ABSENCE OF POST-TRANSPLANTATION ENCAPSULATING PERITONEAL SCLEROSIS AFTER RELATIVELY SHORT EXPOSURE TO PERITONEAL DIALYSIS: PROSPECTIVE ANALYSIS USING REPEATED ABDOMINAL CT SCANNING

Alferso C. Abrahams1, Maaike K. van Gelder1, Jan Willem van der Veer1, Pim A. de Jong1, Maarten S. van Leeuwen2, and Walther H. Boer1

1Department of Nephrology and Hypertension and Department of Radiology
2University Medical Center Utrecht, Utrecht, The Netherlands

 

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Background: La peritonite sclerosante incapsulante (EPS) è la più grave complicanza della dialisi peritoneale (DP). Alcuni lavori pubblicati tra il 2007 e il 2009 hanno riportato un’incidenza crescente della EPS nel periodo che segue il trapianto di rene. E’ stata svolta un’analisi osservazionale prospettica al fine di stabilire l’incidenza della EPS e i possibili fattori di rischio nel periodo post trapianto.

Metodi: Sono stati inclusi pazienti in DP sottoposti a trapianto di rene tra il 2009 e il 2013. L’EPS è stata definita come un’occlusione del tratto gastrointestinale associata all’evidenza radiologica dell’EPS stessa. I sintomi gastrointestinali sono stati valutati utilizzando un questionario autosomministrato, il “Gastrointestinal Symptom Rating Scale” (GSRS). La tomografia computerizzata addominale (TC) è stata effettuata in maniera prospettica al mese 6 e al mese 18 dopo il trapianto di rene. L’endpoint primario era l’evento EPS durante il follow-up.

Risultati: Sono stati inclusi 53 pazienti in dialisi peritoneale (età anagrafica 51±14 anni). La durata media della dialisi peritoneale era 31.3 mesi. Soluzioni dialitiche con basse concentrazioni di prodotti di degradazione del glucosio e soluzioni con icodestrina sono state utilizzate dal 86.8% dei pazienti. La condizione di rapido o medio-rapido trasportatore è stata documentata nell’83% dei pazienti. Dopo una mediana di tempo di 19 mesi di follow-up, 47 pazienti avevano i dati disponibili per l’analisi statistica. Nessuno dei pazienti ha sviluppato segni clinici e/o radiologici correlati all’EPS. Il GSRS score è migliorato da 1.87 a 1.55 (p=0.024) e il peso corporeo è incrementato da 75.9 a 78.3 Kg (p=0.003). Solo 1 paziente ha presentato la comparsa di ispessimento peritoneale localizzato (<20%) ad una TC a 22 mesi dopo il trapianto.

Conclusioni: La EPS non si è sviluppata nel post trapianto in questa coorte di pazienti con relativamente breve esposizione alla DP. I risultati suggeriscono che questi pazienti possono essere trapiantati in maniera sicura senza timore di sviluppo di EPS, almeno nei successivi 19 mesi post trapianto.

 

La peritonite sclerosante incapsulante (EPS) è la più grave complicanza della dialisi peritoneale (DP). Nella EPS, la membrana peritoneale diviene diffusamente sclerotica, risultando nell’incapsulamento nel piccolo intestino. Sintomi precoci sono il dolore addominale, la nausea, il vomito, una riduzione di appetito e la perdita di peso. Negli stadi avanzati, l’occlusione intestinale comporta anoressia, malnutrizione e ulteriore perdita di peso. L’imaging addominale, preferibilmente utilizzando la tomografia computerizzata (TC), è spesso essenziale per la diagnosi di EPS. I reperti radiologici tipici sono le calcificazioni peritoneali, l’ispessimento peritoneale, l’ispessimento della parete del piccolo intestino, la dilatazione delle anse intestinali, l’incatenamento dell’intestino e raccolte di liquido.

Molti casi di EPS sono stati descritti nei pazienti in DP con lunga durata del trattamento dialitico e nei pazienti con deficit di ultrafiltrazione (EPS classica). In tempi relativamente recenti, tuttavia, l’EPS è stata riconosciuta essere una complicanza che può manifestarsi nel post trapianto nei pazienti precedentemente in DP (EPS post-trapianto). Entrambe le forme, la classica e la post-trapianto, hanno un alto tasso di mortalità, specialmente nel primo anno dopo la diagnosi che è rispettivamente del 53% e del 33%. In effetti, l’EPS è la quarta causa di morte nei pazienti trapiantati e in precedenza trattati con la dialisi peritoneale, dopo le infezioni, la malattia cardiovascolare e le neoplasie.

