 4).

APD e adeguatezza

Nel 1996 viene proposto il concetto di utilizzare tutta la giornata con uno schema di CCPD: 3 litri x 3 cicli notturni + 2 stasi diurne 2 litri + UF per un totale drenato di 15 litri ottenendo Kt/V 2.03 e CLCR 51.14 litri settimanali e lo studio viene successivamente confermato su un numero più ampio di pazienti [1][2][3] riporta, con una prescrizione Tidal di 8 ore e mezza notturne, 50% del carico di 2 litri, che quando il D/P CR a 4 ore è inferiore a 0.65 diventa impossibile raggiungere una CLCR di 50 litri/settimana/1.73 mq anche utilizzando 35 litri di dialisato per seduta, anzi nei bassi trasportatori si ha un peggioramento delle clearance con l’incremento dei litri prescritti (Figura 5). Lo stesso autore riporta però che da 30 a 50 ml/Kg/ora si ottiene un incremento del Kt/V da 1.73 a 2.15 e in un altro lavoro il passaggio da 17 litri di CTPD a 32 litri ha mostrato un incremento del Kt/V da 2.09 a 2.52[4][5][6] (Figura 5). Si ottiene quindi una diversa rimozione per un diverso peso molecolare delle tossine. Lo studio EAPOS registra una buona sopravvivenza della tecnica (62%) e del paziente (78%) con target CLCR vicini ai 60 litri settimanali. Gli schemi che permettono questi risultati sono: nei lenti trasportatori CCPD 3 cicli di 2 litri 9-10 ore/notte + 2 stasi 2 litri di giorno; nei medi trasportatori CCPD 3-4 cicli 2-2.5-3 litri 9-10 ore/notte + 2 stasi di giorno 2-2.5 litri (secondo la taglia corporea); nei rapidi trasportatori: CCPD 4-5 cicli 2-2.5 litri 8 ore/notte + 2 stasi di giorno 2-2.5 litri (secondo taglia corporea) di cui una con icodestrina. La prescrizione veniva definita con PD Adequest e discussione clinica per un effettivo totale giornaliero drenato di 15.7-16.7 litri e CLCR effettive di 63.4-68.8 litri/settimana/1.73 mq [7]. Dallo stesso studio l’UF ottimale per l’equilibrio idrosalino del paziente in APD anurico deve essere maggiore di 750 ml [8]. Quindi la letteratura riguardante l’APD si divide tra bassi flussi (7-12 litri per notte) e alti flussi (18-27 litri per notte) e la sintesi per i migliori risultati si ottiene solo considerando l’APD una terapia da personalizzare seguendo le caratteristiche di trasporto dei pazienti e la verifica delle clearance (Figura 7). I pazienti alto-trasportatori presentano maggior rischio di morte, in particolare se posti in CAPD, ma non presentano un aumentato rischio se trattati con APD e icodestrina o emodializzati. Questo dato proviene da diverse casistiche e revisioni sistematiche per cui va considerato basato sull’evidenza e non opinione [9]. Risulta quindi importante la valutazione del trasporto individuale con PET in quanto criterio per la prescrizione dello schema dialitico appropriato. La soluzione con icodestrina assieme all’APD costituisce lo schema ottimale per la sopravvivenza del paziente rapido trasportatore [10].

BibliografiaReferences

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[3] Durand PY, Freida P, Issad B, Chanliau J. How to reach optimal creatinine clearances in automated peritoneal dialysis. Perit Dial Int. 1996;16 (Suppl 1):S167-70.

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[6] Amici G. Continuous tidal peritoneal dialysis. Prescription and power. Contrib Nephrol. 1999;129:134-41.

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[8] Davies SJ, Brown EA, Reigel W, Clutterbuck E, Heimbürger O, Diaz NV, Mellote GJ, Perez-Contreras J, Scanziani R, D’Auzac C, Kuypers D, Divino Filho JC; EAPOS Group. What is the link between poor ultrafiltration and increased mortality in anuric patients on automated peritoneal dialysis? Analysis of data from EAPOS. Perit Dial Int. 2006;26:458-65.

[9] Johnson DW, Hawley CM, McDonald SP, Brown FG, Rosman JB, Wiggins KJ, Bannister KM, Badve SV. Superior survival of high transporters treated with automated versus continuous ambulatory peritoneal dialysis. Nephrol Dial Transplant 2010;25:1973–9.

[10] Davies SJ, Brown EA, Frandsen NE, Rodrigues AS, Rodriguez-Carmona A, Vychytil A, Macnamara E, Ekstrand A, Tranaeus A, Divino Filho JC; EAPOS Group. Longitudinal membrane function in functionally anuric patients treated with APD: data from EAPOS on the effects of glucose and icodextrin prescription. Kidney Int. 2005;67:1609-15.