Nel 2007, abbiamo riportato un gruppo di casi di EPS post-trapianto avvenuti tra il 2004 e il 2005, in alcuni di questi pazienti l’esposizione alla dialisi peritoneale era relativamente di breve durata. Il numero crescente di casi di EPS post-trapianto che sono stati in seguito riportati ha suggerito un’incidenza crescente, con uno studio caso-controllo, che riportava una probabilità annua di EPS che aumentava dal 1.75% nel periodo pre-trapianto al 7.5% nell’anno successivo al trapianto. In considerazione della natura retrospettiva di quest’ultimo studio, abbiamo deciso di effettuare uno studio prospettico osservazionale al fine di determinale l’incidenza della EPS dopo il trapianto nei pazienti in DP ed i possibili fattori di rischio.

 

METODI

Disegno di studio e popolazione dei pazienti

In questo studio prospettivo osservazionale, pazienti adulti in DP consecutivamente sottoposti a trapianto di rene tra il 1^ agosto 2009 e il 1^ agosto 2013 all’University Medical Center di Utrecht (UMCU), nei Paesi Bassi, erano arruolabili nello studio. I pazienti con età inferiore ai 18 anni sono stati esclusi. Di tutti i pazienti sono stati raccolti dati clinici e demografici. Lo stato di trasporto del peritoneo per i piccoli soluti, espresso come D/Pcreat, è stato valutato -quando possibile- al momento del ricovero con un test di equilibrazione peritoneale di 4 ore utilizzando una soluzione al 3.86% di glucosio. Lo stato di trasporto del peritoneo è stato classificato come “rapido”, “medio-rapido”, “medio-lento”, “lento” quando il D/Pcreat era rispettivamente > 0.80, 0.65 – 0.80, 0.55 – 0.64, < 0.55. Il deficit di ultrafiltrazione è stato definito come un’ultrafiltrazione netta < a 400 ml dopo lo scarico di una soluzione al 3.86% di glucosio mantenuta in addome per 4 ore. L’esposizione giornaliera totale al glucosio è stata calcolata dalla prescrizione della DP al ricovero. In questo senso, la concentrazione del glucosio per scambio è stata moltiplicata per il volume di riempimento e il numero di scambi giornalieri con soluzioni contenenti glucosio. Lo studio è stato condotto in accordo con la Dichiarazione di Helsinki e le Good Clinical Practice Guidelines impostate dall’International Conference on Harmonization. Il protocollo di studio è stato approvato dal nostro comitato etico locale e tutti i partecipanti hanno fornito consenso informato scritto.

 

DIAGNOSI DI EPS

L’outcome primario dello studio è lo sviluppo della EPS post-trapianto. Per formulare la diagnosi sono stati utilizzati i criteri sviluppati dall’Ad Hoc Commitee della International Society of Peritoneal Dialysis (ISPD), che definiscono l’EPS come una sindrome clinica con occlusione del tratto digerente confermata da reperti radiologici o macroscopici. Inoltre, sono stati utilizzati i criteri del Dutch EPS Registry, che sono una versione modificata della definizione ISPD della EPS. I criteri del Dutch EPS Registry fanno una distinzione tra EPS macroscopica, EPS clinica, EPS precoce sospetta e assenza di EPS. In tutti i pazienti, l’EPS è stata esclusa al momento dell’inclusione durante l’intervento di trapianto di rene.

 

SCALA PER VALUTARE I SINTOMI GASTROINTESTINALI

Al fine di valutare la presenza di sintomi gastrointestinali in modo quantitativo, è stato utilizzato il questionario GSRS autosomministrato al basale (cioè al momento del ricovero, prima del trapianto di rene), a 6 e 18 mesi post-trapianto. Questo questionario consiste in 15 elementi che valutano la gravità dei sintomi utilizzando una scala Likert con 7 possibilità (1=no, 2=lieve, 3=modesto, 4=moderato, 5=moderatamente grave, 6egrave, 7=molto grave). I 15 elementi sono raggruppati in 5 sezioni che includono il dolore addominale (3 elementi), il reflusso (2 elementi), la dispepsia (4 elementi), la diarrea (3 elementi) e la stipsi (3 elementi). E’ stato calcolato sia lo score totale dei 15 elementi (range 15-105) sia la media di punteggio di ogni sezione di sintomi (range 1-7). La presenza di sintomi gastrointestinali è stata definita come un GSRS score medio > 1. Il questionario GSRS è stato validato sia in pazienti con end-stage renal disease sia in pazienti riceventi trapianto di rene.