Conclusione

L’APD è una terapia che consente un’ampia flessibilità prescrittiva, deve essere adattata al trasporto peritoneale, è indicata soprattutto nei rapidi trasportatori, ma può essere prescritta anche in altre tipologie di pazienti, soprattutto se la FRR è presente, e consente anche l’utilizzo di soluzioni alternative. La modalità tidal viene frequentemente utilizzata perché riduce i tempi morti e gli allarmi e consente il trattamento anche nei cateteri con funzionamento sub-ottimale e nei casi di dolorabilità addominale. Con l’APD i pazienti hanno più tempo durante il giorno per attività lavorative, per la famiglia e il tempo libero, consente l’assistenza domiciliare per i pazienti infermi e anziani non autosufficienti.

Le soluzioni alternative e biocompatibili

Introduzione

La membrana peritoneale cambia nel tempo con modificazioni istopatologiche e funzionali [1][2]. La flogosi cronica è la principale causa dell’invecchiamento della membrana e le soluzioni per DP con le loro componenti sono imputate del problema. E’ quindi utile considerare una strategia prescrittiva utilizzando le soluzioni con maggiore biocompatibilità attualmente disponibili.

Soluzioni per DP a compartimenti multipli

Il doppio compartimento nelle sacche è stato ideato per ridurre i GDPs (glucose degradation products) che si formano nel liquido, sterilizzando il glucosio in una soluzione concentrata, acida e priva di sali (primo compartimento) poi da unire a una soluzione contenente i sali minerali e il tampone (secondo compartimento) in modo da elevare il pH del prodotto miscelato, a livelli simili al pH fisiologico. I GDPs sono considerati precursori degli AGEs (advanced glycosylation end-products) responsabili di effetti pro-infiammatori e pro-ossidativi in tutti i tessuti compreso rene e peritoneo [1]. Le soluzioni a compartimenti multipli contengono una quantità di GDPs circa dieci volte inferiore alle sacche a compartimento singolo  [1][2]. Per una definizione pratica di basso livello di GDPs bisogna considerare il colore della soluzione, la presenza di compartimenti multipli che separano il glucosio dai sali e tamponi e il pH basso nel compartimento del glucosio (pH 1.8-3.5) [1]. I valori di GDPs che distinguono le soluzioni biocompatibili dalle soluzioni standard per il più noto 3,4-DGE sono 0.2-11 vs 13-19 microM/L (Figura 8). Un altro motivo per il doppio compartimento è l’introduzione del bicarbonato come tampone fisiologico ideale a sostituire il lattato. Il bicarbonato in presenza di sali di calcio tende a formare depositi insolubili per cui deve essere tenuto separato. Attualmente vi sono diversi tipi di soluzione per DP commerciali: standard di PVC con lattato a 1 compartimento e pH 5.0-5.4 ed elevato tenore di GDPs, sacche di PVC a 3 compartimenti con lattato a pH 6.5 e basso tenore di GDPs, sacche in plastica trilaminare (non-PVC) a 2 compartimenti con una combinazione di bicarbonato e lattato a pH 7.3 e medio tenore di GDPs, sacche in poliolefina a 2 compartimenti con tampone lattato pH 7.0 e basso tenore di GDP, sacche in poliolefina a 2 compartimenti con tampone bicarbonato puro, prive di lattato, pH 7.4 e basso tenore di GDPs (Figura 9). La letteratura finora disponibile mostra il miglioramento di indici indiretti di tossicità peritoneale utilizzando soluzioni a base di bicarbonato e bicarbonato lattato, a basso tenore di GDPs e a pH neutro [3][4][5][6][7] (Figura 10). Studi retrospettivi in ampie casistiche mostrano un vantaggio in termini di sopravvivenza del paziente e della tecnica sia con soluzioni a basso tenore di GDPs e pH neutro che con bicarbonato [3] [8] e un altro studio mostra una minor perdita di FRR con soluzioni a basso tenore di GDPs [9].

BibliografiaReferences

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[2] Schalkwijk CG, Posthuma N, ten Brink HJ, ter Wee PM, Teerlink T. Induction of 1,2-dicarbonyl compounds, intermediates in the formation of advanced glycation end-products, during heat-sterilization of glucose-based peritoneal dialysis fluids. Perit Dial Int. 1999;19:325-33.

[3] Williams JD, Topley N, Craig KJ, Mackenzie RK, Pischetsrieder M, Lage C, Passlick-Deetjen J; Euro Balance Trial Group. The Euro-Balance Trial: the effect of a new biocompatible peritoneal dialysis fluid (balance) on the peritoneal membrane. Kidney Int 2004;66:408-18.

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[7] Theodoridis M, Tziakas D, Passadakis P, Kantartzi K, Roumeliotis A, Thodis E, Vargemezis V. The effect of bicarbonate peritoneal dialysis solutions on cardiac structural and functional alterations. Nephrol Dial Transplant 2011;26:4061-7.

[8] Lee HY, Choi HY, Park HC, Seo BJ, Do JY, Yun SR, Song HY, Kim YH, Kim YL, Kim DJ, Kim YS, Kim MJ, Shin SK. Changing prescribing practice in CAPD patients in Korea: increased utilization of low GDP solutions improves patient outcome. Nephrol Dial Transplant. 2006;21:2893-9.

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Agenti osmotici alternativi al glucosio: icodestrina

L’icodestrina ha segnato uno dei passi avanti più rilevanti degli ultimi anni nell’ambito della DP (Mistry). Si tratta di una soluzione che non contiene glucosio ma una miscela di polimeri del glucosio (maltodestrine) con vari pesi molecolari, che genera UF con meccanismo colloidosmotico paragonabile al glucosio 3.86% in stasi lunghe. La soluzione monocompartimento con sacca in PVC ha concentrazione di icodestrina 7.5%, pH 5.0 e basso tenore di GDPs (Figura 8, Figura 9). La produzione di UF è più lenta rispetto al glucosio ma prolungata nel tempo e non coinvolge il sistema delle acquaporine. Questa soluzione presenta dei vantaggi notevoli nelle stasi lunghe, consente la produzione di UF anche quando c’è peritonite o deficit di UF e riduce l’assorbimento calorico [1]. L’icodestrina presenta degli svantaggi quali: assorbimento del polimero con aumento del maltosio nel sangue che limita l’uso a soli 2 litri al giorno [1], interferenza con il dosaggio glicemico con alcune strisce reattive e con il dosaggio delle amilasi [2], può indurre aumento delle transaminasi, della fosfatasi alcalina e riduzione della sodiemia [3], infine è stata associata a ipersensibilità cutanea [4]. Presenta delle variazioni produttive della miscela di destrine e può subire la contaminazione batterica con presenza di particelle antigeniche pro-infiammatorie anche dopo sterilizzazione a caldo [5]. L’icodestrina ha dei principi precisi di prescrizione: deve essere usata per stasi lunghe (non inferiori a 8 ore) perché genera UF progressivamente nel tempo [1], può essere usata come sacca notturna in CAPD e sacca diurna in APD, è in grado di prolungare la durata della dialisi nei pazienti anurici, aumenta l’UF, la rimozione di sodio e la depurazione nei pazienti di tutte le categorie di trasporto e migliora la gestione dei pazienti veloci trasportatori [6][7]. L’uso intensivo di maggiori quantità giornaliere di icodestrina è da considerarsi ancora sperimentale [8].

BibliografiaReferences

[1] Mistry CD, Gokal R, Peers E. A randomized multicenter clinical trial comparing isosmolar icodextrin with hyperosmolar glucose solutions in CAPD. MIDAS Study Group. Multicenter Investigation of Icodextrin in Ambulatory Peritoneal Dialysis. Kidney Int. 1994;46:496-503.

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[6] Lin A, Qian J, Li X, Yu X, Liu W, Sun Y, Chen N, Mei C; Icodextrin National Multi-center Cooperation Group. Randomized controlled trial of icodextrin versus glucose containing peritoneal dialysis fluid. Clin J Am Soc Nephrol 2009;4:1799-804.

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[8] . Dousdampanis P, Trigka K, Chu M, Khan S, Venturoli D, Oreopoulos DG, Bargman JM. Two icodextrin exchanges per day in peritoneal dialysis patients with ultrafiltration failure: one center’s experience and review of the literature. Int Urol Nephrol. 2011;43:203-9.

Agenti osmotici alternativi al glucosio: aminoacidi

Un altro agente osmotico alternativo al glucosio è costituito da una miscela di aminoacidi alla concentrazione dell’1.1% con caratteristiche di biocompatibilità e apporto nutrizionale (Figura 9). Gli aminoacidi, per il loro modesto peso molecolare, sono osmoticamente molto attivi ma solo per tempi di sosta brevi e sono assorbiti rapidamente in quota rilevante [1]. Questa caratteristica assieme all’acidità propria ne limita la prescrizione a soli due litri al giorno per l’acidosi metabolica e l’incremento dell’azotemia. La soluzione viene proposta anche in APD per essere miscelata e assorbita assieme al glucosio con effetti positivi per l’anabolismo proteico [2][3][4][5].

Plastificanti

Gli ftalati aggiunti al PVC delle sacche sono imputati di tossicità peritoneale cronica. Sono stati pubblicati molti studi che hanno mostrato un legame tra ftalati disciolti nel liquido di dialisi peritoneale e inibizione dei leucociti, rilascio di IL1 dai monociti e aumento dell’apoptosi (Fracasso [1]Fischer [2]). Non vi sono studi comparativi nell’uomo sui danni a lungo termine da ftalati nelle sacche di PVC a confronto con sacche prive di queste sostanze (Narikiyo [3]). Sono comunque attualmente disponibili sacche non-PVC e prive di plastificanti.