 

TOMOGRAFIA COMPUTERIZZATA ADDOMINALE

La TC addominale è stata fatta al basale, a 6 e 18 mesi dopo il trapianto di rene. A causa del tempo limitato tra il ricovero e l’inizio dell’intervento in caso di trapianto da donatore cadavere, la TC basale è stata effettuata 3 settimane dopo il trapianto. Lo sviluppo della EPS post-trapianto è improbabile in questo breve periodo ed è stato assunto che questo periodo sia sufficientemente lungo perché ogni modifica intra-addominale correlata all’intervento stesso possa regredire.

Tutte le valutazioni TC sono state fatte con scanner multistrato (16-64 multistrati) (Philips Medical Systems, Best, The Netherlands) utilizzando un mezzo contrasto orale (Telebrix Gastro, Guebert Nederland B.V., Gorinchem, The Nederlands) per l’opacizzazione dell’intestino. Il contrasto intravenoso è stato evitato per il rischio di nefrotossicità. I dati volumetrici degli starti sottili sono stati ricostruiti come tagli assiali 5 mm con intervallo dall’apice del diaframma fino alla porzione più caudale della pelvi.

Tutte le scansioni sono state valutate da una postazione TAC dedicata e in maniera casuale da due radiologi e un nefrologo. Tutti i medici refertanti hanno esperienza nella revisione di scansioni TAC di pazienti con EPS e hanno utilizzato il sistema di punteggio descritto prima. Per una valutazione più accurata, l’addome è stato suddiviso in 4 quadrati disegnando una linea immaginaria sia verticale sia orizzontale attraverso l’ombelico. In ogni quadrante, i seguenti elementi sono stati valutati sulla base della percentuale di peritoneo o parete intestinale affetta (nessuno, <20%, 20%, 50%, o >80%): calcificazioni peritoneali, ispessimento peritoneale, ispessimento della parete intestinale e dilatazione di un’ansa intestinale. L’imbrigliamento intestinale (nessuna, modesta, moderata o marcata) è stata misurata per tutti i quadranti, dal momento che è solitamente diffusa se presente. Infine, sono stati valutati la presenza di liquido peritoneale libero, il numero di raccolte fluide (nessuna, < 3, 3-6, o > 6), e i setti nelle raccolte fluide. Le differenze interindividuali sono state discusse e lo score finale si è basato su una valutazione concorde.

 

GRANDEZZA DEL CAMPIONE E ANALISI STATISTICA

All’inizio dello studio, l’incidenza dell’EPS post trapianto non era nota. Uno studio caso-controllo retrospettivo di Korte e al ha suggerito un’incidenza del 7.5%. Lo studio è stato disegnato per evidenziare un’incidenza clinicamente rilevante di EPS post-trapianto del 5%. Utilizzando lo “Score Method” di Wilson è stato calcolato che 60 pazienti peritoneali dovevano essere inclusi. Un intervallo di confidenza del 95% nell’incidenza del 5% in 60 pazienti utilizzando lo “Score Method” di Wilson varia tra il 1.7% ed il 13.7%, che corrisponde da 1 a 8 casi di EPS. Trovare 3 casi significherebbe un’incidenza di EPS post-trapianto del 5%. Trovare un caso concorderebbe ancora con un’incidenza del 5%. Non trovare alcun caso condurrebbe alla conclusione che l’incidenza è < al 5%. Il tasso d’inclusione è stato stimato a 20 pazienti in dialisi peritoneale per anni, sulla base del numero di pazienti in dialisi peritoneale trapiantati nel nostro centro negli anni precedenti. Tuttavia, a causa della corrente riduzione dei pazienti trattati in peritoneale, 3 anni dopo l’inizio dell’inclusione, solo 44 pazienti sono stati inclusi. Per la stessa ragione, l’estensione del periodo d’inclusione di un anno ha condotto all’inclusione di 9 ulteriori pazienti, e l’inclusione è stata interrotta dopo l’arruolamento di 53 pazienti l’1/8/2013.