Conclusioni

Gli studi indicano alcuni effetti positivi delle soluzioni a ridotto tasso di GDP e con tampone bicarbonato (puro o misto) senza evidenziare controindicazioni all’uso. Tutti i pazienti, ma in particolare i pazienti giovani e quelli per i quali è prevedibile una lunga durata della DP, dovrebbero essere preferibilmente trattati con queste soluzioni. L’icodestrina ormai da molti anni ha confermato la sua utilità per l’ottenimento di una consistente UF in una larga parte dei pazienti e per prolungare la dialisi peritoneale. Infine gli aminoacidi si affiancano alle prescrizioni per ridurre l’assorbimento di glucosio e dare un apporto nutrizionale.

I modelli cinetici computerizzati

Introduzione

La prescrizione può essere facilitata dall’utilizzo di programmi per computer che forniscono una previsione, per simulazione matematica, dei risultati ottenibili con vari schemi dialitici. Questi programmi utilizzano dei modelli cinetici di trasporto peritoneale. Vi sono stati molti contributi sulla modellistica del trasporto peritoneale ma sono disponibili e utilizzabili 3 software: PD Adequest, Synergy-PDC e PFT-Patient-on-line.

PD Adequest

Utilizza il modello di Pyle-Popovich a pori omogenei (Vonesh [1]Vonesh [2]). I dati richiesti dal modello, oltre a quelli anagrafici, sono quelli di clearance giornaliere, PET e scambio notturno antecedente. Calcoli relativi alle misurazioni: Kt/V e CRCL normalizzata (l/1.73 mq) settimanali totali, nPCR (g/kg/die), GFR (media clearance renali urea e creatinina, ml/min), classificazione PET con 240′ D/P CR secondo Twardowski. Il programma fornisce tutti i D/P di urea, glucosio e UF, MTAC di urea, creatinina e glucosio, assorbimento di fluido e permeabilità idraulica. Il programma simula matematicamente i risultati della prescrizione dialitica in due modalità: “Regimen” il processo di modellazione inizia da un regime di prescrizione e il programma fornisce i risultati della prescrizione proposta. I risultati sono espressi in termini di weekly CRCL, Kt/V, UF e riassorbimento glucidico in CAPD e APD con qualsiasi volume o tipo di soluzione. Nella seconda modalità denominata “Optimise” il processo di modellazione inizia da un target di nutrizione o di adeguatezza o di UF o stile di vita.  Il programma propone quattro differenti schemi di prescrizione che possono rispondere al target. I risultati sono espressi in termini di volume dialitico di giorno e di notte, concentrazioni e clearance (Figura 11).

Personal Dialysis Capacity (PDC)

Il programma utilizza il modello di trasporto peritoneale capillare “a tre pori” capace di descrivere le proprietà della membrana (Rippe [1]Haraldsson [2]). Descrive i flussi di acqua, cristalloidi e proteine attraverso tre tipologie di teoriche porosità cilindriche a livello endoteliale: pori piccoli di dimensioni tra 40-50 Å, pori grandi di dimensioni 250-300 Å e pori ultrapiccoli dedicati al solo trasporto di acqua di dimensioni 2-4 Å. Le tre tipologie di pori generano una resistenza diffusiva che viene sommata. Il parametro principale che caratterizza le caratteristiche di trasporto peritoneale è il rapporto tra area porosa totale e distanza diffusiva (A0/Δx), altri parametri del modello sono l’assorbimento di fluido (JvR) e la perdita proteica (JvL). I parametri richiesti dal programma si ottengono tramite uno schema di CAPD a 5 stasi eseguito a domicilio con annotazione di tempo, concentrazione, peso e campionatura per urea, creatinina, glucosio e albumina, due campioni ematici rappresentativi della giornata, raccolta delle urine per la funzione renale residua. In alternativa uno schema di CCPD con due stasi diurne è in grado di fornire dati analoghi. I calcoli del modello si basano quindi sul rendimento di stasi con differenti durate. Il programma fornisce mediante simulazioni i risultati possibili di vari schemi dialitici applicati. I valori di riferimento di A0/Δx/1.73mq sono 23.600 cm (17.200-30.000) sommariamente corrispondenti alle categorie di trasporto al PET (Figura 11).

Peritoneal Function Test (PFT)

Il software di calcolo e simulazione è sviluppato sulla base del modello di Garred a pori omogenei (Gotch [1]). Viene calcolato il MTAC peritoneale espresso come Pt50 (tempo per raggiungere un D/P di 0.5) a partire da un test che può essere un PET standard o il QA-PFT. Centrale nel modello è la cinetica dell’urea ma sono presenti valutazioni della cinetica della creatinina con stima della massa magra. Il software accetta diversi tipi di input: raccolta degli scambi e delle urine delle 24 ore + 1 scambio in reparto (QA= quality assurance exchange); MPFT (Modified Peritoneal Function Test) raccolta delle 24 ore con sacche separate e tempi di stasi diversi, un test proposto da Gotch [1]; PFT semplificato (sPFT): QA exchange + urine; PET; raccolta dialisato 24 ore + urine; PET + raccolta 24 ore. Per un’accurata modellazione è naturalmente consigliato un test più informativo possibile. In tutti i campioni sono richiesti i dosaggi di urea, creatinina, glucosio e proteine. Il software simula matematicamente la DP con due modalità: fornisce i risultati di schemi dialitici definiti (“prescription”) oppure fornisce schemi dialitici per obbiettivi di adeguatezza e stile di vita (“targets”) (Figura 11).

l controllo della qualità dei dati di adeguatezza e cinetica
Errori casuali e sistematici sono presenti in tutte le misurazioni fisiche e biologiche e quindi possono riguardare il volume, il peso e le analisi biochimiche. Questi errori sono presenti nelle clearance e nei PET. I risultati delle simulazioni dei software cinetici sono influenzati da questi errori talvolta con effetto di amplificazione. E’ di conseguenza necessario valutare criticamente i risultati. E’ noto che Il dosaggio della creatinina col metodo Jaffè cinetico soffre l’interferenza del glucosio nel liquido di DP e necessita di correzione così come il dosaggio del glucosio a concentrazioni elevate può presentare una sottostima rilevante. Per la corretta valutazione del PET è quindi necessario il controllo critico dei dati non compatibili con la fisiologia o lo stato del paziente. La classificazione dei pazienti con il D/P CR al PET ha una distribuzione gaussiana, le categorie medie di trasporto sono le più frequenti (68%), le categorie estreme (“rapidi” 16% e “lenti” 16%) sono più rare. Altri problemi metodologici all’esecuzione del test sono legati al metodo e al volume di campionamento, al tempo zero con il calcolo del volume residuo e alla pesatura esatta del volume infuso e drenato per escludere l’overfill delle sacche. I pazienti devono essere clinicamente stabili ai test, pazienti acuti, iperidratati, disidratati, con peritonite o settici sono esclusi. L’UF complessiva quotidiana deve essere positiva, se nulla o negativa devono essere ripetute le raccolte in quanto non compatibili con lo steady-state. I pazienti malnutriti presentano dei dati di clearance sovrastimati a causa della normalizzazione, è più corretto normalizzare utilizzando un peso ideale fornendo obbiettivi di dialisi adatti al recupero della normale nutrizione.

L'errore di modellazione

Il PD Adequest è stato sottoposto a due validazioni cliniche multicentriche gestite direttamente dall’ideatore su un totale di 215 pazienti con rilevazione di un errore percentuale: Kt/V sett. 0.1±10.0%, CLCR sett. -0.5±12.2% e UF netta die -13.6±69.6% (Vonesh [1]Vonesh [2]). Una validazione indipendente e multicentrica su 78 pazienti mostra un errore percentuale più ampio: Kt/V sett. 0.2±11.9%, CLCR sett. 5.7±13.1% e UF netta die -7.2±271.0%, riportando inoltre l’influenza del tipo di PET sugli errori di modellazione (Amici [3]). E’ stato seguito un principio di verifica basato sul confronto tra i risultati di uno schema dialitico effettivamente svolto e la modellazione dello stesso schema con il software. Il PDC presenta delle tipicità rilevanti per i processi di validazione infatti il test per acquisire i dati di base dura 24 ore e modifica sostanzialmente lo schema seguito comunemente dal paziente. Dall’unico lavoro clinico multicentrico indipendente di validazione su 336 pazienti risulta una DS delle differenze tra modellato e reale di 0.5 ml/min per UNCL, 0.55 ml/min per CRCL e 282 ml per UF 24h (Van Biesen [4]). Risulta anche una tendenza alla sottostima di UNCL e sovrastima di CRCL che trova una corrispondenza anche negli altri software come la marcata variabilità dell’UF. Il software PFT non ha studi di validazione indipendenti, le verifiche di validazione eseguite dal suo ideatore su 108 pazienti mostrano solo per il Kt/V dell’urea peritoneale un intervallo di confidenza al 95% delle differenze in termini assoluti di ±0.30 unità di Kt/V peritoneale settimanale e in termini relativi del 20% (Gotch [5]) (Figura 11).

Conclusione

Sono disponibili tre modelli cinetici computerizzati che a partire da differenti test di funzionalità consentono la simulazione degli schemi dialitici per l’ottimizzazione e la personalizzazione della prescrizione. Questi strumenti sono utili ausili prescrittivi ma richiedono, per essere attendibili, un attento controllo degli errori di input e di output.

La dialisi peritoneale incrementale (DPI)

Introduzione

Il concetto base della DPI è che la DP può essere prescritta in modo graduale affiancandosi e integrando la FRR per il raggiungimento di un target di adeguatezza convenzionale per la DP. Questo permette un trattamento con una dose dialitica bassa, che viene poi modificata nel tempo al deterioramento della FRR. Attualmente è ancora oggetto di dibattito se l’inizio del trattamento con DP debba essere espletato a dose piena o incrementale.