I dati sono presentati come media±deviazione standard o mediana (range interquartile [IQR]). Le differenze tra i valori basali e il follow-up sono state analizzate con il t-test per dati appaiati, con il test dei ranghi con segno di Wilcoxon, o il McNemar test dove appropriato. P values <0.05 sono stati considerati come indicanti una differenza statisticamente significativa. Tutte le analisi statistiche sono state effettuate utilizzando SPSS 22.0 (SPSS Inc., Chicago, IL, USA).

 

RISULTATI

CARATTERISTICHE DEI PAZIENTI

Durante il periodo di studio 265 individui sono stati sottoposti a trapianto di rene nel UMCU (2 pazienti sono stati trapiantati due volte), di questi 66 (24.9%) sono stati sottoposti a dialisi peritoneale prima del trapianto. 4 pazienti dializzati peritoneali sono stati esclusi perché già arruolati in un altro trial nel quale erano già sottoposti a studio TC. 9 pazienti hanno rifiutato la partecipazione, lasciando 53 pazienti eleggibili per lo studio (figura 1).

Le caratteristiche basali al momento del trapianto sono sintetizzate nella Tabella 1. La durata media della dialisi peritoneale dei pazienti arruolati era 31.3 ± 21.9 mesi. Più dell’86% dei pazienti ha utilizzato soluzioni peritoneali con bassi livelli di prodotti di degradazione del glucosio e la stessa percentuale aveva utilizzato icodestrina (Extraneal 7.5%, Baxter Healthcare Corporation, Castelbar, Ireland). La condizione di rapido o medio-rapido trasportatore è stata documentata nell’83% dei pazienti. Nessuno aveva in anamnesi un deficit di ultrafiltrazione.

Cinquantadue pazienti hanno iniziato un regime di immunosoppressione con una combinazione di tacrolimus, micofenolato mofetile e steroide a scalare. Un paziente stava già utilizzando steroide, tacrolimus e azatioprina a causa di un precedente trapianto di cuore. Uno switch precoce (entro 3 mesi) nella terapia immunosoppressiva è stato fatto in 4 pazienti (in due il micofenolato era stato sospeso e sostituito con l’azatioprina a causa di diarrea da micofenolato mofetile, negli altri 2 il tacrolimus era stato sospeso ed in 1 caso sostituito con la ciclosporina per l’insorgenza di diabete mellito e nell’altro con il sirolimus per la presenza di microangiopatia trombotica). La terapia d’induzione era stata fatta nel 35.8% dei pazienti (basiliximab in 16 pazienti, rituximab in 1 paziente, globulina antitimocitica in 2 pazienti). A 6 e 19 mesi, rispettivamente il 90% e l’83.6% dei pazienti aveva utilizzato un regime immunosoppressivo a base di tacrolimus. L’everolimus era stato utilizzato da un paziente a 19 mesi.

Cinque pazienti hanno perso il rene durante il follow-up (trombosi della vena renale in 3 pazienti nell’immediato post-operatorio, rigetto vascolare acuto in un paziente a due mesi dal trapianto, rigetto cellulare cronico a 9 mesi dal trapianto in un altro paziente). Tre di questi pazienti hanno ripreso il trattamento dialitico peritoneale.

Durante il follow-up tre pazienti sono deceduti. In tutti e tre, era stata fatta autopsia che non ha evidenziato segni macroscopici di EPS. Un paziente ha ritirato il consenso dopo 5 mesi per l’intero studio e 2 pazienti hanno rifiutato esclusivamente il follow-up con le scansioni TC. I relativi parametri clinici sono stati inclusi nell’analisi. Un database completo (comprendente le TAC) era quindi disponibile per 47 pazienti, con una mediana di follow-up di 19 mesi (massimo 26 mesi). La visita finale dell’ultimo paziente che era stato incluso è avvenuta al primo marzo 2015.