Analisi della letteratura

Le esperienze riportate sono prevalentemente studi pilota e illustrano criteri di selezione, tipo di trattamento e follow-up. De Vecchi [1] riporta 4 anni di follow-up su 25 pazienti sottoposti a CAPD con 1 stasi notturna o 2 stasi diurne con FRR iniziale, misurata con clearance della creatinina urinaria, superiore a 6 ml/min con risultati positivi in termini di adeguatezza dialitica, qualità di vita e basso numero di complicanze correlate alla dialisi peritoneale. Il tempo in DPI era circa un anno (10.6 ± 8.9 mesi) e la velocità di riduzione della FRR in due anni è passata da 6.2 ml/min a 4.2 ml/min medi con un volume urinario pressoché invariato nel corso dello studio (da 1328 a 1283 ml/die). Neri [2] e Viglino [3] riferiscono gli effetti della DPI sulla FRR e sull’adeguatezza del trattamento in pazienti con GFR < 6 ml/min. Il protocollo prevedeva una dose di DPI secondo il GFR: 1-2 stasi sopra i 5 ml/min, 3 stasi al di sotto dei 5 ml/min e dose piena sotto i 3 ml/min per la CAPD, mentre in APD erano 4 sedute settimanali sopra i 5 ml/min, 5 sedute di APD al di sotto dei 5 ml/min e dose piena sotto i 3 ml/min. Dei 27 pazienti studiati solamente 2 hanno iniziato a dose piena, mentre gli altri hanno iniziato con DPI. I pazienti in DPI hanno mostrato una più lenta perdita della funzione renale (-1.8 ml/min/anno) rispetto a loro stessi nel periodo predialitico (-4.1 ml/min/anno). Recentemente è stata anche comunicata l’esperienza del gruppo di Brescia (Valerio [4]), in cui 31 pazienti sono stati avviati alla DPI (GFR urinario iniziale 4.8-5.7 ml/min) con un follow-up 34 mesi e durata mediana della DPI di 17.3 mesi. Il confronto tra APD e CAPD standard e DPI non ha mostrato significative differenze in termini di sopravvivenza, complicanze e adeguatezza. Foggensteiner [5] ha arruolato 39 pazienti con Kt/V renale settimanale 2.0 e li ha trattati con una stasi quotidiana. Nei 4 anni dello studio il target di adeguatezza era Kt/V settimanale totale di 2.0. I pazienti sono rimasti in stasi unica per 325 giorni e le cause di abbandono della stasi unica sono stati: 26 incremento di dose, 1 trapianto renale e 4 switch permanente all’emodialisi. La velocità di perdita della FRR è stata di -24 L/sett/anno di clearance della creatinina, corrispondente a circa -2.3 ml/min/anno. Burkart [6] ha investigato l’avvio (healthy start) della dialisi peritoneale incrementale in 13 pazienti. Il target di terapia era Kt/V 2.0. Questo studio non ha evidenziato particolari problemi di applicazione della DPI e bassa incidenza di complicanze. Il follow-up era organizzato con controlli frequenti e la CAPD era prescritta con 1-4 scambi. Bertoli [7] riporta l’avvio della CAPD a basse dosi in 24 pazienti negli ultimi otto anni, pari al 30% dei pazienti che hanno iniziato la DP. All’avvio del trattamento i pazienti avevano in media un Kt/V settimanale renale di 1.4±0.4, un GFR di 9.6±2.7 ml/min e una clearance della creatinina di 14±4.8 ml/min: di questi pazienti 10 hanno iniziato il trattamento con un GFR superiore a 10 ml/min per sovraccarico idrico cronico da cardiopatia dilatativa ipocinetica severa, utilizzando icodestrina notturna. Gli altri 14 pazienti hanno iniziato il trattamento con un GFR < 10 ml/min ancora paucisintomatici con lo scopo di ottenere un adattamento alla metodica in considerazione della loro età avanzata. Il tempo medio di terapia a basse dosi è stato di 11.0 ± 7.0 mesi e al termine dell’osservazione dei 14 pazienti con GFR 6-10 ml/min, 11 hanno aumentato la posologia dialitica, mentre 3 erano ancora con un sola stasi. Domenici [8] recentemente riporta l’uso specifico della DP incrementale in 17 pazienti come trattamento ponte in attesa di trapianto renale. All’inizio il GFR era 6.9±1.1 ml/min e il tempo di follow-up 28±13 mesi. Il tasso di perdita della FRR in predialisi era -0.97±0.34 mentre in DP incrementale era -0.27±0.04 ml/min/mese. Le conclusioni dello studio sottolineano basso tasso di complicanze, ridotta perdita di FRR e buona tollerabilità generale.

BibliografiaReferences

[1] De Vecchi AF, Scalamogna A, Finazzi S, Colucci P, Ponticelli C. Preliminary evaluation of incremental peritoneal dialysis in 25 patients. Perit Dial Int 2000;20:412-7.

[2] Neri L, Viglino G, Cappelletti A, Gandolfo C, Barbieri S. Incremental dialysis with automated peritoneal dialysis. Adv Perit Dial. 2003;19:93-6.

[3] Viglino G, Neri L, Barbieri S. Incremental peritoneal dialysis: Effects on the choice of dialysis modality, residual renal function and adequacy. Kidney Int 2008;108:S52-5.

[4] Valerio F, Manili L, Sandrini M, Mazzola G, Vizzardi V, Cancarini G. Dialisi peritoneale incrementale: esperienza di un singolo centro in 6 anni di follow-up. Oral communication at the 50 Congress of the Italian Society of Nephrology, Bologna, Italy. G Ital Nefrol 2009:S144.

[5] Foggensteiner L, Baylis J, Moss H, Williams P. Timely initiation of dialysis–single-exchange experience in 39 patients starting peritoneal dialysis. Perit Dial Int. 2002;22:471-6.

[6] Burkart JM, Satko SG. Incremental initiation of dialysis: one center’s experience over a two-year period. Perit Dial Int 2000;20:418-22.

[7] Bertoli SV, Musetti C, Ciurlino D. [Incremental peritoneal dialysis: a common solution for different types of patients]. G Ital Nefrol. 2010;27:374-82.

[8] Domenici A, Comunian MC, Fazzari L, Sivo F, Dinnella A, Della Grotta B, Punzo G, Menè P. Incremental peritoneal dialysis favourably compares with hemodialysis as a bridge to renal transplantation. Int J Nephrol. 2011;2011:204216. Epub 2011 Sep 15.

Principi di prescrizione incrementale

La DPI non deve essere confusa con l’inizio precoce della dialisi. La DPI può essere prescritta in CAPD con 1 o 2 stasi/die e in APD con 3-4 sessioni alla settimana (De Vecchi [1]Viglino [2]Neri [3], Valerio, Foggensteiner [4]Burkart [5]Bertoli [6]Domenici [7]). I pazienti devono essere monitorati frequentemente per seguire il declino della FRR con la prescrizione (Valerio [8]). Il monitoraggio deve essere biochimico, clinico e nutrizionale. Cruciale per la prescrizione della DPI è la misurazione della FRR che può essere misurata con determinazione diretta con tracciante (Gaspari [9]), media delle clearance di urea e creatinina da raccolte urinarie (Lubowitz [10]) e formule per il calcolo del GFR in base a creatininemia e parametri antropometrici (Michels [11]). Per i calcoli di adeguatezza in DP la FRR, assunta coincidente col GFR, è calcolata come la media aritmetica delle CL renali di urea e creatinina (BP Adeguatezza GDS-DP). La prescrizione in corso di DPI somma il Kt/V peritoneale e renale oppure la CLCR peritoneale e il GFR normalizzato per ottenere i target di adeguatezza. Si può stimare che il valore di Kt/V settimanale peritoneale ottenuto con una stasi notturna di almeno 8 ore di CAPD equilibrato al 100% sia 0.30. In termini di clearance della creatinina lo stesso scambio equilibrato al 70% potrebbe fornire 1 ml/min o circa 10 litri alla settimana (Bertoli [6]). Con questi calcoli, da verificare nella pratica clinica, si può stimare la progressione depurativa di ogni sacca aggiunta e quindi definire gli schemi di DPI (Figura 12Figura 13). Infine le LG della Società Canadese di Nefrologia indicano che si possa utilizzare in CAPD uno schema dialitico ridotto quando il Kt/V totale è > 1.7 negli individui di piccola taglia o con FRR significativa (Blake [12]).

BibliografiaReferences

[1] De Vecchi AF, Scalamogna A, Finazzi S, Colucci P, Ponticelli C. Preliminary evaluation of incremental peritoneal dialysis in 25 patients. Perit Dial Int 2000;20:412-7.

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[7] Domenici A, Comunian MC, Fazzari L, Sivo F, Dinnella A, Della Grotta B, Punzo G, Menè P. Incremental peritoneal dialysis favourably compares with hemodialysis as a bridge to renal transplantation. Int J Nephrol. 2011;2011:204216. Epub 2011 Sep 15.

[8] Valerio F, Manili L, Sandrini M, Mazzola G, Vizzardi V, Cancarini G. Dialisi peritoneale incrementale: esperienza di un singolo centro in 6 anni di follow-up. Oral communication at the 50 Congress of the Italian Society of Nephrology, Bologna, Italy. G Ital Nefrol 2009:S144.

[9] Gaspari F, Perico N, Ruggenenti P, Mosconi L, Amuchastegui CS, Guerini E, Daina E, Remuzzi G. Plasma clearance of nonradioactive iohexol as a measure of glomerular filtration rate. J Am Soc Nephrol 1995;6:257-63.