SEGNI CLINICI DI EPS

Al basale, la prevalenza dei sintomi gastrointestinali era alta (96%) ed è diminuita solo lievemente durante il follow-up dello studio a 19 mesi (al 94%), sebbene la gravità dei sintomi era bassa (punteggio GSRS 1.87 e 1.55, rispettivamente). Tuttavia, nessuno dei 49 pazienti con dati clinici di follow-up ha sviluppato segni di EPS (ossia occlusione intestinale), e la mediana del punteggio GSRS è persino migliorata da 1.87 a 1.55 (p=0.024). Il miglioramento nei sintomi gastrointestinali era più evidente nel gruppo “reflusso”, “indigestione” e “costipazione”. L’ultimo in particolare va contro lo sviluppo di EPS. Infine, il peso corporeo è aumentato significativamente da 75.9 Kg prima a 78.3 Kg dopo il trapianto (p=0.003). Tabella 2 per i dettagli.

 

SEGNI RADIOLOGICI DI EPS

Nessuno dei 47 pazienti che avevano a disposizione immagini TC presentava segni radiologici di EPS dopo una mediana di follow-up di 19 mesi. Nell’immediato post operatorio (mediana 22 giorni), reperti TC positivi sono stati riscontrati nel 28.8% dei pazienti, in particolare il reperto più comune era la presenza di liquido peritoneale.

A 6 mesi, il liquido intraperitoneale era presente in 5 pazienti. Tuttavia, 3 di questi erano stati sottoposti a trattamento dialitico peritoneale al momento dell’esame per rigetto acuto precoce e la minima quota di fluido intraperitoneale che è stata vista in questi 3 pazienti a 6 e 18 mesi era liquido residuo dopo il drenaggio dell’addome. Negli altri 2 pazienti (4.3%) che invece avevano un graft funzionante a 6 mesi, era stata vista esclusivamente una minima quantità di liquido intraperitoneale solo in un quadrante. Questo liquido potrebbe essere considerato ascite, sebbene non sia stata fatta alcuna analisi. Tuttavia, la quantità di ascite in quel momento era diminuita rispetto all’immediato post operatorio, e a 19 mesi non è più stato riscontrato.

Solo un paziente presentava la comparsa di ispessimento peritoneale localizzato (< 20%) dopo un follow-up di 22 mesi. Il paziente era una donna di 53 anni, in trattamento dialitico peritoneale per 37 mesi prima del trapianto. La TC basale e a 6 mesi era completamente normale. C’era stata una riduzione dei disturbi gastrointestinali (GSRS score al basale 3.53 e 2.00 dopo 22 mesi) ed il peso era rimasto stabile.

Un paziente presentava dilatazione dell’intestino a una TC a 23 mesi dopo il trapianto. Questo paziente era un uomo di 65 anni affetto da rene policistico autosomico dominante che iniziò la dialisi peritoneale nel dicembre del 2005. La nefrectomia del rene destro nativo era stata eseguita per ingombro addominale in previsione del trapianto nell’ottobre del 2008. Il trapianto di rene era stato effettuato invece nel settembre del 2010. Una TC addominale fatta nel maggio 2012 era negativa. Ad agosto 2012, si è presentato per dolore addominale acuto e vomito. Una TC addominale aveva mostrato dilatazione del piccolo intestino prossimale (massimo 4 cm). Una laparotomia aveva evidenziato un’aderenza tra due anse del digiuno, che era stata lisata. Non sono state riscontrate altre anomalie intraddominale, in particolare nessun segno macroscopico di EPS. Il decorso post operatorio è stato privo di complicanze.

 

FOLLOW-UP DEI PAZIENTI PD ESCLUSI

La durata media della DP dei 13 pazienti esclusi dallo studio (rapporto maschio/femmina 4/9, età 46.8 12.8 anni) era 22.5 ± 17.4 mesi. Nessuno di questi pazienti ha sviluppato segni di EPS durante il follow-up di 50.8 ± 15 mesi. In un solo paziente, la TAC addominale era stata fatta per un’infezione dei tessuti molli dell’anca e non ha mostrato segni radiologici di EPS.

 

DISCUSSIONE 

Nel nostro studio prospettico, dopo un follow-up di 19 mesi, non è stato riportato alcun caso di EPS post-trapianto in 53 pazienti che sono stati sottoposti a trapianto di rene tra il 2009 ed il 2013. Inoltre, non si è verificato nessun caso di sospetta precoce EPS come definita dal Dutch EPS Registry. Con l’eccezione di un paziente con un ispessimento localizzato de novo del peritoneo dopo 22 mesi, non sono state rilevate alterazioni subcliniche nell’anatomia peritoneale che potessero suggerire una EPS incipiente, utilizzando ripetute TC addominali, ed i sintomi addominali sono migliorati nel tempo.

Il primo caso noto di EPS insorta poco dopo il trapianto di rene in un paziente in dialisi peritoneale risale al 1982. Solo 4 casi aggiuntivi sono stati segnalati tra il 1997 ed il 2005. Nel 2007, tuttavia, abbiamo segnalato un gruppo di 13 casi di EPS avvenuti in due centri universitari nel 2004 e nel 2005. Una considerazione importante è che 9 di questi casi sono avvenuti poco dopo il trapianto di rene, con un intervallo medio di 5.4 mesi. Una successiva analisi ha suggerito un trend crescente nell’incidenza della EPS, in particolare dopo il trapianto di rene. Nello stesso anno, de Freitas et al hanno riportato una serie di 23 pazienti con EPS post-trapianto insorta tra il 1999 ed il 2006. In questa casistica l’EPS si era manifestata entro 9 mesi dal trapianto nel 95.6% dei casi. In uno studio caso-controllo multicentrico nei Paesi Bassi che includeva 63 pazienti con l’EPS in un periodo dal 1996 al 2007, è stato stimato che la probabilità annua di EPS aumentava dal 1.75% al 7.5% nell’anno dopo il trapianto. Poiché tutte le informazioni sull’EPS post trapianto erano basate su studi retrospettivi, abbiamo deciso di effettuare uno studio prospettico per definire l’incidenza dell’EPS post-trapianto in un singolo centro. Estrapolando i dati dello studio di Korte et al, ci si aspetterebbe un’incidenza approssimativa di 6 casi di EPS post-trapianto in periodo di 18 mesi con 53 partecipanti allo studio.

L’assenza di casi di EPS nella nostra corte di pazienti può essere riconducibile ad un numero svariato di ragioni. La prima è che un periodo di follow-up di 18 mesi sia troppo breve per evidenziare casi di EPS post-trapianto. Tuttavia, questo sembra improbabile, perché il tempo medio di sviluppo dell’EPS post-trapianto varia tra i 4.0 e i 12.4 mesi. La seconda ragione è che, nonostante l’83% dei pazienti era rapido o medio-rapido trasportatore, nessuno dei nostri pazienti è risultato avere un deficit di ultrafiltrazione. La terza spiegazione è che la durata dell’esposizione alla DP era relativamente breve. Un terzo dei pazienti ha ricevuto un rene da un donatore vivente e in questo gruppo la durata media del trattamento dialitico peritoneale è stata di soli 15.6 mesi. I pazienti rimanenti hanno ricevuto un rene da donatore cadavere e il periodo di dialisi peritoneale in questo gruppo era di 37.8 mesi, che riflette il periodo medio di attesa di 3-4 anni per un rene da donatore cadavere nei Paesi Bassi. Di conseguenza, l’attuale policy del trapianto di rene nei Paesi Bassi risulta in una durata della DP di soli 31.3 mesi. Questo periodo è significativamente più corto rispetto al periodo che è descritto negli studi come necessario per lo sviluppo della EPS post-trapianto, con un’esposizione media alla DP variabile da 47.8 mesi a 78 mesi. In accordo, quasi il 75% dei pazienti che hanno sviluppato l’EPS post trapianto ha una durata di dialisi peritoneale di almeno 4 anni o più, mentre questo numero rappresentava solo il 20% nella nostra coorte. In due studi caso-controllo, la durata media della DP in pazienti che non hanno sviluppato EPS post-trapianto era mediamente di 26 mesi, che è molto vicino alla durata della DP nel nostro studio. Sebbene sia stato suggerito che l’EPS post-trapianto possa svilupparsi dopo un periodo più breve di esposizione alla DP rispetto alla classica EPS, report più recenti hanno mostrato che la durata della DP che precedeva lo sviluppo di EPS era molto simile nei due tipi di EPS. Quindi, è probabile che la breve esposizione alla DP spieghi per la maggior parte l’assenza di EPS post trapianto nello studio.

I casi più recenti di EPS post-trapianto sono datati 2010 (2 casi), 2011 (3 casi), 2012 (2 casi) e 2013 (1 caso). Con una mediana di durata della DP di 83 mesi e una mediana di intervallo tra il trapianto e la presentazione dell’EPS di 6.5 mesi, erano assimilabili ai casi riportati prima del 2010. Questi risultati indicano che l’EPS post-trapianto ancora si presenta durante questo studio, sebbene la grandezza del pool di pazienti in cui compariva, e quindi anche l’incidenza di EPS in questo pool, rimangono sconosciute.