[10] Lubowitz H, Slatopolsky E, Shankel S, Rieselbach RE, and Bricker NS. Glomerular filtration rate: determination in patients with chronic renal disease. JAMA 1967; 199: 252-256.

[11] Michels WM, Grootendorst DC, Verduijn M, Elliott EG, Dekker FW, Krediet RT. Performance of the Cockcroft-Gault, MDRD, and new CKD-EPI formulas in relation to GFR, age, and body size. Clin J Am Soc Nephrol 2010;5:1003-9.

[12] Blake PG, Bargman JM, Brimble KS, Davison SN, Hirsch D, McCormick BB, Suri RS, Taylor P, Zalunardo N, Tonelli M; Canadian Society of Nephrology Work Group on Adequacy of Peritoneal Dialysis. Clinical Practice Guidelines and Recommendations on Peritoneal Dialysis Adequacy 2011. Perit Dial Int. 2011;31:218-39.

Conclusione

La DPI combina clearance renale e peritoneale dei soluti per il raggiungimento di un target di adeguatezza convenzionale per la DP. La DPI deve essere distinta dalla dialisi precoce. La DPI consente un inizio della dialisi con adattamento graduale del paziente alla terapia dialitica ed è una buona opportunità per favorire il trattamento domiciliare della popolazione anziana. Nei pazienti più giovani costituisce un passaggio ideale in attesa del trapianto. L’analisi della letteratura però non presenta ancora dati definitivi di sopravvivenza ed efficacia.

Sintesi finale

CAPD

La CAPD una prescrizione basilare in DP con caratteristiche di semplicità di utilizzo. L’adeguatezza dialitica e ultrafiltrativa possono essere raggiunte e mantenute nel tempo adeguando il volume di riempimento addominale (125-145 ml/kg/die), considerando le caratteristiche di trasporto peritoneale (PET) e la pressione intraperitoneale del paziente (<18 cm/acqua). Nei programmi dialitici, specie a lungo termine, è consigliabile curare al massimo grado la conservazione della membrana (Figura 1, Figura 2, Figura 3).

APD

L’APD è una terapia che consente un’ampia flessibilità prescrittiva (CCPD e Tidal), deve essere adattata al trasporto peritoneale (PET), è indicata soprattutto nei rapidi trasportatori, ma può essere prescritta anche in altre tipologie di pazienti, soprattutto se la FRR è presente, e consente anche l’utilizzo di soluzioni alternative (icodestrina e aminoacidi). La modalità tidal viene frequentemente utilizzata perché riduce i tempi morti e gli allarmi e consente il trattamento anche nei cateteri con funzionamento sub-ottimale e nei casi di dolorabilità addominale. Flussi dialitici bassi (7-12 litri) o elevati (18-27 litri) possono essere razionalmente prescritti secondo il trasporto peritoneale (PET). Con l’APD i pazienti hanno più tempo durante il giorno per attività lavorative, per la famiglia e il tempo libero, consente l’assistenza domiciliare per i pazienti infermi e anziani non autosufficienti (Figura 4, Figura 5, Figura 6, Figura 7).

Soluzioni

Gli studi indicano alcuni effetti positivi delle soluzioni a doppia o tripla camera, a ridotto tasso di GDP e con tampone bicarbonato (puro o misto) senza evidenziare controindicazioni all’uso. Tutti i pazienti, ma in particolare i pazienti giovani e quelli per i quali è prevedibile una lunga durata della DP, dovrebbero essere preferibilmente trattati con queste soluzioni. L’icodestrina ormai da molti anni ha confermato la sua utilità per l’ottenimento di una consistente UF in una larga parte dei pazienti indipendentemente dal trasporto peritoneale e per prolungare la dialisi peritoneale. Infine gli aminoacidi si affiancano alle prescrizioni per ridurre l’assorbimento di glucosio e dare un apporto nutrizionale (Figura 8, Figura 9, Figura 10).

Modelli cinetici

Sono disponibili tre modelli cinetici computerizzati che a partire da differenti test di funzionalità consentono la simulazione degli schemi dialitici per l’ottimizzazione e la personalizzazione della prescrizione. Questi strumenti sono utili ausili prescrittivi perché permettono di simulare gli schemi dialitici prima della loro applicazione pratica ma richiedono, per essere attendibili, un attento controllo degli errori (Figura 11).

DPI

Questa tecnica combina clearance renale e peritoneale dei soluti per il raggiungimento di un target di adeguatezza convenzionale per la DP. La DPI deve essere distinta dalla dialisi precoce. La DPI consente un inizio della dialisi con adattamento graduale del paziente alla terapia dialitica ed è una buona opportunità per favorire il trattamento domiciliare della popolazione anziana. Nei pazienti più giovani costituisce un passaggio ideale in attesa del trapianto. L’analisi della letteratura però non presenta ancora dati definitivi di sopravvivenza ed efficacia (Figura 12, Figura 13).

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