In considerazione di ciò, non può essere esclusa che l’assenza di casi di EPS nel nostro studio fosse parzialmente correlata a una recente diminuzione dell’incidenza globale dell’EPS. Quest’ultima considerazione è suggerita da un lavoro che riporta una netta riduzione nel numero di casi di EPS dal 2013 al 2015 quando viene effettuato un confronto con un periodo di ugual durata dal 2010 al 2012. Il Dutch EPS Registry ha anche mostrato una diminuzione di 6 volte nell’incidenza annua di EPS, dall’0.85% nel 2009 al 0.14% nel 2014. Purtroppo, questi lavori non forniscono informazioni inequivocabili sull’esposizione alla DP dei pazienti a rischio nella coorte. Quindi, al momento non può essere escluso che la riduzione dell’incidenza dell’EPS fosse in parte causata da un cambiamento nella policy verso una riduzione dell’esposizione alla DP. Tuttavia, molti casi di EPS post-trapianto riportati in serie più grandi di dati molto tempo prima del 2010 e i fattori correlati al tempo come il cambiamento nella composizione delle sacche dialitiche o dei farmaci usati nella fase post trapianto potrebbero aver contributo alla bassa incidenza di EPS nel nostro studio.

Innanzitutto, l’aumentato uso di soluzioni biocompatibili o schemi senza glucosio potrebbe ridurre il danno sul peritoneo nella fase pre trapianto. Nel nostro studio, la grande maggioranza dei pazienti ha utilizzato sacche con basso contenuto di prodotti di degradazione del glucosio combinate con l’icodestrina. Uno studio recente condotto da del Peso et al, ha mostrato che le soluzioni biocompatibili sono associate con una migliore preservazione dello strato di cellule mesoteliali, minore ispessimento della zona compatta sub-mesoteliale e una minore vasculopatia ialina. Seguendo la teoria dei due colpi, si potrebbe speculare che la conservazione della membrana peritoneale attraverso l’utilizzo di soluzioni peritoneali biocompatibili possa ridurre l’incidenza della EPS. Un approccio multidisciplinare che include l’uso di soluzioni biocompatibili, in effetti, sembra ridurre il rischio di EPS. Tuttavia, poiché questo studio include la discontinuazione programmata della DP al fine di prevenire l’EPS, il contributo dell’utilizzo di soluzioni biocompatibili per ridurre l’incidenza della EPS non po’ essere determinata. Contestando il ruolo portante della biocompatibilità delle soluzioni nel prevenire l’EPS, uno studio riporta 2 pazienti che hanno sviluppato l’EPS nonostante l’uso di soluzioni biocompatibili. Tuttavia, entrambi i pazienti sono andati incontro a ripetuti episodi di peritonite, che potrebbero aver provocato lo sviluppo dell’EPS. Globalmente, tuttavia, il ruolo della biocompatibilità delle soluzioni nella prevenzione della EPS rimane ancora da determinare. Secondo aspetto, la transitoria contaminazione del dialisato e le alterazioni della sua composizione possono avvenire e indurre una reazione infiammatoria cronica e predisporre i pazienti alla fibrosi peritoneale e all’EPS. Esempi di questo fenomeno sono la contaminazione di vari tipi di dialisato con endotossine nel 2010 e con peptidoglicano in sacche con icodestrina. È interessante notare che il tempo di utilizzo dell’icodestrina è stato identificato come un fattore di rischio per lo sviluppo dell’EPS post trapianto. Vale la pena ricordare che un’epidemia di peritoniti sterili causata da soluzioni con icodestrina contaminate è stata segnalata tra il 2001 e il 2003. Si potrebbe pensare che l’infiammazione peritoneale subclinica indotta dal peptidoglicano possa aver predisposto i pazienti all’aumentata dell’incidenza dell’EPS nella prima decade del secolo corrente e che la rimozione di questi contaminanti dal dialisato ha eliminato l’icodestrina come fattore di rischio per l’EPS post-trapianto. Il fatto che l’icodestrina di per sé non abbia proprietà pro fibrotiche può spiegare l’attuale sicuro utilizzo di soluzioni con l’icodestrina, anche nella nostra coorte. E’ curioso notare che alterazioni inattese nella composizione specifica del dialisato ci possono essere. Di conseguenza, modifiche nella composizione del dialisato, che a volte possono essere transitorie e rimanere non evidenti, possono giocare un ruolo nel modificare l’incidenza dell’EPS. Infine, la terapia immunosoppressiva post-trapianto potrebbe essere divenuta un fattore che previene lo sviluppo dell’EPS. Gli inibitori delle calcineurine hanno effetti pro fibrotici che potrebbero predisporre i pazienti allo sviluppo dell’EPS post-trapianto, mentre è stato suggerito che gli inibitori di mTOR potrebbero influire positivamente sull’incidenza della EPS post-trapianto. Tuttavia, non sono stati modificati atteggiamenti terapeutici nella nostra unità operativa, dove la maggior parte dei pazienti è stata trattata con un regime basata sul tacrolimus e solo un paziente ha usato l’inibitore mTOR tra 6 e 18 mesi dopo o il trapianto.

Transitori aumenti dei segni di disturbi della fisiologia peritoneale sono stati osservati nel 28.8% e nel 4.3% dei pazienti 3 settimane e 6 mesi dopo il trapianto. Con l’eccezione di 1 paziente con ispessimento peritoneale localizzato asintomatico de novo dopo 22 mesi, abbiamo osservato che non c’erano altre anomalie sviluppate sulle TC seriali nella nostra coorte. Tuttavia, l’EPS può verificarsi entro un anno o meno da una TC con reperti di normalità, e non possiamo escludere futura insorgenza si EPS in alcuni dei nostri pazienti. In questo senso, è importante notare che diversi casi di EPS in pazienti trapiantati sono stati segnalati considerevolmente dopo rispetto alle tipiche EPS precoci post trapianto discusse sopra, casi manifesti da 2 e 3 anni o anche da 6 a 11 anni dopo il trapianto. Conseguentemente, la diagnosi di EPS post-trapianto deve ancora essere considerata i pazienti trapiantati con sintomi di occlusione gastrointestinale molti anni dopo il trapianto.

 

CONCLUSIONI

In sostanza, lo studio mostra l’assenza di EPS post-trapianto in pazienti in DP con un’esposizione relativamente breve alla dialisi peritoneale. Quest’ultima è diretta conseguenza della politica trapiantologica nei Paesi Bassi, con quasi un terzo dei pazienti nel nostro studio che ricevevano un rene da un donatore vivente e i rimanenti con una breve lista di attesa da donatore cadavere. A causa dell’assenza di numeri significativi di pazienti con prolungata esposizione prima del trapianto, il nostro studio non può fornire informazioni sulla corrente incidenza di EPS nei pazienti in DP con una lunga esposizione alla DP prima del trapianto di rene. L’implicazione del nostro studio è che i pazienti in DP con una breve esposizione alla DP possono essere trapiantati in maniera sicura nell’ottica dello sviluppo della EPS, almeno entro 19 mesi di follow-up. Tuttavia, l’incidenza di EPS post-trapianto in aree dove non è attivo il programma di donazione da vivente o dove vi sono liste di attesa più lunghe per il trapianto da donatore deceduto rimane non nota, sebbene recenti evidenze suggeriscano un graduale declino dell’incidenza della EPS nella popolazione DP.

 

TAKE HOME MESSAGES

  • L’EPS rimane una complicanza grave della dialisi peritoneale che può manifestarsi anche nel periodo post-trapianto. Negli ultimi anni l’incidenza sembra essersi ridotta, in parte grazie al maggiore utilizzo di soluzioni biocompatibili, in parte alla riduzione dell’esposizione alla metodica stessa.
  • La durata del trattamento dialitico peritoneale rimane un fattore di rischio per l’EPS e questo specifico fattore potrebbe spiegare l’assenza di EPS post-trapianto nello studio.
  • L’EPS post-trapianto insorge tipicamente entro 12 mesi dall’intervento, tuttavia deve essere sempre tenuta come diagnosi differenziale in presenza di sospetta occlusione/subocclusione intestinale, in quanto il rischio si riduce ma non si annulla anche a distanza di molti anni.
  • Minimizzare i tempi di dialisi e promuovere specifici schemi terapeutici d’immunosoppressione durante la fase del trapianto in associazione all’utilizzo di soluzioni biocompatibili potrebbe essere di beneficio nel ridurre ulteriormente l’incidenza di EPS nel post-trapianto